Haiti: raccolti circa 60 milioni di dollari nelle parrocchie degli Usa
Continuano ad arrivare aiuti da tutto il mondo ad Haiti, il paese messo in ginocchio
dal sisma dello scorso 12 gennaio, costato la vita ad almeno 250 mila persone. Ingenti
somme di denaro sono state inviate in particolare dagli Usa, grazie all’azione congiunta
del presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb), dell’arcivescovo
di Chicago, cardinale Francis Eugene George, del presidente del Catholic Relief Services
(Crs), e dell’arcivescovo di New York, mons. Timothy Michael Dolan. In particolare
il Crs, data la sua esperienza per la lunga presenza nel territorio di Haiti, sta
coordinando gli interventi: finora sono stati raccolti nelle varie parrocchie circa
60 milioni di dollari. Si tratta di donazioni che mirano a fornire alla popolazione
i beni di prima necessità come acqua, cibo, ricoveri e medicinali, in modo da permettere
al popolo haitiano un graduale ritorno alla vita normale. Nei mesi scorsi altri consistenti
soccorsi di vario genere sono stati inviati nelle zone terremotate. La stessa ricostruzione
delle chiese rientra tra i prossimi obiettivi poiché la vita ad Haiti ruota attorno
alle comunità parrocchiali, evidenzia il presidente del sub comitato della Chiesa
in America Latina della Usccb, l’arcivescovo di San Antonio, monsignor José Horacio
Gómez. “I problemi che gravano sulla Chiesa di Haiti saranno al centro della nostra
attività per i prossimi mesi e anni”, si legge su L’Osservatore Romano che riporta
le parole dell’arcivescovo di San Antonio. Sarebbero 5 milioni, su una popolazione
di circa 10 milioni di abitanti, i bambini che hanno subito amputazioni e sono rimasti
feriti e traumatizzati a seguito dei crolli, secondo le stime del governo di Haiti.
Di questi solo due milioni frequentano le scuole, mentre 380 mila sono in stato di
abbandono e altri ancora sono oggetto di schiavitù domestica. Secondo la testimonianza
di una volontaria, infine, nelle strutture del Crs sono stati accolti 1200 bambini,
cui viene offerto quotidianamente cibo e servizi sanitari. “Lavoriamo direttamente
con le comunità locali. Nel frattempo - spiega Suzanna Tkalek, volontaria del Crs
- stiamo portando avanti un censimento in collaborazione con l’Unicef. Vorremmo servire
più bambini, ma il campo di soccorso è congestionato e non abbiamo più spazio”. (C.F.)