Giornata internazionale dei Rom: appello contro la discriminazione
Si celebra oggi la Giornata internazionale dei Rom: proprio ieri, l'Unione Europea
ha approvato una risoluzione contro la discriminazione di questa comunità, che conta
in Europa oltre 10 milioni di persone. Da parte sua, la Fondazione Migrantes della
Conferenza episcopale italiana ha invitato a promuovere “una sensibilità nei confronti
dei Rom che apra le persone e le famiglie al rispetto, alla tutela dei diritti e costruisca
nuove relazioni che portino ad affrontare insieme i problemi della casa, della cura
dei minori e del lavoro giovanile”. E Amnesty International chiede ai Paesi del vecchio
continente di spezzare il ciclo di discriminazione nei confronti dei Rom. A questo
proposito Francesca Sabatinelli ha intervistato Riccardo Noury, portavoce
di Amnesty Italia:
R. - Nei Paesi
dell’Est si segnala una discriminazione profonda nell’accesso al diritto di istruzione
con bambini e bambine Rom che vengono, di per sé e in quanto Rom, considerati persone
con disabilità mentale e, dunque, inseriti in scuole speciali. In altri Paesi come
la Grecia, la Serbia e la Bulgaria a preoccupare sono gli sgomberi forzati e questo
è un qualcosa che riguarda anche l’Italia.
D. – Quindi quale sono le responsabilità
che Amnesty International riconduce direttamente ai governi di questi Paesi?
R.
– Quelle di aver favorito un pregiudizio sempre più radicato. Ci sono percentuali,
purtroppo, significative di cittadine e cittadini europei che provano disagio e fastidio
nell’aver come vicini di casa dei Rom. C’è, quindi, una responsabilità nel non aver
mai detto a chiare lettere che la discriminazione non è tollerabile e che non va permessa
e c’è una responsabilità nel non aver adottato legislazioni che favorissero una piena
uguaglianza di una minoranza, composta tra i 10-12 milioni di persone, che sono cittadini
europei tanto quanto gli altri, ma che sono tenuti ai margini.
D. – Un dato
importante che viene messo in luce da Amnesty è quello degli sgomberi forzati in violazione
degli obblighi internazionali. Ma cosa ne è poi di queste persone?
R. – Molto
spesso fanno una brutta fine, perché l’obiettivo di uno sgombero, che sia illegale
o meno, è quello di trasferire il più lontano queste persone e il più lontano vuol
dire lontano dagli occhi, lontano dai centri urbani, lontano dalla socialità, lontano
da occasioni di lavoro e, dunque, anche lontano dai diritti. Quando poi questi sgomberi
vengono effettuati con violenza e senza quelle garanzie previste dal diritto internazionale,
la situazione è ancora peggiore, perché in questo caso non si prevede neanche un alloggio
alternativo adeguato. Non c’è un preavviso, non c’è una notifica, non c’è un atto
giudiziario che possa essere impugnato. Queste persone vengono semplicemente obbligate
a spostarsi nel giro di pochissime ore, con la distruzione anche dei propri beni personali
e con qualcosa che preoccupa particolarmente e cioè la compromissione quasi completa
delle opportunità di inserimento nel mondo della scuola e che per tantissimi bambini
e bambine Rom è una via contro l’esclusione e detto in termini ancora più concreti
è anche un modo per avere un pasto!