Al via la 57.ma Assemblea nazionale dell'Usmi. Con noi, il biblista padre Gargano
Come far coincidere il cammino spirituale con un processo di umanizzazione? E come
evitare che la vita dell’uomo contemporaneo venga disumanizzata? A queste e ad altre
domande tenta di rispondere la 57.ma Assemblea Nazionale dell’Usmi, l’Unione Superiore
Maggiori d’Italia. Il convegno si è aperto stamani e si concluderà venerdì, presso
la Pontificia Università Urbaniana. Ad inaugurare i lavori, la Lectio divina
del biblista padre Innocenzo Gargano, incentrata su un passo degli Atti degli
Apostoli in cui si narra la guarigione di uno storpio da parte di Gesù. Ecco lo stesso
padre Gargano, al microfono di Isabella Piro:
R. – La guarigione
dello storpio è soltanto un segno. Gesù ha fatto riferimento al lievito, al sale,
al granellino di senapa … Dunque, la nostra chiamata alla costruzione del Regno passa
attraverso micro realizzazioni delle quali sono segno le comunità di monaci, di monache,
di suore, di consacrati … La Chiesa è anche luce posta sul candeliere e presenza visibile
perché il mondo intero deve essere posto di fronte ad esempi concreti. Se la luce
c’è, illumina; se non c’è, non illumina. La Chiesa può pensare di illuminare il mondo
e le comunità religiose, di essere luce nella Chiesa, se si lasciano completamente
possedere dalla Parola di Dio.
D. – “Affidate ad
una promessa. In Cristo per umanizzare la vita”: questo è il tema dell’assemblea nazionale
dell’Usmi. Ma cosa disumanizza oggi la vita dell’uomo?
R.
– Ciò che disumanizza la vita dell’uomo di oggi è la mancanza, la cecità di fronte
alle esigenze più profonde dell’uomo. Lo storpio si aspetta un’elemosina, un po’ di
compassione: ormai ha perso la fiducia. Questo è tutto ciò che l’uomo oggi sembra
aspettarsi. Allora la Chiesa interviene in favore dell’umanità prostrata, l’umanità
che sta perdendo quotidianamente fiducia, fiducia in se stessa, fiducia nel futuro…
La parola che può dire la Chiesa non è la parola che invita a guardare se stessa,
le proprie strutture, i propri trionfi, le proprie affermazioni, ma a guardare l’altro
che è dentro di sé, nella Chiesa, ma che è anche l’altro che è nel povero. E dunque,
per risollevare davvero l’uomo da questa prostrazione si tratta - da parte dell’uomo
- di capire che al di là del visibile, di ciò che lui si aspetterebbe, di oro e di
argento da parte della Chiesa, deve scoprire qualcosa d’altro: il nome di Gesù riconosciuto
come Cristo e Signore. Secondo me, è questo ciò che l’umanità oggi vuole sentirsi
dire dalla Chiesa: la forza che ci viene dal nome di Gesù.
D.
– Quali sono i suoi auspici per questa assemblea nazionale dell’Usmi?
R.
– Per me, gli auspici sono proprio un ritorno a questa essenzialità della proposta
di vita in modo che chiunque veda un religioso, chiunque veda la Chiesa, possa scoprire
nel religioso, nella Chiesa qualcuno che non si comporta con i parametri propri dei
grandi di questo mondo, che non si serve dei poveri, ma serve i poveri; che non si
serve dell’umanità, ma serve l’umanità prendendo per mano l’altro e sollevandolo.
Questa, per me, è la novità per la vita religiosa: farsi compagni di strada, piegarsi
verso chi sta male, portare l’umanità a rivivere un’esperienza che l’avvicini il più
possibile alla Risurrezione di Gesù, ridarle fiducia: secondo me, è questo che le
religiose ed i religiosi dovrebbero fare nel mondo, oggi. Essere fra i poveri, perché
essendo tra i poveri, poi, inevitabilmente ti comporterai come fratello e come sorella
di chi ha bisogno.