2010-04-07 12:48:17

Al via la 57.ma Assemblea nazionale dell'Usmi. Con noi, il biblista padre Gargano


Come far coincidere il cammino spirituale con un processo di umanizzazione? E come evitare che la vita dell’uomo contemporaneo venga disumanizzata? A queste e ad altre domande tenta di rispondere la 57.ma Assemblea Nazionale dell’Usmi, l’Unione Superiore Maggiori d’Italia. Il convegno si è aperto stamani e si concluderà venerdì, presso la Pontificia Università Urbaniana. Ad inaugurare i lavori, la Lectio divina del biblista padre Innocenzo Gargano, incentrata su un passo degli Atti degli Apostoli in cui si narra la guarigione di uno storpio da parte di Gesù. Ecco lo stesso padre Gargano, al microfono di Isabella Piro:RealAudioMP3

R. – La guarigione dello storpio è soltanto un segno. Gesù ha fatto riferimento al lievito, al sale, al granellino di senapa … Dunque, la nostra chiamata alla costruzione del Regno passa attraverso micro realizzazioni delle quali sono segno le comunità di monaci, di monache, di suore, di consacrati … La Chiesa è anche luce posta sul candeliere e presenza visibile perché il mondo intero deve essere posto di fronte ad esempi concreti. Se la luce c’è, illumina; se non c’è, non illumina. La Chiesa può pensare di illuminare il mondo e le comunità religiose, di essere luce nella Chiesa, se si lasciano completamente possedere dalla Parola di Dio.

 
D. – “Affidate ad una promessa. In Cristo per umanizzare la vita”: questo è il tema dell’assemblea nazionale dell’Usmi. Ma cosa disumanizza oggi la vita dell’uomo?

 
R. – Ciò che disumanizza la vita dell’uomo di oggi è la mancanza, la cecità di fronte alle esigenze più profonde dell’uomo. Lo storpio si aspetta un’elemosina, un po’ di compassione: ormai ha perso la fiducia. Questo è tutto ciò che l’uomo oggi sembra aspettarsi. Allora la Chiesa interviene in favore dell’umanità prostrata, l’umanità che sta perdendo quotidianamente fiducia, fiducia in se stessa, fiducia nel futuro… La parola che può dire la Chiesa non è la parola che invita a guardare se stessa, le proprie strutture, i propri trionfi, le proprie affermazioni, ma a guardare l’altro che è dentro di sé, nella Chiesa, ma che è anche l’altro che è nel povero. E dunque, per risollevare davvero l’uomo da questa prostrazione si tratta - da parte dell’uomo - di capire che al di là del visibile, di ciò che lui si aspetterebbe, di oro e di argento da parte della Chiesa, deve scoprire qualcosa d’altro: il nome di Gesù riconosciuto come Cristo e Signore. Secondo me, è questo ciò che l’umanità oggi vuole sentirsi dire dalla Chiesa: la forza che ci viene dal nome di Gesù.

 
D. – Quali sono i suoi auspici per questa assemblea nazionale dell’Usmi?

 
R. – Per me, gli auspici sono proprio un ritorno a questa essenzialità della proposta di vita in modo che chiunque veda un religioso, chiunque veda la Chiesa, possa scoprire nel religioso, nella Chiesa qualcuno che non si comporta con i parametri propri dei grandi di questo mondo, che non si serve dei poveri, ma serve i poveri; che non si serve dell’umanità, ma serve l’umanità prendendo per mano l’altro e sollevandolo. Questa, per me, è la novità per la vita religiosa: farsi compagni di strada, piegarsi verso chi sta male, portare l’umanità a rivivere un’esperienza che l’avvicini il più possibile alla Risurrezione di Gesù, ridarle fiducia: secondo me, è questo che le religiose ed i religiosi dovrebbero fare nel mondo, oggi. Essere fra i poveri, perché essendo tra i poveri, poi, inevitabilmente ti comporterai come fratello e come sorella di chi ha bisogno.







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