2010-04-06 15:13:01

L'Abruzzo ad un anno dal sisma tra speranze e difficoltà. Il Papa: "Ricostruire con la fede in Cristo Risorto"


“Un anno dopo il tragico terremoto che colpì L’Aquila e Provincia, il Santo Padre desidera esprimere alla Chiesa aquilana e alla comunità civile i sentimenti della sua spirituale vicinanza e rinnovare un incoraggiamento per la ricostruzione umana e sociale fondata sulla salda roccia della fede in Cristo Risorto”. È il messaggio di Benedetto XVI, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, letto questa notte al termine della celebrazione nella Basilica di Collemaggio, dal vescovo ausiliare dell’Aquila, mons. Giovanni D’Ercole. Migliaia di persone hanno commemorato ieri le 308 vittime del sisma. Il momento più toccante alle 3.32, ora della scossa, quando all’Aquila sono risuonati 308 rintocchi delle campane della chiesa delle Anime Sante, uno per ogni vittima. Il servizio di Luca Collodi:RealAudioMP3

(Rintocchi delle campane)
 
Nella notte, L’Aquila ha ricordato tutte le 308 vittime del sisma, con una fiaccolata che ha attraversato le strade del centro storico al rintocco della campana. Nella Basilica di Collemaggio, la popolazione si è stretta intorno all’arcivescovo Molinari per una celebrazione, iniziata alle 4.00 del mattino. Hanno partecipato molti volontari, vigili del fuoco ed autorità civili e militari. Un racconto dedicato ad Onna ha aperto ieri pomeriggio la rievocazione delle 40 vittime del paese simbolo del sisma abruzzese di un anno fa. Alle 21.00, la popolazione di Onna si è raccolta nella chiesetta di legno del borgo per una veglia di preghiera, culminata con la celebrazione della Santa Messa alle 2.00 della notte, da parte del parroco don Cardoso. Alle 3.32, l’ora del sisma, la campana della chiesa di Onna ha suonato 40 volte e sono stati letti i nomi di chi non c’è più.
 
Ad un anno dal terremoto sono ancora assistiti dal governo e dagli enti locali 52 mila aquilani. Di questi 4.300 vivono in albergo sulla costa adriatica. La prima emergenza affrontata è stata quella abitativa, con la realizzazione nei comuni vicini alla città dell’Aquila di casette di legno, come ad Onna. Sono, invece, 185 gli edifici antisismici costruiti nel Comune dell’Aquila, con oltre 4.400 appartamenti, dove oggi vivono 15 mila persone. Ma queste case non bastano. Molti sfollati abitano ancora in strutture ricettive, in alberghi, in caserme come a Coppito. Le case progettate e realizzate sono state, infatti, meno delle 700 mila richieste.
 
L’attenzione, anche per la pressione della popolazione locale, si concentra ora sullo sgombero delle macerie dal centro storico. Secondo stime dei Vigili del Fuoco, ci vorranno però anni per sgomberare il centro da 5 milioni di tonnellate di detriti. La burocrazia, inoltre, sembra rallentare anche le cosiddette “ristrutturazioni leggere” delle case non lesionate ed abitabili. Il terremoto ha messo in crisi anche molte attività produttive. Sono infatti 15 mila al momento i lavoratori che usufruiscono della cassa integrazione con il rischio della fuga dall’Aquila di centinaia di famiglie.
 
Un quadro difficile che, però, lascia ancora spazio nella gente alla speranza di tornare a popolare la città vecchia per ricostruire quel tessuto sociale e umano, senza il quale qualsiasi ricostruzione non potrebbe avere successo. (Dalla città dell’Aquila, Luca Collodi, Radio Vaticana)
 
Oltre 2 mila persone hanno partecipato nella notte a Collemaggio alla Santa Messa presieduta dall’arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe Molinari. Il presule ricorda, al microfono di Luca Collodi, alcuni passi dell'omelia:RealAudioMP3

R. – Ho ricordato, prima di tutto, le vittime. Mi sembra giusto che il pensiero andasse a questi nostri fratelli e sorelle che quella notte, purtroppo, hanno incontrato la morte. Questo pensiero di dolore e di sofferenza, ho cercato di illuminarlo con la fede nella Pasqua. C’era la Parola di Dio molto bella, il discorso di Pietro che parla di Cristo Risorto e poi il racconto così bello di Maria di Magdala che - più degli altri apostoli – crede subito nel Cristo Risorto. Erano due pagine bibliche che si prestavano molto bene ad essere meditate in questo momento per tutta la comunità aquilana, che certamente continuerà a piangere i propri morti, che continuerà a sentire le ferite di questo terremoto. Chissà quanto tempo ci vorrà per rimarginarle. Come cristiani, però, noi sappiamo che Cristo è Risorto anche per noi e che la vita è una realtà sempre immensamente bella. Allora invito a chiederci come possiamo impegnare bene la nostra vita. Credo che il modo più bello di impegnare la propria vita è seguire la via del Vangelo, la via dell’amore a Dio, dell’amore ai fratelli, la via positiva della ricostruzione di una società, anzitutto, nel cuore, nelle anime delle persone e poi, certamente, anche le strutture della Chiesa.
 
D. – Mons. Molinari, cosa è cambiato all’Aquila da un anno a questa parte?
 
R. – E’ cambiato tantissimo. Basta semplicemente guardare queste case distrutte, queste rovine. Nel cuore di tutti gli aquilani c’è questa demarcazione fra il prima del 6 aprile e dopo il 6 aprile. E’ una storia diversa, una storia fatta di tanti problemi, tante tragedie. Io riconosco che lo Stato ha fatto tantissimo, così come i volontari. Non smetteremo mai di ringraziare tutta la gente che ci ha ringraziato, ma c’è ancora tanto da fare e mi auguro che tutti insieme riusciremo a trovare la forza per ricostruire, per andare avanti e per non scoraggiarci.
 
D. – Parlando con i tanti aquilani, che vediamo anche qui intorno a noi, tutti ci parlano di una preoccupazione: ricostruire il tessuto sociale di questa città per ripartire…
 
R. – Siamo tutti preoccupati per questo e giustamente. La cosa importante è che, oltre alla preoccupazione, ci chiediamo con sincerità che cosa può fare ognuno di noi per ricostruire questa città. Io lo chiedo a me stesso, lo chiedo ai nostri sacerdoti, lo chiederò anche agli amministratori, ai politici. Cosa si può fare? Chiediamolo ognuno di noi a noi stessi. Io dirò chiaramente agli amministratori e ai politici che hanno un ruolo importante: se vogliono far rivivere questa città, occorre il lavoro, occorre far ripartire l’economia. Penso che se tutti ci mettiamo tanta buona volontà, si possa fare tantissimo.(Montaggio a cura di Maria Brigini)
 
Ad un anno di distanza dal terremoto che ha devastato l’Abruzzo, sono molteplici i progetti promossi e realizzati dalla Chiesa per favorire un autentico sviluppo. Per un bilancio sulle iniziative realizzate, ascoltiamo, al microfono di Antonella Palermo, il direttore della Caritas italiana, mons. Vittorio Nozza:RealAudioMP3

R. – Un primo bilancio si fa in modo particolare su quattro passaggi. Primo: i primi tre-quattro mesi sono stati caratterizzati molto da interventi primari. Una seconda fase è stata quella di far evidenziare tutta una serie di azioni che hanno portato a cogliere anche i bisogni strutturali. Una terza fase è stata quella, invece, di evidenziare quale sostegno dare, per non dimenticare il quarto importante momento: tutta l’azione di riabilitazione socio-economica.
 
D. – Si può fare anche un bilancio economico delle donazioni che sono giunte durante quest’anno attraverso le Caritas?

R. – Stiamo attualmente sui 32 milioni e 100 mila euro, di cui già abbiamo impegnato circa 13 milioni e mezzo; abbiamo già in cantiere 25 progetti, sempre in termini di edilizia sociale.
 
D. – Come va la macchina burocratica?
 
R. – Cogliamo in modo particolare due fatiche. La prima è il fatto che questa popolazione sta un po’ sempre in una situazione di precarietà, cioè non ha la sua parrocchia, non è nel suo paese, non è la sua vita sociale di sempre. La seconda difficoltà è proprio quella del reperimento di spazi capaci di metterci nella condizione di realizzare strutture in grado di riattivare sia la vita sociale dei ragazzi, dei giovani, sia l’appartenenza degli anziani alla vita della comunità.
 
Una vera e propria gara di solidarietà, quella che scattò subito dopo il terremoto. Tra i primi ad arrivare nella città dell’Aquila e in provincia, furono i volontari della Croce Rossa italiana per aiutare quelle popolazioni duramente colpite dal sisma. Federico Piana ha intervistato Francesco Rocca, commissario straordinario della Croce Rossa Italiana:RealAudioMP3

R. – Sono stati quasi 12 mila i volontari impegnati nei luoghi del terremoto e ancora oggi sono impegnati una parte ad Avezzano, nel luogo dove si sta facendo il ripiegamento di tutti i materiali e i mezzi che sono stati utilizzati. Un’altra parte continua le sue attività come faceva prima del terremoto, e sono i volontari aquilani.
 
D. – Chi sono questi volontari?
 
R. – Sono persone come tutti noi. Loro si indispettiscono quando vengono chiamati eroi. Sono persone semplici, che scelgono di aiutare il prossimo e lo fanno alla luce dei principi della Croce Rossa. I giovani sono stati tra i primi. Molti di loro erano terremotati, eppure già nelle prime ore li abbiamo trovati a soccorrere i loro compaesani, senza tirarsi indietro. Alcuni, addirittura, avevano perso tutto.
 
D. – La difficoltà più grande qual è stata, commissario, in quel momento particolare?
 
R. – In quel momento la preoccupazione era di tirare fuori dalle macerie tutte le persone e poi arrivare dappertutto, perché non avevamo ancora chiara, nelle prime ore, quale fosse la portata delle aree colpite. L’idea della prima notte al freddo per la gente - perché all’Aquila ad aprile fa ancora freddo, molto freddo - era la nostra prima preoccupazione.(Montaggio a cura di Maria Brigini)
 
Una giornata, quella odierna, dedicata dunque alla memoria delle 308 vittime del terremoto di un anno fa, ma anche alla speranza di poter ripartire. Ma c’è davvero questa voglia di ricominciare? Fabio Colagrande lo ha chiesto a Giustino Parisse, caporedattore del quotidiano d’Abruzzo, “Il Centro”, che nel terremoto dello scorso anno, ad Onna ha perso due figli e il padre:RealAudioMP3

R. – Faccio sempre una distinzione: se devo parlare di me, chiaramente andare avanti è complicato e ogni giorno è sempre più difficile. La parola “ricostruzione” per me, chiaramente, non ha senso, perché la ricostruzione che io vorrei non ci sarà mai. Poi c’è un discorso ovviamente più generale: andare avanti è un obbligo, non c’è alternativa. Non è che possiamo scegliere tra andare avanti e qualcos’altro. Quindi andare avanti oggi è fondamentale, irrinunciabile e naturalmente sappiamo bene che andare avanti è difficile perché i problemi sono tanti!
 
D. – C’è questa voglia davvero di andare avanti?
 
R. – La città è ancora tutta da ricostruire; oggi io credo che questa data del 6 aprile possa segnare una svolta e spero in positivo. Una svolta tra il passaggio da una situazione di emergenza, di fuga, di paura, di gente impolverata, come lo eravamo tutti quella notte, ad una situazione di riflessione. Cioè si comincia a guardarsi intorno e a dire: adesso bisogna incominciare a ricostruire la città!







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