Il cardinale Poletto: c'è la volontà di attaccare la Chiesa
"La luce della Pasqua illumina la Sindone": è il titolo del messaggio pasquale del
cardinale arcivescovo di Torino, Severino Poletto, indirizzato ai fedeli della
sua diocesi. "Celebrata la Pasqua - si legge nel messaggio del porporato - saremo
ancora invitati a continuare la nostra meditazione sulla Passione e Risurrezione di
Gesù venerando, da pellegrini credenti e fiduciosi, la Santa Sindone che per sei settimane
rimarrà esposta nella nostra Cattedrale". L'ostensione della Sindone, sottolinea il
messaggio, vivrà il suo momento culminante con la visita pastorale del Papa a Torino,
il 2 maggio prossimo. Al microfono di Luca Collodi, il cardinale Poletto si
sofferma sul sul contenuto del messaggio pasquale:
R. – Mandando
alla mia diocesi un messaggio di augurio pasquale, ho voluto intitolare questo messaggio
“La luce della Pasqua illumina la Sindone”, perché noi celebriamo la Pasqua e ringraziamo
il Signore che con la sua Resurrezione ha vinto la morte e ha espiato i nostri peccati
con il sacrificio della sua vita, offerto sulla Croce: ma la Sindone continua ad essere
una meditazione prolungata sulla sofferenza di Gesù. Quando i pellegrini verranno
a visitare la Sindone avranno modo di ripercorrere con silenzio, preghiera, meditazione,
tutta l’immane e tragica sofferenza subita da Gesù durante la sua Passione e commuoversi
di fronte all’amore, perché per amore Cristo ha sofferto.
D.
– Cardinale Poletto, attraverso la sofferenza, Cristo ha offerto una nuova possibilità
di vita per l’uomo, ma come possiamo far accettare la sofferenza sul piano umano a
noi cristiani di oggi?
R. – L’ostensione della Sindone
ci presenta la Passione e la sofferenza di Gesù, l’Innocente per eccellenza, perché
Figlio di Dio; ma nello stesso tempo illumina e dà significato alla sofferenza umana.
La sofferenza rimane, comunque, sempre un mistero. Dobbiamo riconoscere che noi non
sappiamo dire perché a me o a te o a lui è capitato questo o quell’altro tipo di sofferenza
o di croce o di prova o di difficoltà; resta, comunque, un mistero, ma contemplato
alla luce del Cristo, che morendo e soffrendo per noi dice: “Vedi, io sono innocente
più di tutti voi, tuttavia ho scelto la sofferenza, perciò cerca di capire che la
sofferenza accettata e offerta ha un significato di redenzione per te e per l’umanità”.
E lì, dunque, guardando il Cristo, inchiodato sulla Croce, noi possiamo trovare la
forza per portare le nostre croci.
D. – Anche la
Chiesa sta soffrendo, sta portando la sua croce...
R.
– Se persone consacrate come sacerdoti non sono stati fedeli al loro impegno di castità
e hanno abusato di altre persone, soprattutto minori, dobbiamo chiedere perdono, vergognarci
anche e pentirci di questo. E dobbiamo essere solidali con le vittime e collaborare
con la magistratura perché faccia il suo corso. Però io dico che dobbiamo stare attenti.
Per esempio, si parla di preti pedofili, come se tutti i preti fossero pedofili, quando
magari ce ne è uno per mille o uno per cento, e gli altri 99? E i preti santi? E i
preti che danno la loro vita dalla mattina alla sera al servizio degli altri, dei
poveri e così via, chi ne parla? Qui ho l’impressione che ci sia una volontà di attaccare
la Chiesa e lo si è visto anche nei tentativi di raggiungere addirittura l’intoccabile
e grandissima figura di Sua Santità, Benedetto XVI, che su queste cose è sempre stato
chiaro e intransigente. Quindi, non vorrei che fosse una macchinazione contro la Chiesa.
Il demonio è sempre all’opera, si serve di tutto. Stiamo attenti, però, a non generalizzare
e a non dimenticarci mai che la Chiesa è peccatrice, perché fatta di noi, persone
umane che possiamo peccare, ma è anche santa, perché ha come capo Gesù Cristo, che
la santifica, la sostiene e la guida. (Montaggio a cura di Maria Brigini)