Orissa: sacerdote vittima dei pogrom, promuove la pacificazione con l’esempio della
Croce
A quasi due anni dalle violenze anticristiane che colpirono lo stato indiano dell’Orissa,
padre Thomas Chellan, una delle vittime dei pogrom, racconta ad AsiaNews la situazione
dei fedeli e il percorso di perdono che nella Settimana Santa trova nuovo slancio
nell’esempio della Croce. L’amore “è sacrificio, e sacrificarsi per amore è una gioia
che include sofferenza. Ma questa è l’unica strada: oltre la Croce non c’è nulla,
ed è sopra la Croce che noi proviamo quella gioia che è vera e duratura” afferma il
religioso. “La mia prova si è svolta nel distretto di Kandhamal – aggiunge padre Thomas
-, altri hanno avuto altre esperienze, ma è il Calvario che trasforma la debolezza
umana nella forza di Dio”. L’amore, spiega ancora il sacerdote, “non reclama diritti.
Esiste per servire, come ci ha insegnato per primo Gesù. Per i sacerdoti, i missionari
o anche i laici, il Calvario può essere trovato ovunque ci si trovi. E quando rispondiamo
al Suo invito, seguire le Sue orme e imitarlo, allora troviamo la vera vita. Nella
nostra situazione, per quanto possa sembrare deplorabile, dobbiamo accettare il Calvario
e percorrerlo. Ed ecco che la nostra croce assume un pieno significato”. Padre Thomas
Chellan, 58 anni, era direttore del Centro pastorale Divyajyoti, della diocesi di
Cuttack- Bhubaneshwar. Il 25 agosto 2008, due giorni dopo il lancio del pogrom contro
i cristiani, un gruppo di circa 50 estremisti indù lo ha picchiato, ferito, denudato,
usando bastoni, asce e lance. Con lui, anche una suora ha subito le stesse violenze,
forse anche più brutali. Entrambi hanno rischiato di essere bruciati, cosparsi di
benzina. Solo alla fine sono stati soccorsi dalla polizia, che sembrava connivente
con la folla violenta. Il sistema giudiziario e quello politico, tuttavia, hanno di
fatto ignorato i colpevoli dei ripetuti attacchi avvenuti contro la comunità cristiana
e hanno emesso sentenze estremamente leggere (due anni di galera) contro gli unici
due ritenuti colpevoli. Altri dieci imputati sono stati rilasciati, mentre suor Meena
– coinvolta in un’accusa di stupro - è stata trasferita dal distretto dopo undici
mesi di vessazioni. Per quanto riguarda la situazione della giustizia nel distretto
che lo ha visto perseguitato, padre Chellan dice: “Certo, sono scoraggiato quando
qualunque persona – in qualunque parte dell’India – non trova giustizia neanche dopo
undici mesi. Nel caso di suor Meena, ad esempio, i tempi si allungano e ancora non
sappiamo quanto ci vorrà. Ma è in questi momenti che trovo consolazione dalla Croce,
dal perdono che Cristo ha dato e dalla Vergine, il dono che Gesù ha fatto all’umanità.
È in Maria che troviamo la forza per camminare sulle orme del Figlio”. Al momento,
il sacerdote si trova per motivi di salute e di cause legali fuori dallo Stato: “Mi
manca il mio gregge. Anche se qui sono tutte brave persone sento la nostalgia di Kandhamal,
soprattutto in questi giorni pasquali: qui sono uno straniero. Sono costretto a rimanere
qui, ma il mio cuore è con il mio popolo e la mia missione. L’unica via è quella che
passa attraverso Gesù e il Suo Calvario. La Passione di Cristo non è una via di dolore,
ma una strada di speranza”. (M.G.)