Benedetto XVI all'udienza generale: preghiera e silenzio nei giorni della Passione
di Cristo, supremo atto d'amore che rende l'uomo libero
Secondo la consolidata tradizione del Mercoledì Santo, l’udienza generale di questa
mattina in Piazza San Pietro è stata dedicata da Benedetto XVI alla riflessione sugli
avvenimenti spirituali e liturgici del Triduo Pasquale, che inizia domani con la Messa
in Coena Domini. Nella preghiera e nel silenzio che caratterizzano le 72 ore
prima della Pasqua, i cristiani – ha affermato il Papa – guardano a Cristo nell’ora
della solitudine e pregano perché “cessino tutte le solitudini del mondo”. Il servizio
di Alessandro De Carolis:
Nulla come
i misteri di fede che intessono il Triduo Pasquale scompaginano le normali categorie
umane di comprensione della vita e della morte, dando sostanza alla novità del cristianesimo.
Il fulcro, ha spiegato Benedetto XVI, sta in ciò che Gesù fa del suo corpo attraverso
l’Eucaristia: un’offerta prima della morte che resta e si perpetua, cosicché la morte
stessa, quando sopraggiunge, violenta e infamante, non è la fine di tutto ma una scelta
d’amore che ha dischiuso le porte di una nuova vita. Preludio alle intense celebrazioni
del Triduo che in questi giorni si vivranno a ogni latitudine è la Messa Crismale
del giovedì mattina, durante la quale, ha ricordato il Papa, vescovo e presbiteri
rinnovano le promesse sacerdotali: “Tale gesto assume quest’anno,
un rilievo tutto speciale, perché collocato nell’ambito dell’Anno Sacerdotale, che
ho indetto per commemorare il 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars.
A tutti i Sacerdoti vorrei ripetere l’auspicio che formulavo a conclusione della Lettera
di indizione: ‘Sull’esempio del Santo Curato d’Ars, lasciatevi conquistare da Cristo
e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione,
di pace!’”. Poi, la sera del Giovedì Santo, le comunità
cristiane si fermano davanti al Cenacolo che rivive in ogni chiesa del mondo. Celebrano
l’istituzione dell’Eucaristia da parte di Gesù e rivivono quel gesto suggestivo e
carico di significato della lavanda dei piedi: “Tale atto
diviene per l’evangelista la rappresentazione di tutta la vita di Gesù e rivela il
suo amore sino alla fine, un amore infinito, capace di abilitare l’uomo alla comunione
con Dio e di renderlo libero”. Dalla sera del Giovedì
Santo, le parole cedono il posto alla preghiera silenziosa, intima come quella che
Gesù leva al Padre nel Getsemani, mentre si allunga l’ombra del Golgota: “Davanti
all’Eucarestia, i fedeli contemplano Gesù nell’ora della sua solitudine e pregano
affinché cessino tutte le solitudini del mondo. Questo cammino liturgico è, altresì,
invito a cercare l’incontro intimo col Signore nella preghiera, a riconoscere Gesù
fra coloro che sono soli, a vegliare con lui e a saperlo proclamare luce della propria
vita”. La morte sulla Croce di Gesù che si consuma
il Venerdì Santo, ha spiegato Benedetto XVI, è connessa in modo “inscindibile” con
l’Ultima Cena. “Nella prima – ha riflettuto il Pontefice – Gesù dona il suo Corpo
e il suo Sangue, ossia la sua esistenza terrena, se stesso, anticipando la sua morte
e trasformandola in un atto d’amore”. Così, ha aggiunto, la morte... “…che,
per sua natura, è la fine, la distruzione di ogni relazione, viene da lui resa atto
di comunicazione di sé, strumento di salvezza e proclamazione della vittoria dell’amore.
In tal modo, Gesù diventa la chiave per comprendere l’Ultima Cena che è anticipazione
della trasformazione della morte violenta in sacrificio volontario, in atto di amore
che redime e salva il mondo”. Infine il canto dell’Alleluia,
che rompe il “grande silenzio” di queste ore, il silenzio della “madre di tutte le
Veglie”, quella del Sabato Santo, dove la luce della Risurrezione squarcia le tenebre
della morte: “Vi esorto pertanto a vivere intensamente questi
giorni affinché orientino decisamente la vita di ciascuno all'adesione generosa e
convinta a Cristo, morto e risorto per noi (...). Ci accompagni in questo itinerario
spirituale la Vergine Santissima. Lei che seguì Gesù nella sua passione e fu presente
sotto la Croce, ci introduca nel mistero pasquale, perché possiamo sperimentare la
letizia e la pace del Risorto (…) Buona Pasqua!” (applausi) Il
principale dei saluti successivi alle catechesi in lingua – oggi accompagnate da un
particolare affetto da parte dei circa 30 mila presenti in Piazza San Pietro – Benedetto
XVI lo ha rivolto agli universitari di varia provenienza che partecipano al Congresso
internazionale promosso dalla Prelatura dell’Opus Dei. “Vi invito a riflettere – ha
detto loro il Papa – sull’importanza degli studi universitari per formare quella ‘mentalità
cattolica universale’ che san Josemaria descriveva così: ‘Ampiezza di orizzonti e
vigoroso approfondimento di ciò che è perennemente vivo nell’ortodossia cattolica’.
Si accresca in ciascuno il desiderio di incontrare personalmente Gesù Cristo, per
testimoniarlo con gioia in ogni ambiente”.