Presentata ai Musei vaticani la mostra “La Memoria e la Speranza”, dedicata agli arredi
liturgici salvati dal sisma in Abruzzo
Costruire il domani a partire dal recupero delle proprie radici storiche, artistiche
e culturali. E’ il messaggio della mostra “La Memoria e la Speranza. Arredi liturgici
da salvare nell’Abruzzo del terremoto”, presentata oggi ai Musei Vaticani. Ad un anno
dal sisma che lo scorso 6 aprile ha devastato numerosi centri della regione, l’iniziativa
è promossa in collaborazione con l’arcidiocesi dell’Aquila, e con il patrocinio, tra
gli altri, del Ministero dell’interno e del Ministero per i beni e le attività culturali.
Il servizio di Claudia Di Lorenzi:
Reliquiari
e candelieri, calici e ampolline, e poi saii, effigi e oggetti di oreficeria liturgica,
dipinti attribuibili al pittore cinquecentesco Bedeschini e croci processionali opera
di Nicola da Guardiagrele, veri e propri capolavori dell’arte d’Abruzzo. Sono solo
alcuni degli arredi sacri recuperati fra le rovine delle chiese abruzzesi, dopo il
terremoto che il 6 aprile scorso ha lasciato profonde ferite nel patrimonio artistico
e culturale della regione. Un dramma che non ha tuttavia piegato il suo popolo che
nel difficile percorso della ricostruzione confida nella forza delle proprie radici
e della propria storia, intessuta di un profondo sentire religioso. Esposti nelle
sale dei Musei Vaticani gli oggetti recuperati custodiscono e perpetuano l’identità
delle genti d’Abruzzo. Lo ricorda il prof. Antonio Paolucci,
direttore dei Musei Vaticani:
“Quello che interessa
è il contesto, è il tessuto connettivo che fa il patrimonio artistico di una nazione,
di un popolo. Per questo abbiamo voluto portare qui quel tipo di oggetti che di solito
vengono dimenticati: dopo le grandi catastrofi si restaurano i monumenti, si trovano
soldi, sponsor, attenzioni per recuperare le celebri pitture o sculture, ma i cosiddetti
oggetti di 'arte minore' - quelli che ogni chiesa conserva nelle sacrestie, le stoffe,
i legni intagliati e dorati, gli argenti, i vasi sacri - se danneggiati dal terremoto,
di solito, vengono dimenticati. Quindi, è un pezzo di memoria che muore.”
Una
memoria che sostanzia l’oggi e che fonda la costruzione di qualunque futuro, tanto
per i singoli, quanto per i popoli. Ancora il prof. Paolucci:
"Diceva
Pier Paolo Pasolini in una poesia famosa del 1962: 'Io sono una forza del Passato.
Solo nella tradizione il mio amore. Io vengo dagli altari e dalle chiese, vengo dai
paesi abbandonati sugli Appennini e sulle Prealpi, dove sono vissuti i fratelli'”.
Ma
guardare al proprio passato significa anche riconoscere nella storia l’intervento
salvifico di Dio, e in lui confidare. Ascoltiamo mons. Giuseppe Molinari,
arcivescovo dell’Aquila: “Ritrovare
tutte queste opere d’arte e metterle a disposizione di tutti significa anche ritrovare
la forza di guardare avanti per diventare ancora più consapevoli che c’è una storia
che sta alle nostre spalle, una storia che vogliamo che continui anche nei giorni
che verranno, una storia che per noi credenti non è abbandonata al caso: è una storia
che è guidata da qualcuno che è più grande di noi.
Una
certezza che, lungo gli antichi vicoli distrutti, fra le macerie e la polvere, nelle
piaghe profonde dell’animo, si fa alimento alla speranza. Ancora l’arcivescovo dell’Aquila:
"Per
noi cristiani e credenti la speranza non si arresta mai, anche di fronte alle prove
più grandi, perché sappiamo che il Signore sa tutta la nostra storia, la nostra realtà,
le nostre prove, le nostre difficoltà e, quindi, non ci lascerà soli. Ci aiuterà a
guardare di nuovo avanti e a ricostruire un nostro futuro”.