2010-03-30 15:29:58

Presentata ai Musei vaticani la mostra “La Memoria e la Speranza”, dedicata agli arredi liturgici salvati dal sisma in Abruzzo


Costruire il domani a partire dal recupero delle proprie radici storiche, artistiche e culturali. E’ il messaggio della mostra “La Memoria e la Speranza. Arredi liturgici da salvare nell’Abruzzo del terremoto”, presentata oggi ai Musei Vaticani. Ad un anno dal sisma che lo scorso 6 aprile ha devastato numerosi centri della regione, l’iniziativa è promossa in collaborazione con l’arcidiocesi dell’Aquila, e con il patrocinio, tra gli altri, del Ministero dell’interno e del Ministero per i beni e le attività culturali. Il servizio di Claudia Di Lorenzi:RealAudioMP3

Reliquiari e candelieri, calici e ampolline, e poi saii, effigi e oggetti di oreficeria liturgica, dipinti attribuibili al pittore cinquecentesco Bedeschini e croci processionali opera di Nicola da Guardiagrele, veri e propri capolavori dell’arte d’Abruzzo. Sono solo alcuni degli arredi sacri recuperati fra le rovine delle chiese abruzzesi, dopo il terremoto che il 6 aprile scorso ha lasciato profonde ferite nel patrimonio artistico e culturale della regione. Un dramma che non ha tuttavia piegato il suo popolo che nel difficile percorso della ricostruzione confida nella forza delle proprie radici e della propria storia, intessuta di un profondo sentire religioso. Esposti nelle sale dei Musei Vaticani gli oggetti recuperati custodiscono e perpetuano l’identità delle genti d’Abruzzo. Lo ricorda il prof. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani:

 
“Quello che interessa è il contesto, è il tessuto connettivo che fa il patrimonio artistico di una nazione, di un popolo. Per questo abbiamo voluto portare qui quel tipo di oggetti che di solito vengono dimenticati: dopo le grandi catastrofi si restaurano i monumenti, si trovano soldi, sponsor, attenzioni per recuperare le celebri pitture o sculture, ma i cosiddetti oggetti di 'arte minore' - quelli che ogni chiesa conserva nelle sacrestie, le stoffe, i legni intagliati e dorati, gli argenti, i vasi sacri - se danneggiati dal terremoto, di solito, vengono dimenticati. Quindi, è un pezzo di memoria che muore.”

 
Una memoria che sostanzia l’oggi e che fonda la costruzione di qualunque futuro, tanto per i singoli, quanto per i popoli. Ancora il prof. Paolucci:

 
"Diceva Pier Paolo Pasolini in una poesia famosa del 1962: 'Io sono una forza del Passato. Solo nella tradizione il mio amore. Io vengo dagli altari e dalle chiese, vengo dai paesi abbandonati sugli Appennini e sulle Prealpi, dove sono vissuti i fratelli'”.

 
Ma guardare al proprio passato significa anche riconoscere nella storia l’intervento salvifico di Dio, e in lui confidare. Ascoltiamo mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo dell’Aquila:

 
“Ritrovare tutte queste opere d’arte e metterle a disposizione di tutti significa anche ritrovare la forza di guardare avanti per diventare ancora più consapevoli che c’è una storia che sta alle nostre spalle, una storia che vogliamo che continui anche nei giorni che verranno, una storia che per noi credenti non è abbandonata al caso: è una storia che è guidata da qualcuno che è più grande di noi.

 
Una certezza che, lungo gli antichi vicoli distrutti, fra le macerie e la polvere, nelle piaghe profonde dell’animo, si fa alimento alla speranza. Ancora l’arcivescovo dell’Aquila:

 
"Per noi cristiani e credenti la speranza non si arresta mai, anche di fronte alle prove più grandi, perché sappiamo che il Signore sa tutta la nostra storia, la nostra realtà, le nostre prove, le nostre difficoltà e, quindi, non ci lascerà soli. Ci aiuterà a guardare di nuovo avanti e a ricostruire un nostro futuro”.







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