Il teologo padre Laurent Touze parla del celibato sacerdotale: è un'offerta totale
di sé a Dio e un'imitazione di Cristo
“Segno espressivo della dedizione totale ed esclusiva a Cristo, alla Chiesa e al Regno
di Dio”. E’ la definizione che dà Benedetto XVI della vita sacerdotale vissuta nel
celibato nell’Esortazione apostolica post sinodale Sacramentum caritatis. Il
celibato è dunque impegno interiore di testimonianza evangelica. Un concetto ribadito
anche da padre Laurent Touze, docente di teologia spirituale alla Pontificia
Università della Santa Croce di Roma, al microfono di Benedetta Capelli:
R. – Se si
parla di celibato sacerdotale, si deve parlare dell’Eucaristia. Quando il ministro
celebra l’oblazione di Cristo, che si dà con il suo corpo totalmente fino all’effusione
del sangue, egli deve vivere in modo adeguato questa celebrazione, dando completamente,
per amore della Chiesa, il suo corpo tramite il celibato.
D.
– Quali sono le difficoltà per i giovani nel comprendere questo dono, nel comprendere
il celibato, e come lavorate per superare le difficoltà?
R.
– Io penso che le difficoltà che possa avere un giovane a capire e a vivere il celibato
sono esattamente le stesse difficoltà che può avere un giovane a capire e a vivere
il matrimonio. In questo senso, la cultura dominante impedisce – o cerca di impedire
– che il cuore umano possa capire la fedeltà fino alla morte, il dono totale di sé,
la bellezza dell’amore. In questo senso, ciò che penso è che per la formazione di
questi giovani sono essenziali alcune virtù, e cioè: la sincerità, la sincerità nei
propri confronti, perché ogni persona abbia il coraggio di vedere in sé i problemi
che ha, che abbia il coraggio di parlarne con chiarezza e che abbia l’umiltà di farsi
aiutare. E dopo, un’attenzione forse rinnovata a tutto ciò che è la formazione umana
dei candidati al sacerdozio. Ma - e questo mi sembra che l’esperienza nordamericana
l’abbia dimostrato, con i problemi che si conoscono e che erano legati ad una vita
celibataria mal vissuta - la cosa essenziale è l’esigenza spirituale. I vescovi americani,
dopo questi momenti di crisi, hanno saputo proporre con chiarezza un forte messaggio
di esigenza spirituale ai candidati al sacerdozio e il risultato è quello che si vede
adesso negli Stati Uniti: una crescita del numero e della qualità delle vocazioni
sacerdotali. I candidati devono capire che fondamentalmente si deve amare Cristo e
che a imitazione del Signore devono dare totalmente la loro vita per la Chiesa.
D.
– Padre, quali sono le sfide che questo impegno comunque pone?
R.
– Senza dubbio, la selezione dei candidati. E’ sempre stata una sfida, anche per lo
stesso ragazzo che pensa di avere una vocazione al sacerdozio. Proprio lui deve poter
avere uno spazio in cui parla di sé, dei suoi problemi, permettendo ai suoi formatori
e a sé stesso di vedere se ha veramente le qualità adeguate per essere un sacerdote
felice e un sacerdote santo. Allo stesso tempo, proprio perché il magistero sottolinea
così fortemente il vincolo tra il celibato sacerdotale e la celebrazione della Santa
Messa, è importante la comprensione adeguata del mistero eucaristico. Ci deve essere
una forte insistenza nella formazione dei seminaristi, nella formazione dei sacerdoti
sia giovani che meno giovani per riscoprire l’importanza di una celebrazione santa
della liturgia, l’importanza di una celebrazione santa del sacrificio eucaristico.
D.
– Qual è il contributo della famiglia nella formazione di un seminarista?
R.
– E’ un compito assolutamente essenziale, cioè: se un ragazzo arriva al giorno dell’ordinazione,
la stragrande maggioranza – direi il 90% – della vocazione la deve ai suoi
genitori, perché è lì fondamentalmente che avrà ricevuto il seme del desidersio di
darsi completamente a Dio: è lì la capacità di capire ciò che è l’amore, ciò che è
la fedeltà. Forse, anche se è nato in una famiglia non cattolica, vedendo l’amore
dei suoi genitori, imparando a vivere con i suoi fratelli e le sue sorelle, imparando
qui la generosità, nel seno della sua famiglia, forse è proprio qui che potrà più
facilmente ricevere il dono di Dio della vocazione. In questo senso, la famiglia che
educa ancora meglio ad avere la disposizione a vivere santamente il sacerdozio, o
a vivere santamente la vocazione matrimoniale, senza dubbio è la famiglia numerosa
dove la disposizione alla generosità si può formare ancor più facilmente.