2010-03-29 14:17:47

Liturgia del Lunedì Santo incentrata su Giuda. Il Papa: controbilanciare il male di chi tradisce con una limpida testimonianza di Cristo


Il Vangelo del Lunedì Santo si concentra sulla figura di Giuda Iscariota. Il passo di Giovanni lo mostra nell’episodio in cui il traditore di Cristo critica l’omaggio che Maria, la sorella di Lazzaro, fa a Gesù, cospargendogli i piedi di un prezioso profumo: un gesto che Giuda bolla come uno spreco di denaro, sostenendo che avrebbe potuto essere impiegato per i poveri. Tuttavia, spiega il Vangelo, a Giuda non importavano i poveri bensì i soldi della cassa, che lui teneva e derubava. Già in alcune occasioni, Benedetto XVI ha riflettuto pubblicamente sulla figura di Giuda, sulle motivazioni del suo gesto contro Cristo, su ciò che significò per la storia della salvezza e quello che insegna alla Chiesa di oggi. Alessandro De Carolis ricorda alcune di queste affermazioni del Papa: RealAudioMP3

Fin dalla prima ora della sua bimillenaria esistenza, la Chiesa ha conosciuto il tradimento al suo interno. Gesù era inviso alla maggioranza della classe dirigente ebraica del suo tempo, ma se essa trova infine il modo di catturarlo e mandarlo a morte è grazie al tradimento di uno della cerchia degli Apostoli. E’ Giuda Iscariota che consegna Cristo ai suoi nemici. E Giuda, scrivono i Vangeli, era “uno dei Dodici”. All’udienza generale del 18 ottobre 2006, concludendo la sua personale galleria di ritratti degli Apostoli, Benedetto XVI affronta la storia dell’uomo il cui nome, osserva all’inizio, “suscita tra i cristiani un’istintiva reazione di riprovazione e di condanna”. In quell’udienza, il Papa si pone le due domande che, quando si parla di Giuda, tutti si pongono: perché Gesù lo chiamò con sé? E perché decise di tradire chi lo aveva scelto? Il “mistero della scelta rimane”, afferma Benedetto XVI. E pur avanzando “ipotesi”, anche le ragioni contingenti del tradimento – delusione verso un leader non politico, pura e semplice avidità di denaro – non sono più chiare: 
“In realtà, i testi evangelici insistono su un altro aspetto: Giovanni dice espressamente che ‘il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo’ (…) In questo modo, si va oltre le motivazioni storiche e si spiega la vicenda in base alla responsabilità personale di Giuda, il quale cedette miseramente ad una tentazione del Maligno”.
 
Ciò non vuol dire che Giuda abbia semplicemente ceduto a una forza soprannaturale che, per quanto malefica, era preponderante rispetto alla sua volontà. Vuol dire esattamente il contrario. Il punto nevralgico il Papa lo tocca sei mesi prima, il 13 aprile, all’omelia della Messa del Giovedì Santo: Giuda, dice, rompe gli indugi mentre si trova nel Cenacolo, poco dopo che Gesù, in un atto di suprema umiltà, gli ha lavato i piedi pur sapendo che, in quell’uomo, la vera sporcizia è annidata altrove:
 
“È la superbia che non vuole confessare e riconoscere che abbiamo bisogno di purificazione. In Giuda vediamo la natura di questo rifiuto ancora più chiaramente. Egli valuta Gesù secondo le categorie del potere e del successo (…) l'amore non conta. Ed egli è avido: il denaro è più importante della comunione con Gesù, più importante di Dio e del suo amore. E così diventa anche un bugiardo, che fa il doppio gioco e rompe con la verità; uno che vive nella menzogna e perde così il senso per la verità suprema, per Dio”. 
Se Pietro, il primo degli Apostoli, che baratta inizialmente la propria incolumità con lo strazio inflitto al suo Maestro, sa trovare lacrime amare di vergogna e di pentimento per la sua debolezza, Giuda – prosegue Benedetto XVI – è l’evidenza di un uomo che “si indurisce”, che pur pentendosi non sa tornare sui suoi passi, e “butta via la vita distrutta”. La sua è la disperazione che degenera in “autodistruzione”:
 
“E’ per noi un invito a tener sempre presente quanto dice san Benedetto alla fine del fondamentale capitolo V della sua ‘Regola’: ‘Non disperare mai della misericordia divina’. In realtà Dio ‘è più grande del nostro cuore’, come dice san Giovanni. Teniamo quindi presenti due cose. La prima: Gesù rispetta la nostra libertà. La seconda: Gesù aspetta la nostra disponibilità al pentimento ed alla conversione; è ricco di misericordia e di perdono”. 
Su un “gesto inescusabile” come quello di Giuda Dio poi costruisce un passaggio-chiave del suo progetto di redenzione del mondo. Nella sua “superiore conduzione degli eventi”, chiarisce il Papa, il tradimento conduce alla morte di Gesù, che “trasforma” un “tremendo supplizio in spazio di amore salvifico e in consegna di sé al Padre”.
 
I minuti restanti di quell’udienza generale del 2006 Benedetto XVI li dedica a Mattia, l’uomo che “fu associato agli undici Apostoli” al posto di Giuda. Di lui, riferisce il Papa, “non sappiamo altro, se non che anch’egli era stato testimone di tutta la vicenda terrena di Gesù, rimanendo a Lui fedele fino in fondo”. Una fedeltà culminata in una nomina a discepolo, che lo ricompensa per la sua lealtà e compensa il tradimento di Giuda. Conclusione che vale un inequivocabile insegnamento per le vicende della Chiesa di oggi:
 
“Ricaviamo da qui un’ultima lezione: anche se nella Chiesa non mancano cristiani indegni e traditori, spetta a ciascuno di noi controbilanciare il male da essi compiuto con la nostra limpida testimonianza a Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore”.







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