Arrivano in libreria le meditazioni del cardinale Ruini per la Via Crucis presieduta
dal Papa al Colosseo
Saranno in libreria domani le meditazioni della Via Crucis che sarà presiduta dal
Papa il Venerdì Santo alle 21.15 al Colosseo. Autore dei testi è il cardinale Camillo
Ruini. Trentamila le copie stampate dalla Lev, la Libreria Editrice Vaticana: 15 mila
arriveranno nelle librerie religiose e nei punti vendita della Lev di Piazza San Pietro,
Piazza Pio XII e Via di Propaganda, le altre 15 mila saranno distribuite al Colosseo.
Le illustrazioni che arricchiscono la pubblicazione riproducono la Via Crucis della
prima metà dell’800 di Joseph Führich che si trova nella Chiesa di San Giovanni Nepomuceno
di Vienna. L’introspezione, il dolore e la speranza i temi proposti dal cardinale
Ruini. Il servizio di Tiziana Campisi: (musica)
“Signore,
Dio Padre onnipotente … Libera la nostra volontà dalla presunzione … ingenua e infondata,
di poter costruire da soli la nostra felicità e il senso della nostra vita”: è uno
stralcio della preghiera che aprirà la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo meditata
dal cardinale Camillo Ruini, che inviterà i fedeli a brevi e profonde riflessioni.
La
prima è quella che scaturisce dalla crocifissione di Gesù dovuta ai nostri peccati,
come anche spiegano le Scritture. Da qui l’esortazione a guardare “al male e al peccato
che abitano” in noi “e che troppo spesso fingiamo di ignorare” e a percorrere nella
Via Crucis un itinerario di penitenza, di dolore e di conversione, fin quando Gesù
è spogliato delle vesti per essere inchiodato sulla Croce. Lì tocca a noi denudarci,
davanti a Dio e ai nostri fratelli, “spogliarci della pretesa di apparire migliori
di quello che siamo, per cercare invece di essere sinceri e trasparenti”, non ipocriti.
Via
via che il percorso di Cristo torna alla memoria attraverso i brani evangelici della
Passione, il passato è collegato all’oggi, sicché gli atti di scherno e di disprezzo
dei soldati verso Gesù giudicato da Pilato possono richiamare, per il cardinale Ruini,
alle “mille pagine della storia dell’umanità e della cronaca quotidiana” fatte di
violenza e soprusi. Alla crudeltà dell’uomo, capace “delle cose peggiori, perfino
di cose incredibili”, quando la luce del bene che alberga nella sua coscienza è “oscurata
dai risentimenti, da desideri inconfessabili, dalla perversione del cuore”.
Ma
per il porporato meditare la Passione è anche prendere atto “del dolore fisico che”
Gesù “ha dovuto sopportare”, “un dolore enorme e tremendo, fino all’ultimo respiro
sulla Croce, un dolore che non può non fare paura”.
E
se oggi “la sofferenza fisica è la più facile da sconfiggere, o almeno da attenuare”
con le nuove tecniche e metodologie”, “le anestesie e le … terapie del dolore” - che
pur non fanno scomparire la “gigantesca massa di sofferenze fisiche … nel mondo” -,
come non tener conto del fatto che “Gesù non ha rifiutato il dolore fisico”. “Così
– scrive il cardinale Ruini – si è fatto solidale con tutta la famiglia umana, specialmente
con quella grande parte di essa la cui vita, anche oggi, è segnata da questa forma
di dolore”. Allo stesso modo, anche noi dobbiamo aprirci alla solidarietà nella sofferenza
altrui.
E ricordare Gesù sotto il peso della Croce
significa anche pensare alle “tante diverse forme” di croce “nella vita di ogni giorno”,
spesso considerate sfortune o disgrazie, mentre invece, considera il porporato, il
cristiano che vuole andare dietro a Cristo rinnegando se stesso, può scorgerle come
porte che nella vita si aprono verso un bene più grande. E per quelle disgrazie che
sono perdite, c’è da pensare al Risorto che la morte l’ha già vinta. Anche se, bevendo
“fino in fondo il suo amaro calice”, rivolgendosi al Padre ha chiesto: “Dio mio, Dio
mio, perché mi hai abbandonato?”. Un grido che però richiama ad aver fiducia in Dio,
a fidarci di Lui che ha risuscitato il Figlio.
C’è
poi il ricordo di Giovanni Paolo II nelle meditazioni del cardinale Ruini; proprio
venerdì ricorrerà il quinto anniversario della morte, e considerando il male di cui
l’uomo è capace, il porporato ha voluto fare memoria di quanto Wojtyla in proposito
affermava: “il limite imposto al male, di cui l’uomo è artefice e vittima è … la Divina
Misericordia”.
E terminando la Via Crucis, arriva
il silenzio, quello che sgorga di fronte alla morte di Gesù. Silenzio di adorazione,
silenzio nel quale affidiamo noi stessi al Cristo. E guardando Maria ai piedi della
Croce, silenzio che fa comprendere come “per essere veramente cristiani … bisogna
essere legati” a Gesù con “la mente, la volontà, il cuore” nelle “piccole e grandi
scelte quotidiane”, senza ridurre Dio ad “una consolazione che dovrebbe essere sempre
disponibile”, che non deve “interferire … con gli interessi concreti in base ai quali
operiamo”.
E se dinanzi al Sepolcro di Gesù le strade
di credenti e non si dividono sulla Risurrezione, ancora oggi per i cristiani è la
notizia di Maria di Magdala agli Apostoli narrata nei Vangeli ad aver trasformato
“il cammino della Croce” in “sorgente di vita”.