L’accordo per il disarmo tra Russia e Usa è una pietra miliare: così l’Onu mentre
a Mosca e Washington si discute delle implicazioni sullo scudo-antimissile americano.
Il servizio di Fausta Speranza: Secondo
il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, l'accordo, raggiunto ieri,
tra Mosca e Washington per ridurre le testate atomiche è “un'importante pietra miliare”
“verso il disarmo ed un mondo senza armi atomiche”. Il presidente americano, Barack
Obama, e il presidente russo, Dmitri Medvedev, firmeranno il Trattato l'8 aprile a
Praga. Pochi giorni dopo, il 12, si aprirà a Washington un summit sul tema della non
proliferazione nucleare che vedrà i leader di oltre 40 Nazioni riuniti nella capitale
Usa. L’accordo bilaterale di ieri è il più importante in due decenni, ma all’indomani
dell’annuncio se ne discute nei rispettivi Paesi offrendo interpretazioni quasi opposte
sui riflessi che il trattato avrà sui controversi programmi di scudo anti-missile
degli Usa. Secondo l'amministrazione Obama, non si limita in alcun modo il raggio
di azione degli Stati Uniti in materia di scudo antimissile. Secondo Mosca, esiste
un collegamento "legalmente vincolante" tra le due cose. I due Paesi hanno allegato
al trattato due distinte dichiarazioni dove vengono ribadite le rispettive posizioni
in materia di scudo antimissile: Mosca si riserva il diritto di ritirarsi dal nuovo
trattato se lo scudo antimissile americano viene sviluppato in un modo che minaccia
la sicurezza della Russia. Washington ribadisce che il programma non intende danneggiare
la sicurezza della Russia o cambiare l'equilibrio strategico tra i due Paesi. Resta
il fatto che sia Obama che Medvedev devono ottenere la ratifica dei rispettivi parlamenti
prima che il Trattato possa entrare in vigore. Coree Sono
46 i marinai dispersi per l'affondamento della corvetta sudcoreana Cheonan, dovuto
a un'esplosione avvenuta ieri alle ore 21:45 locali. Il presidente sudcoreano, Lee
Myung-bak, ha invitato a valutare tutte le possibili opzioni all'origine dell'affondamento
della corvetta Cheonan, sollecitando ogni sforzo per la messa in salvo dei 46 dei
104 uomini d'equipaggio ancora dispersi. L’inchiesta deve procedere veloce ed essere
approfondita”, ha detto Lee durante i lavori del comitato di Sicurezza voluto d’emergenza
in mattinata, sottolineando la cautela sul coinvolgimento della Corea del Nord, rilanciata
con forza dai media di Seul poco dopo l'affondamento e poi ridimensionata da fonti
ufficiali della presidenza. Col passare del tempo, le speranze di trovare in vita
i dispersi si assottigliano e il disastro si profila come uno dei più gravi della
storia postbellica di Seul. Dalle ricostruzioni finora fatte, un'esplosione all'altezza
dell'elica avrebbe creato un grande squarcio nello scafo, facendo colare a picco la
nave con - e questa è la tragica ipotesi - molti uomini rimasti intrappolati al suo
interno. Da verificare la natura dell'esplosione: se interna, dovuta ad esempio al
carburante, o esterna, come siluro o missili, o addirittura legata ad altri fattori.
Dall'analisi delle immagini radar al momento dell'incidente, nessuna attività militare
nordcoreana, navi incluse, è stata registrata. Un'ipotesi confermata anche dal Dipartimento
di Stato americano. I soccorritori della Corea del Sud continuano le ricerche, mentre
solo una parte dello scafo emerge dalle acque profonde dai 10 ai 20 metri. Per il
recupero della Cheonan potrebbero essere necessari dai 15 ai 20 giorni. Nucleare
iraniano, Mosca tra soluzione politico-diplomatica e possibili sanzioni In
un messaggio ai partecipanti alla Conferenza della Lega Araba (che si tiene oggi a
Sirte, in Libia) il leader del Cremlino, Medvedev, ha dichiarato che la Russia vorrebbe
risolvere il problema del nucleare iraniano in modo politico-diplomatico, ma che le
sanzioni, pur non essendo la soluzione ottimale, non possono essere escluse. “Crediamo
che la soluzione del problema nucleare iraniano dovrebbe essere perseguita esclusivamente
con metodi politico-diplomatici nello stretto rispetto della carta dell'Onu”, ha detto
il presidente russo. “Siamo convinti - ha proseguito - che la via dell'uso delle sanzioni
non sia ottimale. Nello stesso tempo, non si può escludere lo sviluppo della situazione
secondo questo scenario. Si deve capire chiaramente, tuttavia, che le sanzioni devono
essere ben ponderate e non devono colpire la popolazione iraniana”.
Iraq,
Allawi ha iniziato i primi colloqui per il nuovo esecutivo L’ex premier sciita,
Iyad Allawi, e la sua lista "laica e trasversale" hanno vinto le elezioni parlamentari
irachene del 7 marzo, staccando di due seggi - 91 a 89 - il premier uscente, Nuri
al Maliki. Ma al Maliki non riconosce la sconfitta, parla di risultati ancora non
definitivi e valuta l’ipotesi di presentare ricorso dopo aver denunciato brogli. Ancora
prima dell’annuncio dei risultati, ieri, due attentati hanno provocato oltre 50 vittime.
Eugenio Bonanata ha chiesto a Ornella Sangiovanni, del sito "Osservatorio
Iraq" quali scenari si aprano sulla strada verso il nuovo esecutivo di Baghdad:
R. – Ancora
prima della formazione del nuovo esecutivo, bisogna capire se la coalizione del premier
Nouri al-Maliki, che ha perso, accetterà i risultati come legittimi. Bisognerà capire
se effettivamente li impugnerà, se ci saranno delle reazioni della piazza. Diciamo
che la situazione attuale dell’Iraq è tutt’altro che stabile. L’esito di questo voto,
sia pure molto significativo, può aprire degli scenari difficilmente governabili,
tanto più rischiosi quanto più adesso si apre la fase del progressivo ritiro delle
unità da combattimento dell’esercito statunitense, che dovrebbero essere fuori dal
Paese, per decisione di Barack Obama, entro la fine di agosto. D.
– Al di là dell’esito del voto, al-Maliki ha, comunque, un importante sostegno a livello
politico e sociale nel Paese... R. – Il premier uscente, Nouri
al-Maliki, aveva comunque alle sue dipendenze una gran parte dei servizi di sicurezza,
le forze armate e tutta una serie di clientele anche politiche. Ci sono stati dieci
governatori delle province meridionali che si erano schierati a favore della sua richiesta
di riconteggio dei voti, arrivando addirittura a delle velate minacce di secessione
delle province del sud. Insomma, non è il caso di esagerare i rischi, però sicuramente
in una situazione come quella irachena i problemi ci sono e non sono solo quelli di
natura politica. Thailandia, migliaia di soldati abbandonano
otto accampamenti militari Le cosiddette “camicie rosse” thailandesi hanno
circondato la Government House di Bangkok, ordinando ai soldati di guardia di ritirarsi
e tornare nelle caserme, altrimenti vi faranno irruzione. Si tratta di migliaia di
manifestanti, la maggioranza dei quali sogna un ritorno di Thaksin, in autoesilio
dopo essere stato deposto da un golpe nel 2006. La sede del governo è vuota perchè
dall'inizio della protesta, 15 giorni fa, il premier, Abhisit Vejjajiva, ha la sua
dede di lavoro in una caserma alla periferia della capitale. In ogni caso, la decisione
di porre la sede sotto assedio giunge dopo la vittoria riportata oggi dai sostenitori
dell'ex premier Shinawatra, che in mattinata hanno circondato otto accampamenti dei
militari, costringendoli alla ritirata. Abhisit è salito al potere nel dicembre 2008
grazie a un ribaltone parlamentare.
Domani in Italia milioni di elettori
al voto 13 regioni In Italia, è vigilia elettorale per tredici regioni. Ieri,
si è chiusa una campagna elettorale ravvivata soprattutto dalle polemiche sull’esclusione
della lista del Pdl a Roma e sulle regole dell’informazione politica televisiva. Preoccupazione
per una possibile ondata di astensionismo. Le sfide più importanti e delicate nel
Lazio e in Piemonte. Il servizio di Giampiero Guadagni:
Può essere
considerata un’occasione persa la campagna elettorale appena conclusa. Circa 41 milioni
di italiani sono chiamati a votare per eleggere 13 presidenti di regione e anche 4
presidenti di provincia e 463 sindaci. Ma il confronto su temi concreti legati al
territorio è stato offuscato dai soliti scontri che caratterizzano la vita politica
nazionale, in particolare su giustizia e informazione. E anche le coalizioni sono
nate più spesso come laboratori per le prossime elezioni politiche che come risposte
ad esigenze specifiche delle singole regioni. Si vota, ricordiamo, in Piemonte, Lombardia,
Veneto Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia,
Basilicata e Calabria. Il premier, Silvio Berlusconi, parla di nuova scelta di campo,
ma sottolinea che qualunque sarà il risultato il suo governo finirà la legislatura
portando avanti le riforme. Sull’altro fronte, il segretario del Pd, Pierluigi Bersani,
afferma che in caso di successo del centrosinistra dovrà cambiare l’agenda delle priorità
del governo. Ma in base a quali criteri lunedì prossimo a scrutini ultimati una coalizione
potrà dire di aver vinto? Il punto di riferimento è il voto del 2005, che ha assegnato
11 regioni al centrosinistra e due - Lombardia e Veneto - al centrodestra. I leader
nazionali mostrano prudenza e tengono bassa l’asticella. Per Berlusconi, vince chi
governerà la maggioranza degli italiani. Bersani, da parte sua, punta a mantenere
almeno sette regioni. Vuol dire che la situazione è di sostanziale incertezza. Ma
dall’impegno profuso dai leader la chiave del voto sembra essere soprattutto il risultato
del Lazio. Dove si affrontano due donne. Renata Polverini, leader sindacalista candidata
del centrodestra, ed Emma Bonino, leader radicale candidata del centrosinistra. La
Polverini ha sottoscritto il manifesto del Forum delle associazioni familiari, che
impegna i candidati a sostenere politiche familiari nei Consigli e nei Governi regionali.
La Bonino parla invece di interventi a favore della famiglia anagrafica e annuncia
l’intenzione di riservarsi la delega sul settore sanità. Proprio a livello regionale,
ricordiamo, sono ad esempio partite sperimentazioni sull’aborto chimico. In questo
contesto, l’appello formulato nei giorni scorsi dal presidente della Cei, il cardinale
Angelo Bagnasco, che ha ricordato i valori non negoziabili, che fondano ogni altro
valore sociale forte e sono principi cardine nelle scelte elettorali: dignità della
persona, tutela della vita in tutte le sue fasi, famiglia fondata sul matrimonio,
libertà religiosa ed educativa. Domani torna l'ora legale Alle
ore 2.00 di domenica notte, 28 marzo, entrerà in vigore l'ora estiva europea, con
conseguente spostamento in avanti di un’ora delle lancette degli orologi. L'ora legale
resterà in vigore fino alla notte tra il 30 e il 31 ottobre. Non vi saranno cambiamenti
di rilievo per il nostro Radiogiornale, che andrà in onda alle stesse ore.(Panoramica
internazionale a cura di Fausta Speranza) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 86 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.