2010-03-27 15:06:20

Storico accordo sul disarmo tra Russia e Usa


L’accordo per il disarmo tra Russia e Usa è una pietra miliare: così l’Onu mentre a Mosca e Washington si discute delle implicazioni sullo scudo-antimissile americano. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3
 
Secondo il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, l'accordo, raggiunto ieri, tra Mosca e Washington per ridurre le testate atomiche è “un'importante pietra miliare” “verso il disarmo ed un mondo senza armi atomiche”. Il presidente americano, Barack Obama, e il presidente russo, Dmitri Medvedev, firmeranno il Trattato l'8 aprile a Praga. Pochi giorni dopo, il 12, si aprirà a Washington un summit sul tema della non proliferazione nucleare che vedrà i leader di oltre 40 Nazioni riuniti nella capitale Usa. L’accordo bilaterale di ieri è il più importante in due decenni, ma all’indomani dell’annuncio se ne discute nei rispettivi Paesi offrendo interpretazioni quasi opposte sui riflessi che il trattato avrà sui controversi programmi di scudo anti-missile degli Usa. Secondo l'amministrazione Obama, non si limita in alcun modo il raggio di azione degli Stati Uniti in materia di scudo antimissile. Secondo Mosca, esiste un collegamento "legalmente vincolante" tra le due cose. I due Paesi hanno allegato al trattato due distinte dichiarazioni dove vengono ribadite le rispettive posizioni in materia di scudo antimissile: Mosca si riserva il diritto di ritirarsi dal nuovo trattato se lo scudo antimissile americano viene sviluppato in un modo che minaccia la sicurezza della Russia. Washington ribadisce che il programma non intende danneggiare la sicurezza della Russia o cambiare l'equilibrio strategico tra i due Paesi. Resta il fatto che sia Obama che Medvedev devono ottenere la ratifica dei rispettivi parlamenti prima che il Trattato possa entrare in vigore.
 
Coree
Sono 46 i marinai dispersi per l'affondamento della corvetta sudcoreana Cheonan, dovuto a un'esplosione avvenuta ieri alle ore 21:45 locali. Il presidente sudcoreano, Lee Myung-bak, ha invitato a valutare tutte le possibili opzioni all'origine dell'affondamento della corvetta Cheonan, sollecitando ogni sforzo per la messa in salvo dei 46 dei 104 uomini d'equipaggio ancora dispersi. L’inchiesta deve procedere veloce ed essere approfondita”, ha detto Lee durante i lavori del comitato di Sicurezza voluto d’emergenza in mattinata, sottolineando la cautela sul coinvolgimento della Corea del Nord, rilanciata con forza dai media di Seul poco dopo l'affondamento e poi ridimensionata da fonti ufficiali della presidenza. Col passare del tempo, le speranze di trovare in vita i dispersi si assottigliano e il disastro si profila come uno dei più gravi della storia postbellica di Seul. Dalle ricostruzioni finora fatte, un'esplosione all'altezza dell'elica avrebbe creato un grande squarcio nello scafo, facendo colare a picco la nave con - e questa è la tragica ipotesi - molti uomini rimasti intrappolati al suo interno. Da verificare la natura dell'esplosione: se interna, dovuta ad esempio al carburante, o esterna, come siluro o missili, o addirittura legata ad altri fattori. Dall'analisi delle immagini radar al momento dell'incidente, nessuna attività militare nordcoreana, navi incluse, è stata registrata. Un'ipotesi confermata anche dal Dipartimento di Stato americano. I soccorritori della Corea del Sud continuano le ricerche, mentre solo una parte dello scafo emerge dalle acque profonde dai 10 ai 20 metri. Per il recupero della Cheonan potrebbero essere necessari dai 15 ai 20 giorni.
Nucleare iraniano, Mosca tra soluzione politico-diplomatica e possibili sanzioni
In un messaggio ai partecipanti alla Conferenza della Lega Araba (che si tiene oggi a Sirte, in Libia) il leader del Cremlino, Medvedev, ha dichiarato che la Russia vorrebbe risolvere il problema del nucleare iraniano in modo politico-diplomatico, ma che le sanzioni, pur non essendo la soluzione ottimale, non possono essere escluse. “Crediamo che la soluzione del problema nucleare iraniano dovrebbe essere perseguita esclusivamente con metodi politico-diplomatici nello stretto rispetto della carta dell'Onu”, ha detto il presidente russo. “Siamo convinti - ha proseguito - che la via dell'uso delle sanzioni non sia ottimale. Nello stesso tempo, non si può escludere lo sviluppo della situazione secondo questo scenario. Si deve capire chiaramente, tuttavia, che le sanzioni devono essere ben ponderate e non devono colpire la popolazione iraniana”.

Iraq, Allawi ha iniziato i primi colloqui per il nuovo esecutivo
L’ex premier sciita, Iyad Allawi, e la sua lista "laica e trasversale" hanno vinto le elezioni parlamentari irachene del 7 marzo, staccando di due seggi - 91 a 89 - il premier uscente, Nuri al Maliki. Ma al Maliki non riconosce la sconfitta, parla di risultati ancora non definitivi e valuta l’ipotesi di presentare ricorso dopo aver denunciato brogli. Ancora prima dell’annuncio dei risultati, ieri, due attentati hanno provocato oltre 50 vittime. Eugenio Bonanata ha chiesto a Ornella Sangiovanni, del sito "Osservatorio Iraq" quali scenari si aprano sulla strada verso il nuovo esecutivo di Baghdad:RealAudioMP3

R. – Ancora prima della formazione del nuovo esecutivo, bisogna capire se la coalizione del premier Nouri al-Maliki, che ha perso, accetterà i risultati come legittimi. Bisognerà capire se effettivamente li impugnerà, se ci saranno delle reazioni della piazza. Diciamo che la situazione attuale dell’Iraq è tutt’altro che stabile. L’esito di questo voto, sia pure molto significativo, può aprire degli scenari difficilmente governabili, tanto più rischiosi quanto più adesso si apre la fase del progressivo ritiro delle unità da combattimento dell’esercito statunitense, che dovrebbero essere fuori dal Paese, per decisione di Barack Obama, entro la fine di agosto.
 
D. – Al di là dell’esito del voto, al-Maliki ha, comunque, un importante sostegno a livello politico e sociale nel Paese...
 
R. – Il premier uscente, Nouri al-Maliki, aveva comunque alle sue dipendenze una gran parte dei servizi di sicurezza, le forze armate e tutta una serie di clientele anche politiche. Ci sono stati dieci governatori delle province meridionali che si erano schierati a favore della sua richiesta di riconteggio dei voti, arrivando addirittura a delle velate minacce di secessione delle province del sud. Insomma, non è il caso di esagerare i rischi, però sicuramente in una situazione come quella irachena i problemi ci sono e non sono solo quelli di natura politica.
 
Thailandia, migliaia di soldati abbandonano otto accampamenti militari
Le cosiddette “camicie rosse” thailandesi hanno circondato la Government House di Bangkok, ordinando ai soldati di guardia di ritirarsi e tornare nelle caserme, altrimenti vi faranno irruzione. Si tratta di migliaia di manifestanti, la maggioranza dei quali sogna un ritorno di Thaksin, in autoesilio dopo essere stato deposto da un golpe nel 2006. La sede del governo è vuota perchè dall'inizio della protesta, 15 giorni fa, il premier, Abhisit Vejjajiva, ha la sua dede di lavoro in una caserma alla periferia della capitale. In ogni caso, la decisione di porre la sede sotto assedio giunge dopo la vittoria riportata oggi dai sostenitori dell'ex premier Shinawatra, che in mattinata hanno circondato otto accampamenti dei militari, costringendoli alla ritirata. Abhisit è salito al potere nel dicembre 2008 grazie a un ribaltone parlamentare.

Domani in Italia milioni di elettori al voto 13 regioni
In Italia, è vigilia elettorale per tredici regioni. Ieri, si è chiusa una campagna elettorale ravvivata soprattutto dalle polemiche sull’esclusione della lista del Pdl a Roma e sulle regole dell’informazione politica televisiva. Preoccupazione per una possibile ondata di astensionismo. Le sfide più importanti e delicate nel Lazio e in Piemonte. Il servizio di Giampiero Guadagni:RealAudioMP3

Può essere considerata un’occasione persa la campagna elettorale appena conclusa. Circa 41 milioni di italiani sono chiamati a votare per eleggere 13 presidenti di regione e anche 4 presidenti di provincia e 463 sindaci. Ma il confronto su temi concreti legati al territorio è stato offuscato dai soliti scontri che caratterizzano la vita politica nazionale, in particolare su giustizia e informazione. E anche le coalizioni sono nate più spesso come laboratori per le prossime elezioni politiche che come risposte ad esigenze specifiche delle singole regioni. Si vota, ricordiamo, in Piemonte, Lombardia, Veneto Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria. Il premier, Silvio Berlusconi, parla di nuova scelta di campo, ma sottolinea che qualunque sarà il risultato il suo governo finirà la legislatura portando avanti le riforme. Sull’altro fronte, il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, afferma che in caso di successo del centrosinistra dovrà cambiare l’agenda delle priorità del governo. Ma in base a quali criteri lunedì prossimo a scrutini ultimati una coalizione potrà dire di aver vinto? Il punto di riferimento è il voto del 2005, che ha assegnato 11 regioni al centrosinistra e due - Lombardia e Veneto - al centrodestra. I leader nazionali mostrano prudenza e tengono bassa l’asticella. Per Berlusconi, vince chi governerà la maggioranza degli italiani. Bersani, da parte sua, punta a mantenere almeno sette regioni. Vuol dire che la situazione è di sostanziale incertezza. Ma dall’impegno profuso dai leader la chiave del voto sembra essere soprattutto il risultato del Lazio. Dove si affrontano due donne. Renata Polverini, leader sindacalista candidata del centrodestra, ed Emma Bonino, leader radicale candidata del centrosinistra. La Polverini ha sottoscritto il manifesto del Forum delle associazioni familiari, che impegna i candidati a sostenere politiche familiari nei Consigli e nei Governi regionali. La Bonino parla invece di interventi a favore della famiglia anagrafica e annuncia l’intenzione di riservarsi la delega sul settore sanità. Proprio a livello regionale, ricordiamo, sono ad esempio partite sperimentazioni sull’aborto chimico. In questo contesto, l’appello formulato nei giorni scorsi dal presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, che ha ricordato i valori non negoziabili, che fondano ogni altro valore sociale forte e sono principi cardine nelle scelte elettorali: dignità della persona, tutela della vita in tutte le sue fasi, famiglia fondata sul matrimonio, libertà religiosa ed educativa.
 
Domani torna l'ora legale
Alle ore 2.00 di domenica notte, 28 marzo, entrerà in vigore l'ora estiva europea, con conseguente spostamento in avanti di un’ora delle lancette degli orologi. L'ora legale resterà in vigore fino alla notte tra il 30 e il 31 ottobre. Non vi saranno cambiamenti di rilievo per il nostro Radiogiornale, che andrà in onda alle stesse ore.(Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza) 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 86
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