2010-03-27 15:34:52

Concluso a Rio de Janeiro il “World Urban Forum” sul diritto alla città


La scuola al centro delle strategie di lotta alla povertà ed inclusione sociale. È quanto è emerso a Rio de Janeiro al V “World Urban Forum”, una delle occasioni di dibattito più importanti per il Sud del mondo. L’istruzione è stata infatti la tematica al centro della giornata di chiusura che ha visto la presentazione di “State of the Urban Youth 2010-2011”, uno studio fondato su centinaia di interviste e ricerche condotte a Rio de Janeiro, Mumbai, Kingston, Nairobi e Lagos. Nel rapporto, di cui riferisce la Misna, si evidenzia che, “a causa di politiche locali e nazionali sbagliate, chi vive nelle aree a basso reddito è costretto a frequentare scuole inadeguate dal punto di vista didattico e delle strutture”. “Un maggiore accesso all’istruzione – si afferma nello studio – è un investimento per la società futura; tassi più alti di frequenza e di completamento degli studi riducono le disparità di reddito e accrescono il Prodotto interno lordo”. “Attraverso programmi di insegnamento mirati – si legge ancora nel documento - i governi possono creare capitale umano qualificato che non solo alimenterà la crescita economica ma determinerà una riduzione delle attività criminali nelle città e farà dei giovani esponenti di valore della società”. I risultati dello studio sono stati analizzati dalla direttrice dell’ente Onu per gli insediamenti umani (Onu-Habitat) Anna Tibaijuka, che ha sottolineato che le persone di età inferiore ai 25 anni rappresentano circa la metà della popolazione mondiale e più della metà dei quasi 830 milioni di africani, latinoamericani e asiatici che vivono nelle baraccopoli. Normale dunque che il “World Urban Forum” si sia concluso guardando ai giovani, i più “vulnerabili” come ha ripetuto ancora la Tibaijuka. Sono loro a pagare per primi uno sviluppo distorto, rispetto al quale i circa 15 mila dirigenti, esperti e rappresentanti della società civile riuniti a Rio de Janeiro hanno chiesto un cambiamento radicale. “L’amministratore pubblico del XXI secolo – aveva detto aprendo i lavori il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva - deve pianificare città dove sia possibile una migliore qualità della vita, correggendo il disordine e le diseguaglianze lasciate in eredità dai governi del XX secolo che hanno permesso la nascita di tante baraccopoli”. Secondo “State of the World’s Cities 2010-2011”, uno studio diffuso alla vigilia del “Forum”, in 20 anni la popolazione delle baraccopoli è aumentata di 180 milioni soprattutto a causa dell’arrivo di migranti dalle campagne e dell’assorbimento nel tessuto urbano di villaggi a ridosso delle periferie. Caso emblematico, citato dalla Misna, è l’Angola. Secondo le statistiche ufficiali, due terzi dei 16 milioni di angolani vivono ancora nelle “musseques”, nel dialetto locale “baracche”, senza acqua né elettricità. Il dato è in linea con le cifre presentate a Rio de Janeiro: con 200 milioni di persone ai margini delle città, l’Africa resta il continente che soffre di più. (M.G.)







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