In Piazza San Pietro l'incontro del Papa con i giovani per il 25.mo anniversario delle
Gmg
Questa sera alle 20.30, in Piazza San Pietro, Benedetto XVI incontra i giovani della
diocesi di Roma e del Lazio per festeggiare il 25.mo anniversario delle Giornate Mondiali
della Gioventù. È ormai tradizione da anni questo momento di preghiera e di condivisione
che coinvolge il Papa e le nuove generazioni il giovedì antecedente la Domenica delle
Palme, giorno quest’ultimo in cui viene celebrata in tutto il mondo a livello diocesano
la Giornata Mondiale della Gioventù. L'incontro col Papa sarà preceduto da un momento
di animazione che avrà inizio alle 19.00. Ma quale bilancio si può fare delle Giornate
Mondiali della Gioventù volute da Giovanni Paolo II e cosa significa ricordarle? Tiziana
Campisi lo ha chiesto a don Maurizio Mirilli, direttore del Servizio per
la pastorale giovanile della diocesi di Roma:
R. - Venticinque
anni fa Giovanni Paolo II ebbe questa intuizione di convocare tutti i giovani per
renderli protagonisti nella Chiesa e per dire loro di essere anche una voce credibile
e forte da far risuonare un po’ in tutto il mondo. D. – Quali
sono stati i frutti delle Giornate Mondiali della Gioventù? R.
– Famiglie, famiglie cristiane, vocazioni sacerdotali, alla vita religiosa, missionari,
soprattutto tanti laici giovani - adesso un po’ meno giovani, magari adulti - con
il coraggio di essere testimoni fino in fondo. Certo i giovani che vanno alle Giornate
Mondiali della Gioventù sono giovani come tutti gli altri, però questi giovani sono
stati stimolati continuamente dal Papa, da Giovanni Paolo II prima e adesso da Benedetto
XVI, a cercare la verità, a cercare di stare dietro a Gesù Cristo e a stargli dietro
fino in fondo. Credo sia questo il desiderio che ha ciascun giovane che frequenta
le parrocchie, i gruppi, i movimenti, le associazioni: quello di cercare, di desiderare
in qualche maniera di vivere in pienezza la nostra esperienza cristiana, in mezzo
a tanti dubbi, a tante difficoltà, a tanti problemi. D. - Quanto
le Giornate Mondiali della Gioventù hanno cambiato i giovani? R.
- Hanno cambiato i giovani nel senso che prima i cristiani in generale e in modo particolare
i giovani erano molto chiusi nel proprio “ghetto”, nelle sagrestie, nelle parrocchie.
Con questa invenzione di Giovanni Paolo II, tutta la Chiesa, in particolare il mondo
giovanile è stato invitato a riconoscersi, a ritrovarsi, a unirsi e a mostrarsi con
il coraggio di chi non si vergogna di essere cristiano, con la gioia di mostrare la
bellezza del cristianesimo. D. – Quale contributo hanno dato
invece le Giornate Mondiali della Gioventù alla cristianità? R.
– Io credo il coraggio di mostrarsi per quello che si è, anche con le proprie debolezze,
il coraggio di dire al mondo che si può essere cristiani fino in fondo da giovani.
È un po’ come dire che la Chiesa è viva e giovane, usando le parole di Benedetto XVI.
Le Giornate Mondiali della Gioventù nascono e continuano a esserci proprio per questo
motivo, per dare spazio ai giovani che hanno bisogno di trovare il loro spazio nella
Chiesa. D. – Gmg: e poi? R. – Poi c’è
il lavoro quotidiano. Le Giornate Mondiali della Gioventù non si sostituiscono alla
pastorale ordinaria, la pastorale ordinaria viene rilanciata, viene in qualche maniera
sostenuta da questi eventi straordinari che si celebrano ogni tre anni e ogni anno
a livello diocesano: sono delle occasioni per ritrovarsi insieme ma poi c’è la vita
quotidiana che ovviamente va vissuta come si deve. Le Giornate Mondiali della Gioventù
sono - come dire - un aiuto a coloro che già frequentano per ridare respiro ed entusiasmo
in qualche maniera, ma sono anche un’occasione di annuncio e di missione nei confronti
dei giovani lontani.