Il Papa all'udienza generale: tutto ciò che è realmente razionale è compatibile con
la fede
Tutto ciò che è realmente razionale è compatibile con la fede rivelata nelle Sacre
Scritture, tra fede e scienza non vi è opposizione: è quanto ha detto stamani Benedetto
XVI durante l’udienza generale in Piazza San Pietro, dedicata a sant’Alberto Magno.
Ecco il testo della catechesi: Cari fratelli e sorelle, uno
dei più grandi maestri della teologia medioevale è sant’Alberto Magno. Il titolo di
"grande" (magnus), con il quale egli è passato alla storia, indica la vastità e la
profondità della sua dottrina, che egli associò alla santità della vita. Ma già i
suoi contemporanei non esitavano ad attribuirgli titoli eccellenti; un suo discepolo,
Ulrico di Strasburgo, lo definì "stupore e miracolo della nostra epoca". Nacque
in Germania all’inizio del XIII secolo, e ancora molto giovane si recò in Italia,
a Padova, sede di una delle più famose università del Medioevo. Si dedicò allo studio
delle cosiddette "arti liberali": grammatica, retorica, dialettica, aritmetica, geometria,
astronomia e musica, cioè della cultura generale, manifestando quel tipico interesse
per le scienze naturali, che sarebbe diventato ben presto il campo prediletto della
sua specializzazione. Durante il soggiorno a Padova, frequentò la chiesa dei Domenicani,
ai quali poi si unì con la professione dei voti religiosi. Le fonti agiografiche lasciano
capire che Alberto maturò gradualmente questa decisione. Il rapporto intenso con Dio,
l’esempio di santità dei Frati domenicani, l’ascolto dei sermoni del Beato Giordano
di Sassonia, successore di san Domenico nella guida dell’Ordine dei Predicatori, furono
i fattori decisivi che lo aiutarono a superare ogni dubbio, vincendo anche resistenze
familiari. Spesso, negli anni della giovinezza, Dio ci parla e ci indica il progetto
della nostra vita. Come per Alberto, anche per tutti noi la preghiera personale nutrita
dalla Parola del Signore, la frequenza ai Sacramenti e la guida spirituale di uomini
illuminati sono i mezzi per scoprire e seguire la voce di Dio. Ricevette l’abito religioso
dal beato Giordano di Sassonia. Dopo l’ordinazione
sacerdotale, i Superiori lo destinarono all’insegnamento in vari centri di studi teologici
annessi ai conventi dei Padri domenicani. Le brillanti qualità intellettuali gli permisero
di perfezionare lo studio della teologia nell’università più celebre dell’epoca, quella
di Parigi. Fin da allora sant’Alberto intraprese quella straordinaria attività di
scrittore, che avrebbe poi proseguito per tutta la vita. Gli
furono assegnati compiti prestigiosi. Nel 1248 fu incaricato di aprire uno studio
teologico a Colonia, uno dei capoluoghi più importanti della Germania, dove egli visse
a più riprese, e che divenne la sua città di adozione. Da Parigi portò con sé a Colonia
un allievo eccezionale, Tommaso d’Aquino. Basterebbe solo il merito di essere stato
maestro di san Tommaso, per nutrire profonda ammirazione verso sant’Alberto. Tra questi
due grandi teologi si instaurò un rapporto di reciproca stima e amicizia, attitudini
umane che aiutano molto lo sviluppo della scienza. Nel 1254 Alberto fu eletto Provinciale
della "Provincia Teutoniae" – teutonica - dei Padri domenicani, che comprendeva comunità
diffuse in un vasto territorio del Centro e del Nord-Europa. Egli si distinse per
lo zelo con cui esercitò tale ministero, visitando le comunità e richiamando costantemente
i confratelli alla fedeltà, agli insegnamenti e agli esempi di san Domenico. Le
sue doti non sfuggirono al Papa di quell’epoca, Alessandro IV, che volle Alberto per
un certo tempo accanto a sé ad Anagni - dove i Papi si recavano di frequente - a Roma
stessa e a Viterbo, per avvalersi della sua consulenza teologica. Lo stesso Sommo
Pontefice lo nominò Vescovo di Ratisbona, una grande e famosa diocesi, che si trovava,
però, in un momento difficile. Dal 1260 al 1262 Alberto svolse questo ministero con
infaticabile dedizione, riuscendo a portare pace e concordia nella città, a riorganizzare
parrocchie e conventi, e a dare nuovo impulso alle attività caritative. Negli
anni 1263-1264 Alberto predicava in Germania ed in Boemia, incaricato dal Papa Urbano
IV, per ritornare poi a Colonia e riprendere la sua missione di docente, di studioso
e di scrittore. Essendo un uomo di preghiera, di scienza e di carità, godeva di grande
autorevolezza nei suoi interventi, in varie vicende della Chiesa e della società del
tempo: fu soprattutto uomo di riconciliazione e di pace a Colonia, dove l’Arcivescovo
era entrato in duro contrasto con le istituzioni cittadine; si prodigò durante lo
svolgimento del II Concilio di Lione, nel 1274, convocato dal Papa Gregorio X per
favorire l’unione tra la Chiesa latina e quella greca, dopo la separazione del grande
scisma d’Oriente del 1054; egli chiarì il pensiero di Tommaso d’Aquino, che era stato
oggetto di obiezioni e persino di condanne del tutto ingiustificate. Morì
nella cella del suo convento della Santa Croce a Colonia nel 1280, e ben presto fu
venerato dai confratelli. La Chiesa lo propose al culto dei fedeli con la beatificazione,
nel 1622, e con la canonizzazione, nel 1931, quando il Papa Pio XI lo proclamò Dottore
della Chiesa. Si trattava di un riconoscimento indubbiamente appropriato a questo
grande uomo di Dio e insigne studioso non solo delle verità della fede, ma di moltissimi
altri settori del sapere; infatti, dando uno sguardo ai titoli delle numerosissime
opere, ci si rende conto che la sua cultura ha qualcosa di prodigioso, e che i suoi
interessi enciclopedici lo portarono a occuparsi non solamente di filosofia e di teologia,
come altri contemporanei, ma anche di ogni altra disciplina allora conosciuta, dalla
fisica alla chimica, dall’astronomia alla mineralogia, dalla botanica alla zoologia.
Per questo motivo il Papa Pio XII lo nominò patrono dei cultori delle scienze naturali
ed è chiamato anche "Doctor universalis" proprio per la vastità dei suoi interessi
e del suo sapere. Certamente, i metodi scientifici
adoperati da sant’Alberto Magno non sono quelli che si sarebbero affermati nei secoli
successivi. Il suo metodo consisteva semplicemente nell’osservazione, nella descrizione
e nella classificazione dei fenomeni studiati, ma così ha aperto la porta per i lavori
futuri. Egli ha ancora molto da insegnare a noi.
Soprattutto, sant’Alberto mostra che tra fede e scienza non vi è opposizione, nonostante
alcuni episodi di incomprensione che si sono registrati nella storia. Un uomo di fede
e di preghiera, quale fu sant’Alberto Magno, può coltivare serenamente lo studio delle
scienze naturali e progredire nella conoscenza del micro e del macrocosmo, scoprendo
le leggi proprie della materia, poiché tutto questo concorre ad alimentare la sete
e l’amore di Dio. La Bibbia ci parla della creazione come del primo linguaggio attraverso
il quale Dio – che è somma intelligenza, che è Logos – ci rivela qualcosa di sé. Il
libro della Sapienza, per esempio, afferma che i fenomeni della natura, dotati di
grandezza e bellezza, sono come le opere di un artista, attraverso le quali, per analogia,
noi possiamo conoscere l’Autore del creato (cfr Sap. 13,5). Con una similitudine classica
nel Medioevo e nel Rinascimento si può paragonare il mondo naturale a un libro scritto
da Dio, che noi leggiamo in base ai diversi approcci delle scienze (cfr Discorso ai
partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, 31 Ottobre 2008).
Quanti scienziati, infatti, sulla scia di sant’Alberto Magno, hanno portato avanti
le loro ricerche ispirati da stupore e gratitudine di fronte al mondo che, ai loro
occhi di studiosi e di credenti, appariva e appare come l’opera buona di un Creatore
sapiente e amorevole! Lo studio scientifico si trasforma allora in un inno di lode.
Lo aveva ben compreso un grande astrofisico dei nostri tempi, di cui è stata introdotta
la causa di beatificazione, Enrico Medi, il quale scrisse: "Oh, voi misteriose galassie
..., io vi vedo, vi calcolo, vi intendo, vi studio e vi scopro, vi penetro e vi raccolgo.
Da voi io prendo la luce e ne faccio scienza, prendo il moto e ne fo sapienza, prendo
lo sfavillio dei colori e ne fo poesia; io prendo voi stelle nelle mie mani, e tremando
nell’unità dell’essere mio vi alzo al di sopra di voi stesse, e in preghiera vi porgo
al Creatore, che solo per mezzo mio voi stelle potete adorare" (Le opere. Inno alla
creazione). Sant’Alberto Magno ci ricorda che
tra scienza e fede c’è amicizia, e che gli uomini di scienza possono percorrere, attraverso
la loro vocazione allo studio della natura, un autentico e affascinante percorso di
santità. La sua straordinaria apertura di mente
si rivela anche in un’operazione culturale che egli intraprese con successo, cioè
nell’accoglienza e nella valorizzazione del pensiero di Aristotele. Ai tempi di sant’Alberto,
infatti, si stava diffondendo la conoscenza di numerose opere di questo grande filosofo
greco vissuto nel quarto secolo prima di Cristo, soprattutto nell’ambito dell’etica
e della metafisica. Esse dimostravano la forza della ragione, spiegavano con lucidità
e chiarezza il senso e la struttura della realtà, la sua intelligibilità, il valore
e il fine delle azioni umane. Sant’Alberto Magno ha aperto la porta per la recezione
completa della filosofia di Aristotele nella filosofia e teologia medioevale, una
recezione elaborata poi in modo definitivo da S. Tommaso. Questa recezione di una
filosofia, diciamo, pagana pre-cristiana fu un’autentica rivoluzione culturale per
quel tempo. Eppure, molti pensatori cristiani temevano la filosofia di Aristotele,
la filosofia non cristiana, soprattutto perché essa, presentata dai suoi commentatori
arabi, era stata interpretata in modo da apparire, almeno in alcuni punti, come del
tutto inconciliabile con la fede cristiana. Si poneva cioè un dilemma: fede e ragione
sono in contrasto tra loro o no? Sta qui uno dei
grandi meriti di sant’Alberto: con rigore scientifico studiò le opere di Aristotele,
convinto che tutto ciò che è realmente razionale è compatibile con la fede rivelata
nelle Sacre Scritture. In altre parole, sant’Alberto Magno, ha così contribuito alla
formazione di una filosofia autonoma, distinta dalla teologia e unita con essa solo
dall’unità della verità. Così è nata nel XIII secolo una chiara distinzione tra questi
due saperi, filosofia e teologia, che, in dialogo tra di loro, cooperano armoniosamente
alla scoperta dell’autentica vocazione dell’uomo, assetato di verità e di beatitudine:
ed è soprattutto la teologia, definita da sant’Alberto "scienza affettiva", quella
che indica all’uomo la sua chiamata alla gioia eterna, una gioia che sgorga dalla
piena adesione alla verità. Sant’Alberto Magno
fu capace di comunicare questi concetti in modo semplice e comprensibile. Autentico
figlio di san Domenico, predicava volentieri al popolo di Dio, che rimaneva conquistato
dalla sua parola e dall’esempio della sua vita. Cari
fratelli e sorelle, preghiamo il Signore perché non vengano mai a mancare nella santa
Chiesa teologi dotti, pii e sapienti come sant’Alberto Magno e aiuti ciascuno di noi
a fare propria la "formula della santità" che egli seguì nella sua vita: "Volere tutto
ciò che io voglio per la gloria di Dio, come Dio vuole per la sua gloria tutto ciò
che Egli vuole", conformarsi cioè sempre alla volontà di Dio per volere e fare tutto
solo e sempre per la Sua gloria.