La dura condanna del cardinale Bagnasco degli abusi sessuali sui minori commessi dal
clero al Consiglio permanente della Cei
Profondo dolore e insopprimibile vergogna dai vescovi italiani per i recenti casi
di abusi sessuali sui minori da parte di eccelsiastici. Ad esprimerli è stato il presidente
della Conferenza episcopale italiana (Cei), il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo
Bagnasco, che ieri pomeriggio a Roma ha aperto i lavori del Consiglio episcopale permanente.
“La pedofilia – ha detto – è sempre aberrante, ma è ancora più grave se commessa da
una persona consacrata”. In vista del voto delle prossime regionali in Italia, il
porporato ha chiesto di tenere conto nei programmi dei candidati del rispetto del
valore non negoziabile della vita. Infine, ha levato un appello alla politica internazionale
per il rispetto delle minoranze cristiane, oggetto di attacchi in varie parti del
mondo. Il servizio di Paolo Ondarza.
“La pedofilia
è sempre qualcosa di aberrante e, se commessa da una persona consacrata, acquista
una gravità ancora maggiore”. Il cardinale Bagnasco aprendo il Consiglio permanente
della Cei sottolinea la piena sintonia della Chiesa italiana con il Papa. “La trasparenza
è un punto d’onore della nostra azione pastorale”, ha detto:
“Insieme
al profondo dolore e ad un insopprimibile senso di vergogna, noi vescovi ci uniamo
al pastore universale nell’esprimere tutto il nostro rammarico e la nostra vicinanza
a chi ha subito il tradimento di un’infanzia violata”.
I vescovi assicurano
di aver intensificato lo sforzo educativo dei candidati al sacerdozio e la vigilanza
per prevenire situazioni non compatibili con la scelta di Dio. “Nel momento in cui
sente su di sé l’umiliazione – ha proseguito – la Chiesa impara dal Papa a non avere
paura della verità, anche quando è dolorosa e odiosa, a non tacerla o coprirla. Questo
però non significa subire strategie di discredito generalizzato: tutti dobbiamo interrogarci
su una cultura oggi imperante, che “coltiva l’assoluta autonomia dai criteri del giudizio
morale, esaspera la sessualità, sganciandola dal suo significato antropologico, l’edonismo
e il relativismo”. Nell’anno sacerdotale in corso, il presidente della Cei ha rivolto
un appello a tutti gli ecclesiastici: “Non ci sono ruoli da interpretare come 'un
privilegio personale' o occasioni per 'una brillante carriera', ma solo un servizio
da rendere con dedizione e umiltà: essere preti è una risposta d’amore ad una dichiarazione
d’amore”. “Nessun caso tragico – ha proseguito il porporato – può oscurare la bellezza
del ministero sacerdotale, nè mettere in discussione il celibato”:
“In
quest’ora delicata, una parola ci sentiamo in dovere di rivolgere a voi, amati sacerdoti
che fate il vostro dovere con fede, amore e dignità. Noi vescovi, insieme al Papa,
onoriamo la vostra dedizione limpida e generosa per il bene autentico della gente,
a cominciare dai bambini e dai ragazzi”. Guardando all’Italia,
il cardinale Bagnasco ha denunciato la stagnazione etica che contraddistingue la vita
sociale, chiedendo di evitare un irriducibile pessimismo che fotografa l’Italia sempre
in declino rispetto agli altri Paesi:
“Rimestare sistematicamente nel
fango, fino a fare apparire l’insieme opaco, se non addirittura sporco, a che cosa
serve? E’ l’amore per la verità o qualcos’altro di meno confessabile?”
Nuovo
richiamo ad un’idea alta di politica e duro monito: occorre mettere fine a quella
falsa indulgenza secondo la quale, poiché tutti sembrano rubare, ciascuno si ritiene
autorizzato a farlo. Forte poi il monito al rispetto della vita: il porporato commenta
il recente rapporto sull’aborto in Europa, secondo il quale a quasi tre milioni di
bimbi nel 2008 è stato negato il diritto a nascere: un’ecatombe progressiva”, spiega
il cardinale Bagnasco, in una società che tende a minimizzare le implicanze della
soppressione della vita sia sul piano personale che su quello culturale. La promozione
delle pillole abortive – ha proseguito – ha comportato che la “rivoluzione iniziata
negli anni Settanta per sottrarre l’aborto alla clandestinità si concluda paradossalmente
con il risultato dell’invisibilità etica e sociale di questa pratica”.
Ma
quale solidarietà sociale è possibile, si è chiesto, se si rifiuta o si sopprime la
vita, specialmente la più debole? In questo contesto – ha proseguito il presidente
dei vescovi italiani – sarà bene che la cittadinanza inquadri con molta attenzione
ogni singola verifica elettorale, sia nazionale, sia locale e quindi regionale, a
partire dal rispetto nei programmi dei candidati dei valori non negoziabili: la dignità
della persona, l’indisponibilità della vita dal concepimento alla morte naturale,
la libertà religiosa, educativa e scolastica, la vita fondata sul matrimonio tra uomo
e donna.
“È solo su questo fondamento che si impiantano e vengono garantiti
altri indispensabili valori come il diritto al lavoro e alla casa; la libertà di impresa
finalizzata al bene comune, l’accoglienza verso gli immigrati, rispettosa delle leggi
e volta a favorire l’integrazione; il rispetto del Creato. Quale solidarietà sociale,
infatti, se si rifiuta o si sopprime la vita, specialmente la più debole?”
Sul
fronte economico e occupazionale, il porporato ha ricordato che “le crisi non si superano
tagliando semplicemente posti di lavoro, ma sforzandosi di immaginare il nuovo”. Altro
fronte caldo toccato dal presidente della Cei è stato quello di una “fondamentale
strategia di integrazione degli immigrati presenti sul territorio italiano”. Alla
luce dei fatti di Rosarno e di via Padova a Milano il cardinale Bagnasco ha detto
"no" alle cosiddette “isole etniche”, "sì" a soluzioni che tengano coesa la cittadinanza:
“Nessuna
persona ha il diritto di ritenersi superiore ad altre: gli immigrati sono donne e
uomini come noi. L’uguaglianza, prima di essere un principio sancito dalla Costituzione,
è una consapevolezza attinta da una cultura che ha potuto sedimentarsi grazie anche
all’influsso esercitato lungo i secoli dal Vangelo”. Sul fronte
internazionale il cardinale Bagnasco ha ricordato la recrudescenza degli attacchi
ai cattolici in diversi contesti: dalle manifestazioni blasfeme in India, alle persecuzioni
in Malaysia, Egitto, Algeria, Iraq. “La mitezza che contrassegna
in generale la risposta cattolica non può essere però fraintesa: nessuno ha il diritto
di farsi padrone degli altri in nome di Dio”. Da qui, l’appello
alla politica internazionale perché assuma iniziative urgenti per assicurare a tutti
gli uomini, in ogni luogo, il sacrosanto rispetto della libertà di credo e di culto.