I vescovi scandinavi in visita ad Limina: le sfide della minoranza cattolica in una
società secolarizzata
I vescovi della Scandinavia hanno iniziato oggi in Vaticano la loro visita “ad Limina”:
i primi presuli sono stati ricevuti stamani dal Papa. Questa Conferenza episcopale
comprende cinque Paesi: Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca e Islanda. I cattolici
in questa area sono una piccola minoranza: non arrivano al 3%. Sulla situazione della
Chiesa in questa regione nord-europea Anna Charlotta Smeds ha intervistato
mons. Anders Arborelius, presidente della Conferenza episcopale della Scandinavia:
R. - La
maggior parte dei cattolici in Scandinavia è di origine straniera e il loro numero
sta crescendo ogni anno proprio grazie all’immigrazione. Arrivano cattolici da Polonia,
Lituania, America Latina, Africa, Medio Oriente. Qui sono venuti molti cristiani iracheni.
C’è dunque la sfida di unire tutti questi fedeli che provengono da tanti Paesi diversi.
In una piccola parrocchia si possono trovare fedeli di 50 e più nazionalità. La sfida
per noi è di aiutare queste persone a crescere insieme per formare un unico corpo
ecclesiale.
D. - Qual è la situazione delle vocazioni?
R.
- Certo, essendo i nostri Paesi d’immigrazione, non abbiamo mai abbastanza vocazioni
autoctone per assistere chi viene da noi. Quindi, dipendiamo dai sacerdoti che vengono
dall’estero. Comunque, ogni anno c’è qualche sacerdote della Scandinavia che viene
ordinato e i numeri delle vocazioni nei monasteri di vita contemplativa sono abbastanza
buoni. Per quanto riguarda invece gli istituti religiosi femminili di vita attiva
c’è un numero molto basso di vocazioni.
D. - Le società
scandinave sono molto secolarizzate. Come affronta questa situazione la Chiesa locale?
R. - Questo è il contesto in cui viviamo e il nostro
compito quotidiano è di cercare di essere testimoni della fede in una società piuttosto
secolarizzata. Tuttavia, oggi notiamo che c’è molto più interesse nella religione:
i giornali parlano di preghiera, di Dio e della Chiesa, a volte, è vero, in modo molto
critico, ma almeno se ne parla. Prima la situazione era molto diversa, perché non
si facevano domande sulla religione, non se ne parlava. Oggi invece se ne discute
molto e la gente è più aperta di quanto pensiamo. Questo è per noi anche un’opportunità
per annunciare il Vangelo alla gente della Scandinavia.
D.
- Che cosa ha lasciato la storica visita di Giovanni Paolo II in Scandinavia nel 1989?
R.
- Ha aperto molte porte: la società si è resa conto che il cattolicesimo è una realtà
nei nostri Paesi e penso che specialmente per gli altri gruppi cristiani è stata una
sorta di rivelazione. Come qualcuno ha osservato, ci si è resi conto che i cattolici
sono cristiani e non qualcos’altro.
D. – Per il prossimo
mese di maggio la Conferenza episcopale scandinava promuoverà un Congresso dedicato
alla famiglia. Cosa ci può dire in proposito?
R. -
Per noi la famiglia è sempre più importante nella nostra società, dove è molto debole
per il prevalere di un’ideologia individualista. Pensiamo che mettere la famiglia
al primo posto sia anche un’opera di evangelizzazione: ci sono tante persone che si
sentono sole e le relazioni interpersonali sono diventate molto difficili. Quindi
pensiamo che la visione cristiana della famiglia possa essere molto importante come
via per portare il Vangelo ai popoli scandinavi.
D.
- Quali sono oggi i rapporti con le altre Chiese cristiane, in particolare con la
Chiesa luterana?
R. - Con la Chiesa luterana abbiamo
appena concluso un dialogo sulla Dottrina della Giustificazione. È stata una iniziativa
congiunta svedese e finlandese e un documento sarà pubblicato a breve. Penso che sia
stato un segno profetico dimostrare che su questo punto siamo oggi molto più vicini,
perché su tante altre questioni la situazione è diventata un po’ difficile. Ad esempio,
quando la Chiesa luterana di Svezia ha riconosciuto i matrimoni omosessuali è stato
un momento tragico per l’ecumenismo nel nostro Paese. Ma dobbiamo continuare a cercare
terreni comuni di dialogo. È inoltre significativo il cambiamento dell’atteggiamento
di molte Chiese che prima erano piuttosto anti-cattoliche: oggi, invece, su tanti
temi abbiamo una base comune da cui partire. Con la Chiesa ortodossa e quelle orientali
che sono presenti nei nostri Paesi abbiamo certamente molto in comune. L’ecumenismo
è diventato ormai un compito urgente nei nostri Paesi, dove i cristiani sono pochi
ed è importante essere capaci di dimostrare che abbiamo una fede comune in Gesù, perché
molta gente da fuori parla solo dei conflitti tra i cristiani.
D.
- Con le altre comunità religiose, ad esempio i musulmani, c’è collaborazione?
R.
- In Svezia i musulmani sono aumentati. Ad esempio a Malmö c’è più gente che frequenta
la moschea che le chiese luterane. È dunque molto urgente trovare un dialogo più profondo
con i musulmani su diverse questioni e sappiamo che su alcuni punti abbiamo la stessa
opinione. Ad esempio, i musulmani non accettano i matrimoni omosessuali e questo vale
anche per altre questioni etiche. Quindi, direi che la presenza dei musulmani nei
nostri Paesi ha reso la religione più presente in Scandinavia. La nostra società secolarizzata
non sa come gestire questa situazione, ma i cristiani potrebbero fare in qualche modo
da ponte tra questa società e i musulmani provenienti da altri Paesi. In vari luoghi
abbiamo molte iniziative per mettere in contatto cristiani e musulmani. Esistono,
naturalmente, anche difficoltà: ad esempio numerosi cristiani fuggiti dall’Iraq da
una situazione di persecuzione in quel Paese hanno forti risentimenti per il modo
in cui sono stati trattati dai gruppi islamici. Quindi è una sfida cercare un dialogo
più profondo con l’Islam e le altre comunità religiose. Con la comunità ebraica, infine,
abbiamo ottime relazioni, ad esempio in Svezia, dove cattolici ed ebrei hanno vissuto
la stessa storia di minoranza e di lotta per la parità dei diritti.