Italia: giovani laureati alle prese con disoccupazione e basse retribuzioni
In Italia è sempre più difficile trovare lavoro per i laureati. Non fanno eccezione
neppure i percorsi tradizionalmente “forti”, come ad esempio ingegneria. Lo stipendio
mensile netto ad un anno dalla laurea è di circa 1100 euro. Cinque anni dopo il conseguimento
del titolo accademico, la retribuzione arriva mediamente a poco più di 1300 euro.
E’ quanto emerge dal dodicesimo rapporto sulla condizione occupazionale di "AlmaLaurea",
la banca dati alla quale aderiscono 60 atenei. Per un commento sui risultati di questa
indagine, ecco la riflessione del direttore di "AlmaLaurea", il prof. Andrea Cammelli,
intervistato da Amedeo Lomonaco:
R. – I numeri
che vengono fuori da questa indagine sono preoccupanti, ma i giovani devono guardare
questa situazione sapendo che quando usciranno dall’università fra quattro, cinque,
sei anni la situazione sarà sicuramente cambiata. Sicuramente ci sarà una situazione
nella quale la loro competenza e la loro preparazione risulteranno vincenti. In questo
momento guai a pensare che, quindi, non valga la pena di studiare. I giovani, invece,
devono rimboccarsi le maniche e studiare di più, devono studiare meglio. Bisogna che
i giovani prendano in mano il loro destino in modo concreto. D.
– Nell’indagine, si evidenzia che in Europa l’Italia risulta agli ultimi posti per
quanto riguarda la spesa per ricerca e sviluppo in rapporto al Pil. La situazione
non cambia se si prende in esame anche la spesa per l’istruzione universitaria. Si
tratta, anche in questo caso, di dati preoccupanti… R. – Anche
negli anni peggiori, anche negli anni di carestia i contadini risparmiano su tutto
ma non risparmiano sulla semina. E' questo l’invito che facciamo naturalmente al governo
e alle forze politiche. Il Paese deve investire molto di più in istruzione, in ricerca,
in sviluppo anche in questi anni. Noi dobbiamo varcare le Alpi anche dal punto di
vista della formazione in modo da poter fare dei confronti alla pari, dei confronti
con lo sforzo che gli altri Paesi stanno facendo anche in situazioni economiche molto
difficili. Si deve essere sorretti dalla convinzione che gli investimenti in istruzione,
formazione e ricerca sono strategici. Non sono aspetti ai quali si dedica qualche
risorsa quando ce ne sono in più... D. – In questa fase segnata
dalle conseguenze negative della crisi economica mondiale, crescono dunque in Italia
i disoccupati tra i laureati e mediamente diminuiscono gli stipendi dopo la laurea.
Si possono comunque cogliere segnali positivi? R. – Sì, vi sono
segnali anche positivi. E' vero che la disoccupazione è cresciuta in questo anno fra
i laureati. Però in termini comparativi l’investimento in istruzione superiore, quella
universitaria, ancora oggi rende di più per quanto concerne l'occupazione. Anche la
retribuzione, seppure calata, resta pur sempre un investimento importante perché nel
lungo arco complessivo della vita il laureato guadagna in media il 55 per cento in
più di quanto guadagna il diplomato. Quindi, bisogna che il Paese non dimentichi intanto
che ha pochi giovani e che su quelli che restano - il nostro futuro - dobbiamo investire
di più. Ai giovani occorre destinare le migliori risorse del Paese.