La denuncia dell’Economist: almeno 100 milioni di bambine eliminate nel mondo
Una giovane coppia aspetta il primo figlio. Vivono in una regione povera del mondo,
ma in forte sviluppo, e nonostante abbiano potuto studiare e godano di benessere economico,
la tradizione ha insegnato loro di preferire i maschi alle femmine. Questa credenza
in loro è molto radicata, così, quando fanno un’ecografia e scoprono che il nascituro
sarà una bambina, si trovano davanti a una scelta di fondo. Cosa faranno? È la domanda
che si pone il periodico britannico The Economist in edicola dal 4 marzo, che denuncia
il massacro di bambine in alcune zone in via di sviluppo del mondo come in Cina e
nell’India settentrionale, dove nascono 120 maschi ogni 100 femmine. Non conta che,
secondo recenti ricerche scientifiche, i maschi siano più esposti alle malattie infantili.
Un vero e proprio genocidio. Secondo l’inchiesta, citata dall’agenzia Zenit, in certe
aree le donne stanno scomparendo e c’è un “numero innaturale” di maschi: in Cina,
ad esempio, il rapporto è 108 a 100 nella generazione di nati a metà degli anni Ottanta;
nel 2000 di 124 a 100, in alcune province rurali addirittura di 130 a 100. Ma non
bisogna colpevolizzare soltanto la Cina: questo fenomeno esiste in tutti i continenti
e coinvolge tutte le classi sociali, soprattutto quelle più ricche e a più elevato
grado d’istruzione. Paese virtuoso è invece la Corea del sud, che dal 1990 ha deciso
di invertire la tendenza: grazie ad atteggiamenti antidiscriminatori e leggi sulla
parità il rapporto maschi-femmine sta tornando alla normalità. Per favorire il cambiamento,
secondo l’Economist, la Cina dovrebbe innanzitutto abolire la politica del figlio
unico, adottata per ridurre l’aumento della popolazione e tutti i Paesi promuovere
l’istruzione delle donne, abolire le leggi che le discriminano e i limiti relativi
al sesso. (R.B.)