Iniziative in tutto il mondo per ricordare Chiara Lubich a due anni dalla sua scomparsa.
Al Campidoglio convegno dal titolo: Chiara, una vita per l’unità
Nel secondo anniversario della scomparsa di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento
dei Focolari, avvenuta il 14 marzo 2008 a Rocca di Papa, molteplici sono le iniziative
in corso in tutto il mondo. Per ricordare la sua figura, ma soprattutto per rimettere
a fuoco la sua idea di fraternità universale a Roma, questo pomeriggio, si terrà un
Convegno al Campidoglio dove 10 anni fa venne conferita alla Lubich la cittadinanza
romana. Ma qual è l’attualità del pensiero e della vita di Chiara oggi? Gabriella
Ceraso lo ha chiesto a Maria Voce, attuale presidente dei Focolari:
R.
– Il carisma di Chiara vive e vive al di là della presenza fisica di Chiara, per cui
anche noi non sentiamo di fare una commemorazione ma di celebrare questa vita che
Chiara ci ha donato e che continua nell’anima di tutti quelli che l’hanno seguita
e di tutti quelli che continuano a conoscerla anche non avendola vista di persona.
Continuano a conoscerla attraverso la vita delle persone del Movimento, che sono un
po’ in tutto il mondo e che testimoniano la validità di questo carisma, che è un carisma
di unità, di amore scambievole e un carisma di impostazione di ponti fra le persone
e questo al di là di qualsiasi differenza, di qualsiasi distanza, di mentalità, di
età, cultura, religione.
D. – Qual è il suo rapporto
con Chiara ora che non c’è più fisicamente?
R. – Ho
l’impressione che Chiara sia dentro di me. Tante volte ho come l’impressione, non
di doverla chiamare, di doverle chiedere qualcosa – anche se qualche volta mi rivolgo
a lei per capire come lei avrebbe fatto, che cosa avrebbe risposto in una determinata
circostanza – ma ho più forte l’impressione che lei è dentro di me e che mi guida,
diciamo dal di dentro.
D. – La cittadinanza - Chiara
ne ha ricevute tante – da un valore particolare alla dimensione città?
R.
– Danno un valore particolare perché, logicamente, questo desiderio di costruire un’unità
era evidente che in Chiara cominciava dai prossimi, quindi dai più vicini, dalla sua
famiglia ma poi si allargava, man mano, per cerchi concentrici ed arrivava anche ad
una dimensione politica. Per cui Chiara quando riceveva le cittadinanze era contenta,
perche sentiva che si stabiliva un legame particolare con quella città che le dava
questo onore della cittadinanza; cercava a sua volta di donare lei qualche cosa da
cittadina a quella città e sentiva che poteva donare l’impegno suo e delle persone
del Movimento nella città a tessere rapporti con tutti, a costruire questi legami
di fraternità.
D. – Anche per Roma è stato così…
R.
– Anche per Roma è stato così, poi Roma è stata sempre nel cuore di Chiara in modo
particolare. Da quando aveva appena cominciato a Trento ha sentito il desiderio, il
bisogno di venire a Roma come centro della cristianità e ha sempre voluto che il rapporto
del Movimento con le autorità – anche con l’amministrazione comunale – fosse sempre
più stretto perché il Movimento potesse dare il meglio di sé per questa città.
Partecipano
al Convegno in Campidoglio incentrato sul tema “Chiara Lubich: una vita per l’unità”
anche numerose personalità civili e religiose. Tra queste l’imam della moschea di
Harlem, Izak el Pasha, e il rabbino di New York, Michael Schevach, testimoni di una
storica pagina di dialogo interreligioso. Adriana Masotti ne ha chiesto un
ricordo a mons. Piero Coda, teologo, tra i presenti oggi al Convegno:
R.
– Fu un avvenimento certamente eccezionale: una donna cristiana, bianca, che parlava
in una moschea dei Black Muslims a New York. Chiara, col suo carisma, è riuscita ad
aprire delle strade inedite di incontro con i musulmani, con i buddisti, con le varie
religioni, a cominciare innanzitutto dal popolo ebraico. Ricordo che io ero seduto
in terra in quella moschea, avendo accanto il rabbino Michael Shevack che, dopo aver
ascoltato Chiara, mi disse: “E’ incredibile!”. Era incredibile il fatto che cristiani,
ebrei e musulmani si trovavano insieme, in un clima di fraternità, di accoglienza
reciproca, prendendo da lì, insieme, il soffio dello spirito che spinge verso una
comprensione sempre più profonda, nel rispetto reciproco.
D.
– A due anni dalla morte della fondatrice dei Focolari c’è una parola d’ordine, un
mandato su cui il movimento si è concentrato in modo particolare?
R.
– C’è una parola che fa da leitmotiv, una parola che Chiara ha lasciato in eredità,
tra le altre: “essere una famiglia”, cioè camminare insieme nella condivisione, nella
reciprocità dell’amore, in quell’unità che è la Parola suprema di Gesù. Questo, l’essere
una famiglia, vale all’interno dell’esperienza del Movimento dei Focolari, ma anche
all’interno della comunità ecclesiale e per la famiglia umana. E’ una parola d’ordine
che dà speranza a tutta l’umanità.