2010-03-12 12:41:52

Il Papa alla Congregazione per il Clero: abbiamo bisogno di sacerdoti che parlino di Dio al mondo. Riaffermato il valore del celibato, dono di sé a Dio e agli altri


C’è bisogno di sacerdoti che, senza seguire le mode culturali, testimonino la presenza di Dio al mondo: è il cuore dell’appassionato discorso che Benedetto XVI ha rivolto stamani ai 700 partecipanti, tra vescovi e sacerdoti, al Convegno teologico promosso dalla Congregazione per il Clero. Il Papa si è soffermato sul tema dell’incontro “Fedeltà di Cristo, Fedeltà del Sacerdote”, ribadendo il valore del celibato e invitando i sacerdoti a contrastare quei riduzionismi che vorrebbero trasformare il prete in un “operatore sociale”. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto dal cardinale Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero. Il porporato ha manifestato la sua "piena solidarietà, comunione, appoggio e preghiera" al Papa, in tempi "non facili e spesso colmi di sofferenze per la Chiesa". Il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

Il mondo di oggi ha bisogno di sacerdoti che lo siano fino in fondo. Benedetto XVI ribadisce che in un’epoca “incline a sfumare ogni tipo di concezione identitaria, da molti ritenuta contraria alla libertà e alla democrazia”, bisogna avere ben chiara “la peculiarità teologica del Ministero ordinato”. E ciò “per non cedere alla tentazione di ridurlo alle categorie culturali dominanti”:

 
“In un contesto di diffusa secolarizzazione, che esclude progressivamente Dio dalla sfera pubblica, e, tendenzialmente, anche dalla coscienza sociale condivisa, spesso il sacerdote appare 'estraneo' al sentire comune, proprio per gli aspetti più fondamentali del suo ministero, come quelli di essere uomo del sacro, sottratto al mondo per intercedere a favore del mondo, costituito, in tale missione, da Dio e non dagli uomini”.

 
E avverte che “è importante superare pericolosi riduzionismi” che, nei decenni passati, “hanno presentato il sacerdote quasi come un ‘operatore sociale’ rischiando di tradire lo stesso Sacerdozio di Cristo”. Bisogna invece “riaffermare, anche ai nostri giorni il valore del sacro celibato”. Esso, spiega il Papa, è “un’autentica profezia del Regno”, “espressione del dono di sé a Dio e agli altri”:
 
“Come si rivela sempre più urgente l’ermeneutica della continuità per comprendere in modo adeguato i testi del Concilio Ecumenico Vaticano II, analogamente appare necessaria un’ermeneutica che potremmo definire “della continuità sacerdotale”, la quale, partendo da Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, e passando attraverso i duemila anni della storia di grandezza e di santità, di cultura e di pietà, che il Sacerdozio ha scritto nel mondo, giunga fino ai nostri giorni”.
 
Nel tempo in cui viviamo, prosegue il Pontefice, è importante che la chiamata al sacerdozio “fiorisca nel carisma della profezia”:
 
“C’è grande bisogno di sacerdoti che parlino di Dio al mondo e che presentino a Dio il mondo; uomini non soggetti ad effimere mode culturali, ma capaci di vivere autenticamente quella libertà che solo la certezza dell’appartenenza a Dio è in grado di donare”.
 
Il Papa sottolinea che “la profezia più necessaria è quella della fedeltà, che partendo dalla Fedeltà di Cristo all’umanità, attraverso la Chiesa ed il Sacerdozio ministeriale, conduca a vivere il proprio sacerdozio nella totale adesione a Cristo e alla Chiesa”. Infatti, è la sua riflessione, “il sacerdote non appartiene più a se stesso, ma, è ‘proprietà’ di Dio”. E questo suo “essere di un Altro”, soggiunge il Papa, “deve diventare riconoscibile da tutti, attraverso una limpida testimonianza”:
 
“Nel modo di pensare, di parlare, di giudicare i fatti del mondo, di servire e amare, di relazionarsi con le persone, anche nell’abito, il sacerdote deve trarre forza profetica dalla sua appartenenza sacramentale, dal suo essere profondo. Di conseguenza, deve porre ogni cura nel sottrarsi alla mentalità dominante, che tende ad associare il valore del ministro non al suo essere, ma alla sua funzione, misconoscendo, così, l’opera di Dio, che incide nell’identità profonda della persona del sacerdote, configurandolo a Sé in modo definitivo”.
 
Quella del sacerdote, evidenzia il Pontefice, è dunque “un’altissima vocazione che rimane un grande Mistero anche per quanti l’hanno ricevuta in dono”:
 
“I nostri limiti e le nostre debolezze devono indurci a vivere e a custodire con profonda fede tale dono prezioso, con il quale Cristo ci ha configurati a Sé, rendendoci partecipi della Sua Missione salvifica”.
 
Il Papa ribadisce la necessità di “una vita profetica, senza compromessi”, che “favorirà l’avvento del Regno di Dio già presente e la crescita del Popolo di Dio nella fede”. E conclude il suo discorso con una esortazione che è anche una sfida per i sacerdoti di oggi:
 
“Carissimi sacerdoti, gli uomini e le donne del nostro tempo ci chiedono soltanto di essere fino in fondo sacerdoti e nient’altro".

 
"I fedeli laici - è il suo incoraggiamento - troveranno in tante altre persone ciò di cui umanamente hanno bisogno, ma solo nel sacerdote potranno trovare quella Parola di Dio che deve essere sempre sulle sue labbra”. 







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