Nigeria: a Jos tre giorni di lutto dopo le violenze. Migliaia i profughi
Sono cominciati nello stato di Plateau i tre giorni di digiuno e preghiera in memoria
delle vittime delle violenze avvenute nel fine-settimana alla periferia della capitale
Jos. “Invito tutti a implorare Dio perché perdoni i nostri peccati e riporti la pace”
ha detto il governatore locale, Jonah Jang, in un discorso trasmesso in diretta televisiva,
nel corso del quale ha indetto tre giorni di lutto a partire da oggi. “Dobbiamo posare
la spada e lavorare per la pace, poiché la violenza non servirà a risolvere i problemi”
ha aggiunto il governatore, in riferimento alle tensioni intercomunitarie che hanno
portato nella notte tra sabato e domenica scorsi a un attacco di pastori nomadi di
etnia fulani contro villaggi abitati in prevalenza da contadini di etnia berom. In
queste ore inoltre, migliaia di donne vestite di nero stanno sfilando nelle strade
di Jos per dire “no” alla violenza e chiedere il ritiro dell’esercito dalla cittadina
dove, sostengono, “i soldati hanno fallito nel compito di proteggere la popolazione”.
Il capo coperto con lunghi drappi neri e nelle mani rami di mango, in segno di pace,
le donne hanno marciato in direzione della sede del governatore, bloccando la circolazione
e scandendo slogan per la pace e contro i militari. Dal canto suo Robin Waudo, responsabile
del Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr), conferma che sono circa 8000
le persone costrette a lasciare le loro case dopo le violenze. Secondo Waudo, 5000
persone sono state costrette a lasciare le loro case a Dogo-Na-Hawa e negli altri
villaggi alla periferia sud di Jos sconvolti dalle violenze di domenica. Altre 3000
persone, calcola il responsabile del Cicr, hanno abbandonato la città e trovato rifugiato
in alcuni campi nello stato vicino di Bauchi. “Le squadre di operatori con le quali
siamo in contatto costante – dice Waudo – hanno confermato che lunedì a Dogo-Na-Hawa
sono state seppellite almeno 300 persone”. Il Cicr ha cominciato a distribuire acqua
e cibo agli sfollati, ma sottolinea che la situazione resta “tesa”. (R.P.)