2010-03-11 14:16:49

Benedetto XVI sul Sacramento della Riconciliazione: tocca i cuori col conforto divino in un mondo che ha perso il senso di Dio e del peccato


“Tornare al confessionale, come luogo nel quale celebrare il Sacramento della Riconciliazione, ma anche come luogo in cui ‘abitare’ più spesso, perché il fedele possa trovare misericordia, consiglio e conforto, sentirsi amato e compreso da Dio”. E’ lo scenario che Benedetto XVI ha indicato ai sacerdoti nell’udienza concessa ai partecipanti al Corso sul Foro interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica. Il Papa ha invitato a mostrare “la bellezza e la grandezza della bontà del Signore” alla gente di oggi, tentata da un relativismo che offusca le coscienze. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

Se sbiadisce l’esperienza di Dio, si dissolve il senso del peccato: e questa è la realtà che si respira oggi in modo diffuso. Ma se le persone sono aiutate all’incontro con Dio come a un “dialogo di salvezza” con un Padre buono che le ama, ecco che la conversione del cuore porta a un diverso stile di vita, alla rinuncia al male. Mediatore e strumento per eccellenza di questo incontro sono il sacerdote e il Sacramento della Riconciliazione. Su questi punti, Benedetto XVI ha costruito la sua riflessione al cospetto degli esperti e dei sacerdoti che hanno partecipato al Corso annuale della Penitenzieria Apostolica sul Foro interno, ricevuti in udienza:
 
“La ‘crisi’ del Sacramento della Penitenza, di cui spesso si parla, interpella anzitutto i sacerdoti e la loro grande responsabilità di educare il Popolo di Dio alle radicali esigenze del Vangelo. In particolare, chiede loro di dedicarsi generosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali; di guidare con coraggio il gregge, perché non si conformi alla mentalità di questo mondo, ma sappia compiere scelte anche controcorrente, evitando accomodamenti o compromessi”. 
Compromessi che sono tipici dell’attuale “contesto culturale segnato”, ha constatato il Papa...
 
“…dalla mentalità edonistica e relativistica, che tende a cancellare Dio dall’orizzonte della vita, non favorisce l’acquisizione di un quadro chiaro di valori di riferimento e non aiuta a discernere il bene dal male e a maturare un giusto senso del peccato. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che c’è una sorta di circolo vizioso tra l’offuscamento dell’esperienza di Dio e la perdita del senso del peccato”. 
Ed è in antitesi a queste derive della coscienza personale e collettiva che, ha affermato il Pontefice, deve stagliarsi la figura del sacerdote. Il modello cui ispirarsi è San Giovanni Maria Vianney dal quale, ha indicato, si può imparare “una inesauribile fiducia nel Sacramento della Penitenza” e rafforzare quelle attitudini che sono l’essenza del sacerdozio: spirito di orazione, povertà evangelica, “rapporto personale e intimo con Cristo”, celebrazione della Messa. Ma anche, ha aggiunto Benedetto XVI, “un’intensa dimensione penitenziale personale”:
 
“La coscienza del proprio limite ed il bisogno di ricorrere alla Misericordia Divina per chiedere perdono, per convertire il cuore e per essere sostenuti nel cammino di santità, sono fondamentali nella vita del sacerdote: solo chi per primo ne ha sperimentato la grandezza può essere convinto annunciatore e amministratore della Misericordia di Dio”. 
Per questo, ha ribadito il Papa, “è importante che il sacerdote abbia una permanente tensione ascetica, nutrita dalla comunione con Dio, e si dedichi ad un costante aggiornamento nello studio della teologia morale e delle scienze umane”:
 
“Nelle condizioni di libertà in cui oggi è possibile esercitare il ministero sacerdotale, è necessario che i presbiteri vivano in ‘modo alto’ la propria risposta alla vocazione, perché soltanto chi diventa ogni giorno presenza viva e chiara del Signore può suscitare nei fedeli il senso del peccato, dare coraggio e far nascere il desiderio del perdono di Dio”.







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