2010-03-10 15:37:03

Pakistan: 5 morti in un attacco a un’Ong cristiana


Grave attacco oggi in Pakistan ai danni di una organizzazione umanitaria cristiana. Cinque collaboratori pakistani della World Vision, con sede principale negli Stati Uniti, hanno perso la vita in un attacco dinamitardo nel distretto di Mansehra, nel nord del Paese, zona dove dall’anno scorso, in seguito all’offensiva dell’esercito di Islamabad, si sono rifugiati gruppi di ribelli talebani. Il servizio di Giancarlo La Vella:RealAudioMP3

Il gruppo attentatore sarebbe formato da una quindicina di uomini armati, che, dopo l’attacco alla sede della “World Vision”, si è dileguato tra le montagne circostanti. Un episodio dolorosamente sorprendente per chi da anni spende energie per la popolazione locale, colpita nel 2005 da un devastante terremoto, che causò quasi 80 mila morti, ed ora alle prese con le difficoltà di convivere con i continui scontri armati tra ribelli ed esercito di Islamabad. Sentiamo Giovanna Reda, responsabile di “World Vision Italia Onlus”:

 
“Noi siamo in Pakistan dal 1992, con un rapporto ottimo con la popolazione locale, tanto che il 99 per cento dei nostri uffici in Pakistan è formata da popolazione locale. Comunque, facciamo molta fatica a credere che la popolazione locale abbia potuto organizzare un attacco del genere. Quindi, pensiamo a qualcosa che sia intervenuto dal di fuori. Pur essendo un’organizzazione cristiana, abbiamo sempre applicato nei nostri interventi, soprattutto in contesti che non sono cristiani come il Pakistan, principi molto forti di non-discriminazione in base al genere, alla razza, all’etnia o alla religione. I rapporti con le popolazioni locali musulmane sono sempre stati ottimi, soprattutto riguardo anche all’incoraggiamento da parte nostra del dialogo interreligioso. Tutti i nostri progetti partono da un attento esame dei bisogni della popolazione locale e vengono sempre fatti e portati avanti in stretta collaborazione e coordinamento con la popolazione locale, e questo per evitare qualsiasi possibile conflitto”.

 
L’episodio avvenuto in nord Pakistan è solo l’ultimo di tanti altri avvenuti in Paesi dove il cristiano è diventato sinonimo di straniero, diverso, da combattere e da eliminare. Ne parliamo con Camille Eid, editorialista di Avvenire:

 
R. – Agli occhi degli attentatori, ovviamente, vengono assimilati alla cristianità in generale, e quindi dicono: ‘I cristiani attaccano i nostri fratelli di fede, e quindi noi abbiamo il diritto di attaccare loro’. Comunque, in Pakistan c’è anche la giurisdizione locale che discrimina i cristiani e quindi – direttamente o indirettamente – favorisce questi gruppi fondamentalisti. La legge sulla blasfemia, per esempio, che prende di mira non solamente i cristiani ma tutte le altre minoranze, oppure quando hanno cercato di adeguare le istituzioni locali alla Sharìa e hanno ripristinato quindi la menzione della fede religiosa sui passaporti, pur sapendo che in Pakistan vivono tre milioni e mezzo di cristiani, tra cattolici e protestanti. Esiste, quindi, una comunità locale, però viene compiuta automaticamente questa assimilazione del cristiano al cittadino straniero.

 
D. – Esiste la possibilità di un dialogo?

 
R. – La Chiesa cattolica gestisce alcune scuole, alcuni orfanotrofi; in queste scuole, a volte la maggioranza degli studenti è musulmana: attraverso l’educazione, quindi, la Chiesa cerca di innestare valori cristiani come l’amore e il perdono per cercare di costruire dal basso una società nuova, aperta al dialogo e alla convivenza.







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