2010-03-09 15:05:31

Padre Pizzaballa: preghiera e solidarietà per i cristiani di Terra Santa


E’ stato accolto con gratitudine dai Cristiani di Terra Santa l’appello che ieri il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha lanciato a tutta la Chiesa a sostegno della Terra Santa. A causa della situazione di perdurante conflitto tra israeliani e palestinesi, i cristiani stanno abbandonando i luoghi della vita terrena di Gesù. Proprio per questo – scrive il porporato – in loro aiuto è necessaria “la preghiera, la partecipazione vigilante e la concretezza della generosità”. Sulla realtà dei cristiani che vivono nella regione, Giancarlo La Vella ha intervistato il padre francescano Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa:RealAudioMP3

R. – I cristiani sono indispensabili per la Terra Santa, perché esprimono anche il carattere cristiano di questa terra, perché sono i custodi gelosi delle nostre radici, di tutta la Chiesa che è nata qui; e poi sono anche un elemento pacifico, non una minaccia, per tutte le popolazioni locali. Quindi, sono una risorsa che deve essere custodita da tutta la Chiesa con cura e attenzione.
 
D. – Si può fare qualcosa affinché si interrompa questo esodo?
 
R. – Sì, ci sono molte cose da fare. Innanzitutto, una preghiera solidale, una preghiera che deve diventare appunto solidarietà, come è sempre stato fatto lungo tutta la storia della Chiesa. Solidarietà significa diverse cose, innanzitutto venire in pellegrinaggio in Terra Santa, che è una forma di sostegno concreta e pratica per i cristiani che vivono qui e che lavorano qui, e poi sostenere anche le opere e le attività della Chiesa, che sono opere di sostegno alla presenza cristiana in Terra Santa.
 
D. – Quali sensazioni a trovarsi nei luoghi di Cristo, in una situazione così difficile invece come quella di oggi?
 
R. – La situazione è difficile: israeliani e palestinesi non si parlano; cristiani, ebrei e musulmani si guardano non sempre in maniera serena. Quindi, è una realtà sicuramente molto difficile e dolorosa. Come molti altri hanno già detto, per noi cristiani stare in Terra Santa significa imparare a stare sulla Croce come Cristo qui a Gerusalemme e dalla Croce però significa anche imparare soprattutto a dare una testimonianza di perdono e di amore per tutti.
 
D. – Come si stanno vivendo questi timidi progressi nel dialogo tra israeliani e palestinesi?
 
R. – I progressi sono ancora molto fragili e incerti. Dobbiamo innanzitutto pregare, ma anche insistere in tutte le sedi e in tutti i modi opportuni, perché questi accenni di dialogo si rafforzino e diventino un rapporto serio e sereno come finora non è stato, almeno in quest’ultimo periodo.







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