Padre Pizzaballa: preghiera e solidarietà per i cristiani di Terra Santa
E’ stato accolto con gratitudine dai Cristiani di Terra Santa l’appello che ieri il
cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha
lanciato a tutta la Chiesa a sostegno della Terra Santa. A causa della situazione
di perdurante conflitto tra israeliani e palestinesi, i cristiani stanno abbandonando
i luoghi della vita terrena di Gesù. Proprio per questo – scrive il porporato – in
loro aiuto è necessaria “la preghiera, la partecipazione vigilante e la concretezza
della generosità”. Sulla realtà dei cristiani che vivono nella regione, Giancarlo
La Vella ha intervistato il padre francescano Pierbattista Pizzaballa,
Custode di Terra Santa:
R. – I cristiani
sono indispensabili per la Terra Santa, perché esprimono anche il carattere cristiano
di questa terra, perché sono i custodi gelosi delle nostre radici, di tutta la Chiesa
che è nata qui; e poi sono anche un elemento pacifico, non una minaccia, per tutte
le popolazioni locali. Quindi, sono una risorsa che deve essere custodita da tutta
la Chiesa con cura e attenzione. D. – Si può fare qualcosa affinché
si interrompa questo esodo? R. – Sì, ci sono molte cose da fare.
Innanzitutto, una preghiera solidale, una preghiera che deve diventare appunto solidarietà,
come è sempre stato fatto lungo tutta la storia della Chiesa. Solidarietà significa
diverse cose, innanzitutto venire in pellegrinaggio in Terra Santa, che è una forma
di sostegno concreta e pratica per i cristiani che vivono qui e che lavorano qui,
e poi sostenere anche le opere e le attività della Chiesa, che sono opere di sostegno
alla presenza cristiana in Terra Santa. D. – Quali sensazioni
a trovarsi nei luoghi di Cristo, in una situazione così difficile invece come quella
di oggi? R. – La situazione è difficile: israeliani e palestinesi
non si parlano; cristiani, ebrei e musulmani si guardano non sempre in maniera serena.
Quindi, è una realtà sicuramente molto difficile e dolorosa. Come molti altri hanno
già detto, per noi cristiani stare in Terra Santa significa imparare a stare sulla
Croce come Cristo qui a Gerusalemme e dalla Croce però significa anche imparare soprattutto
a dare una testimonianza di perdono e di amore per tutti. D.
– Come si stanno vivendo questi timidi progressi nel dialogo tra israeliani e palestinesi? R.
– I progressi sono ancora molto fragili e incerti. Dobbiamo innanzitutto pregare,
ma anche insistere in tutte le sedi e in tutti i modi opportuni, perché questi accenni
di dialogo si rafforzino e diventino un rapporto serio e sereno come finora non è
stato, almeno in quest’ultimo periodo.