Il vescovo di Ciudad Juárez in Messico: no alla cultura della morte
In un’intervista all’agenzia Zenit, mons. Renato Ascencio León, vescovo di Ciudad
Juárez in Messico, racconta la sua esperienza di pastore in una delle città più violente
del mondo in cui regnano sovrane il narcotraffico e l’illegalità. La Chiesa nella
zona di Ciudad Juárez si trova a fare i conti anche con gravi problemi sociali, come
la disgregazione familiare e l’allontanamento dei genitori dai propri figli per motivi
di lavoro. Di conseguenza i giovani crescono senza una guida precisa e disertando
frequentemente la scuola, privandosi così di un’adeguata cultura e lasciandosi sovente
coinvolgere in attività criminose. Si tratta di una reazione a catena, prodotta da
povertà e ingiustizia dilaganti, causa principale del clima di violenza. Mancano inoltre
spazi dove questi giovani possano riscattarsi mediante attività artistiche, ricreative
o nello sport. L’Esercito a Ciudad Juárez - ricorda il presule – sebbene svolga un
ruolo importante di tutela pubblica in situazioni di continua emergenza, nondimeno
compie talvolta abusi nei confronti dei cittadini. "Senza dover andare lontano – rammenta
mons. León - la settimana scorsa uno dei miei sacerdoti è stato assaltato e minacciato".
Si tratta dunque di un problema che investe non solo i cittadini ma gli stessi presbiteri.
Ciò che conforta è il coraggio che mostrano i cristiani ad andare a Messa, evitando
di farsi travolgere dal vortice di paura che facilmente s’innesta di fronte ad una
diffusa cultura della morte. La preghiera e un’adeguata formazione culturale sono
per il presule una possibile via da tracciare per un futuro migliore da offrire ai
giovani, che ne hanno il pieno diritto. (C.F.)