“Durante l’ultima ondata di violenza anticristiana, i fanatici indù hanno prima distrutto
la chiesa del nostro villaggio, poi hanno bruciato completamente le case dei cristiani
e distrutto col fuoco qualsiasi cosa ci fosse dentro. Quindi hanno iniziato a cercare
noi cristiani per ucciderci. Per salvarci siamo dovuti fuggire nella foresta e fino
alle colline e restare nascosti”. Lazara Digal, unico figlio del pastore cristiano
Biswanath Digal del villaggio Ladapadar, nel distretto Kandhamal in Orissa, trucidato
in quei giorni, ricorda l’orrore delle ultime violenze anticristiane e punta il dito
contro le autorità assenti. 95 cristiani vittime di persecuzioni - riferisce l'agenzia
AsiaNews - hanno partecipato la settimana scorsa al 5° Incontro sulla persecuzione
nazionale, a Bangalore, organizzato dal Consiglio globale degli indiani cristiani
(Gcic) con l’intervento di oltre 250 gruppi cristiani e non. Una speciale menzione
è stata resa a Kaunri Digal, vedova del pastore ucciso. “Siamo rimasti nascosti per
10 giorni – prosegue Lazara Digal - senza cibo e sotto una pioggia battente. C’erano
circa 20 famiglie, potevano solo piangere e pregare Dio. Dopo 10 giorni abbiamo saputo
che erano arrivate le forze dell’ordine. Allora siamo tornati. La polizia ci ha assicurato
che ci avrebbe protetti, se tornavamo al villaggio. Nelle case, nel villaggio non
era rimasto nulla, nemmeno riso a sufficienza per sfamarci, nemmeno era possibile
riprendere il normale lavoro. Così in molti abbiamo deciso di andare a Bhunaneswar
o a Cuttack, per trovare lavoro e guadagnare di che vivere. Ma i nostri genitori sono
rimasti al villaggio. Nel giugno scorso mio padre, il pastore Biswanath Digal, è stato
attaccato da alcuni estremisti indù, colpito con bastori ed è morto dopo qualche giorno
a casa di un parente perchè la nostra casa era stata distrutta nel corso delle violenze
anticristiane. Per la perdita di mio padre, mia madre ha avuto una paralisi che non
le permette di camminare". Sajan K. George, presidente Gcic, nel saluto ai partecipanti
all’incontro di Bangalore ha ricordato come “il nostro Paese sia fondato sul riconoscimento
che ogni essere umano ha diritti inalienabili per diritto di nascita. Ma le minoranze
cristiane subiscono discriminazioni in ogni ambito. La Costituzione indiana garantisce
la libertà religiosa. Ciò nonostante, nel 2009 ci sono state 177 brutali aggressioni
contro i cristiani”. L’incontro si doveva concludere con una marcia di protesta fino
al municipio di Bangalore, ma non è stata autorizzata. (R.P.)