La difficile conquista della parità uomo-donna in Bangladesh, terra dove persistono
forti discriminazioni. Intervista con Licia Ronzulli
"Si stima che una donna su tre nel mondo sia stata picchiata, violentata o vittima
di altri abusi nel corso della propria vita, spesso all'interno della propria famiglia".
La denuncia, purtroppo non nuova, è stata resa di recente a Ginevra dall'Alto commissario
dell'Onu per i diritti umani, Navi Pillay. Alla vigilia della festa della donna, si
moltiplicano gli appelli come quello del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon,
che nel suo messaggio per l’occasione afferma fra l’altro: ''Finché a donne e ragazze
non saranno risparmiate povertà e ingiustizia, tutti i nostri obiettivi - pace, sicurezza,
sviluppo sostenibile - saranno in pericolo”. Tra i Paesi in cui le donne vivono ancora
situazioni di forte discriminazione, c’è il Bangladesh. La parlamentare europea, Licia
Ronzulli, appena tornata da una missione nel Paese asiatico, racconta la sua esperienza
nell’intervista di Fausta Speranza:
R. – Il Bangladesh
è un Paese che nei confronti delle donne è molto discriminante. In un Paese dove il
Primo ministro è donna, come donne sono anche molti ministri, e dove un ministero
importantissimo, quello degli Affari esteri, è guidato da una donna, perché ancora
oggi la donna in Bangladesh – parlo del Bangladesh perché è una realtà che conosco
molto bene, ma ovviamente ci sono anche altri Paesi in cui è così – deve subire queste
discriminazioni? Loro non hanno fatto che rispondermi che è un problema di mentalità
e che il percorso per cambiare queste cose sarà lunghissimo.
D.
– Ci vuole dire qualcosa di più di queste discriminazioni, fare qualche esempio?
R.
– Personalmente, nell’ospedale dove prestavo soccorso, la cosa che più mi ha sconvolto
non è stata vedere arrivare donne magari col volto distrutto dall’acido perché erano
state rinnegate dal marito, dove questo tipo di crudeltà è figlio di costumi antichi.
La cosa che più mi ha fatto star male è stato vedere che tante donne che arrivavano
con bambine di 15-20 giorni chiedendo all’ospedale di potersene occupare, perché in
Bangladesh per una donna avere una bambina è quasi una maledizione. La donna in Bangladesh
è una persona completamente a carico della famiglia, una persona che dev’essere sposata.
Se la donna non si sposa è reietta dalla società, mentre se si sposa deve pagare una
dote: pagare in termini monetari e quindi per la famiglia avere una donna è un costo
in più. Arrivavano quindi questi neonati di 15-20 giorni, che venivano abbandonati
in quanto femmine. Peraltro, in Bangladesh c’è anche un altro problema: esiste una
scala di colore del viso per giudicare quanto pagare o meno una donna. Ci sono cinque
colori che mettono la donna in posizioni di maggiore o minore "sposabilità", che definiscono
quanto si debba pagare in base al colore della pelle. Questo senza tenere conto, ovviamente,
l’appartenenza alla classe sociale, alle caste che, nonostante dicano che non esistano,
ci sono eccome.