Il Papa nella parrocchia di San Giovanni della Croce: non aspettate altri messaggi,
fatevi voi stessi missionari di Cristo. Testo dell'omelia
“Carissime famiglie cristiane, carissimi giovani … lasciatevi sempre più coinvolgere
dal desiderio di annunciare a tutti il Vangelo di Gesù Cristo. Non aspettate che altri
vengano a portarvi altri messaggi, che non conducono alla vita, ma fatevi voi stessi
missionari di Cristo per i fratelli, dove vivono, lavorano, studiano o soltanto trascorrono
il tempo libero. Avviate anche qui una capillare e organica pastorale vocazionale,
fatta di educazione delle famiglie e dei giovani alla preghiera e a vivere la vita
come un dono che proviene da Dio”. E’ quanto ha detto questa mattina Benedetto XVI
nell’omelia della Messa da lui presieduta nella parrocchia di San Giovanni della Croce,
nel settore nord della diocesi di Roma. Ecco il testo dell’omelia: Cari
fratelli e sorelle! "Convertitevi, dice il Signore, il regno dei cieli è
vicino" abbiamo proclamato prima del Vangelo di questa terza domenica di Quaresima,
che ci presenta il tema fondamentale di questo ‘tempo forte’ dell'anno liturgico:
l'invito alla conversione della nostra vita ed a compiere degne opere di penitenza.
Gesù, come abbiamo ascoltato, evoca due episodi di cronaca: una repressione brutale
della polizia romana all’interno del tempio (cfr Lc 13,1) e la tragedia dei diciotto
morti per il crollo della torre di Siloe (v. 4). La gente interpreta questi fatti
come una punizione divina per i peccati di quelle vittime, e, ritenendosi giusta,
si crede al riparo da tali incidenti, pensando di non avere nulla da convertire nella
propria vita. Ma Gesù denuncia questo atteggiamento come un’illusione: "Credete che
quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte?
No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo" (vv. 2-3).
Ed invita a riflettere su quei fatti, per un maggiore impegno nel cammino di conversione,
perché è proprio il chiudersi al Signore, il non percorrere la strada della conversione
di se stessi, che porta alla morte, quella dell’anima. In Quaresima, ciascuno di noi
è invitato da Dio a dare una svolta alla propria esistenza pensando e vivendo secondo
il Vangelo, correggendo qualcosa nel proprio modo di pregare, di agire, di lavorare
e nelle relazioni con gli altri. Gesù ci rivolge questo appello non con una severità
fine a se stessa, ma proprio perché è preoccupato del nostro bene, della nostra felicità,
della nostra salvezza. Da parte nostra, dobbiamo rispondergli con un sincero sforzo
interiore, chiedendogli di farci capire in quali punti in particolare dobbiamo convertirci. La
conclusione del brano evangelico riprende la prospettiva della misericordia, mostrando
la necessità e l’urgenza del ritorno a Dio, di rinnovare la vita secondo Dio. Riferendosi
ad un uso del suo tempo, Gesù presenta la parabola di un fico piantato in una vigna;
questo fico, però, risulta sterile, non dà frutti (cfr Lc 13,6-9). Il dialogo che
si sviluppa tra il padrone e il vignaiolo, manifesta, da una parte, la misericordia
di Dio, che ha pazienza e lascia all’uomo, a tutti noi, un tempo per la conversione;
e, dall’altra, la necessità di avviare subito il cambiamento interiore ed esteriore
della vita per non perdere le occasioni che la misericordia di Dio ci offre per superare
la nostra pigrizia spirituale e corrispondere all’amore di Dio con il nostro amore
filiale. Anche San Paolo, nel brano che abbiamo ascoltato, ci esorta a non
illuderci: non basta essere stati battezzati ed essere nutriti alla stessa mensa eucaristica,
se non si vive come cristiani e non si è attenti ai segni del Signore (cfr 1 Cor 10,1-4). Carissimi
Fratelli e Sorelle della Parrocchia di San Giovanni della Croce! Sono molto lieto
di essere in mezzo a voi, oggi, per celebrare con voi il Giorno del Signore. Saluto
cordialmente il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro Parroco,
don Enrico Gemma, che ringrazio per le belle parole rivoltemi a nome di tutti voi,
e gli altri Sacerdoti che lo coadiuvano. Vorrei poi estendere il mio pensiero a tutti
gli abitanti del quartiere, specialmente agli anziani, ai malati, alle persone sole
e in difficoltà. Tutti e ciascuno ricordo al Signore in questa Santa Messa. So
che la vostra Parrocchia è una comunità giovane. Infatti, ha iniziato la sua attività
pastorale nel 1989, per un periodo di dodici anni in un locale provvisorio, e poi
nel nuovo complesso parrocchiale. Ora che avete un nuovo edificio sacro, la mia visita
desidera incoraggiarvi a realizzare sempre meglio quella Chiesa di pietre vive che
siete voi. So che l’esperienza dei primi dodici anni ha segnato uno stile di vita
che tuttora permane. La mancanza di strutture adeguate e di tradizioni consolidate
vi ha spinto, infatti, ad affidarvi alla forza della Parola di Dio, che è stata lampada
nel cammino e ha portato frutti concreti di conversione, di partecipazione ai Sacramenti,
specie all’Eucaristia domenicale, e di servizio. Vi esorto ora a fare di questa Chiesa
un luogo in cui si impara sempre meglio ad ascoltare il Signore che ci parla nelle
sacre Scritture. Queste rimangono sempre il centro vivificante della Vostra comunità
affinché diventi scuola continua di vita cristiana, da cui parte ogni attività pastorale. La
costruzione del nuovo tempio parrocchiale vi ha spinto a un corale impegno apostolico,
con una particolare attenzione al campo della catechesi e della liturgia. Mi congratulo
per gli sforzi pastorali che andate compiendo. So che vari gruppi di fedeli si radunano
per pregare, formarsi alla scuola del Vangelo, partecipare ai Sacramenti – soprattutto
della Penitenza e dell’Eucaristia – e vivere quella dimensione essenziale per la vita
cristiana che è la carità. Penso con gratitudine a quanti contribuiscono a rendere
più vive e partecipate le celebrazioni liturgiche, ed ancora a quanti, con la Caritas
parrocchiale e il gruppo di Sant’Egidio, cercano di andare incontro alle tante esigenze
del territorio, specialmente alle attese dei più poveri e bisognosi. Penso, infine,
a quanto andate lodevolmente compiendo in favore delle famiglie, dell’educazione cristiana
dei figli e di quanti frequentano l’Oratorio. Sin dal suo nascere, questa
Parrocchia si è aperta ai Movimenti ed alle nuove Comunità ecclesiali, maturando così
una più ampia coscienza di Chiesa e sperimentando nuove forme di evangelizzazione.
Vi esorto a proseguire con coraggio in questa direzione, impegnandovi, però, a coinvolgere
tutte le realtà presenti in un progetto pastorale unitario. Ho appreso con favore
che la vostra comunità si propone di promuovere, nel rispetto delle vocazioni e dei
ruoli dei consacrati e dei laici, la corresponsabilità di tutti i membri del Popolo
di Dio. Come ho già avuto modo di ricordare, ciò esige un cambiamento di mentalità,
soprattutto nei confronti dei laici, "passando dal considerarli «collaboratori» del
clero a riconoscerli realmente «corresponsabili» dell’essere e dell’agire della Chiesa,
favorendo così la promozione di un laicato maturo ed impegnato" (cfr Discorso di apertura
del Convegno pastorale della Diocesi di Roma - 26 maggio 2009). Carissime
famiglie cristiane, carissimi giovani che abitate in questo quartiere e che frequentate
la parrocchia, lasciatevi sempre più coinvolgere dal desiderio di annunciare a tutti
il Vangelo di Gesù Cristo. Non aspettate che altri vengano a portarvi altri messaggi,
che non conducono alla vita, ma fatevi voi stessi missionari di Cristo per i fratelli,
dove vivono, lavorano, studiano o soltanto trascorrono il tempo libero. Avviate anche
qui una capillare e organica pastorale vocazionale, fatta di educazione delle famiglie
e dei giovani alla preghiera e a vivere la vita come un dono che proviene da Dio. Cari
fratelli e sorelle! Il tempo forte della Quaresima invita ciascuno di noi a riconoscere
il mistero di Dio, che si fa presente nella nostra vita, come abbiamo ascoltato nella
prima lettura. Mosè vede nel deserto un roveto che arde, ma non si consuma. In un
primo momento, spinto dalla curiosità, si avvicina per vedere questo avvenimento misterioso
quand’ecco che dal roveto una voce lo chiama, dicendo: "Io sono il Dio di tuo padre,
il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe" (Es 3,6). Ed è proprio questo
Dio che lo rimanda in Egitto con l’incarico di condurre il popolo di Israele nella
terra promessa, domandando al faraone, nel Suo nome, la liberazione di Israele. A
questo punto, Mosè chiede a Dio qual è il Suo nome, il nome con cui Dio mostra la
Sua particolare autorità, in modo da potersi presentare al popolo e poi al faraone.
La risposta di Dio può sembrare strana; appare un rispondere e non rispondere. Egli
dice di sé semplicemente: "Io sono colui che sono!". "Egli è", e questo deve bastare.
Dio, quindi, non ha rifiutato la richiesta di Mosè, manifesta il proprio nome, creando
così la possibilità dell’invocazione, della chiamata, del rapporto. Rivelando il suo
nome Dio stabilisce una relazione tra sé e noi. Si rende invocabile, entra in rapporto
con noi e ci dà la possibilità di stare in rapporto con lui. Ciò significa che Egli
si consegna, in qualche modo, al nostro mondo umano, divenendo accessibile, quasi
uno di noi. Affronta il rischio della relazione, dell’essere con noi. Ciò che ebbe
inizio presso il roveto ardente nel deserto si compie presso il roveto ardente della
croce, dove Dio, divenuto accessibile nel suo Figlio fatto uomo, fatto realmente uno
di noi, viene consegnato nelle nostre mani e, in tal modo, realizza la liberazione
dell’umanità. Sul Golgota Dio, che durante la notte della fuga dall’Egitto si è rivelato
come Colui che libera dalla schiavitù, si rivela come Colui che abbraccia ogni uomo
con la potenza salvifica della Croce e della Risurrezione e lo libera dal peccato
e dalla morte, lo accetta nell’abbraccio del Suo amore. Rimaniamo nella
contemplazione di questo mistero del nome di Dio per comprendere meglio il mistero
della Quaresima, e vivere come singoli e come comunità in permanente conversione,
in modo da essere nel mondo costante epifania, testimonianza del Dio vivente, che
libera e salva per amore. Amen.