2010-03-06 14:40:25

Crisi in Italia: cresce il preoccupante fenomeno dei suicidi tra gli imprenditori


Sono ormai 20 gli imprenditori e artigiani che nell’ultimo anno e mezzo si sono tolti la vita nel nordest italiano. La causa principale è da attribuire alla crisi economica che ha messo in ginocchio il tessuto produttivo della zona, fatto di piccole imprese. Le attività più colpite sono quelle edili, del legno e il comparto tessile. Oltre all’aspetto economico c’è anche la difficoltà ad accettare il fallimento. Su questo preoccupante fenomeno, Enrico Dal Bianco ha sentito Daniele Marini, Direttore della Fondazione Nordest:RealAudioMP3

R. – Credo sia utile precisare che non riguarda un fenomeno eminentemente del Nord-est perché si sono verificati anche altri casi in Toscana, in Lombardia e altrove. E’ chiaro che qui avvengono con una frequenza maggiore perché è più diffusa la presenza di piccole, piccolissime imprese. C’è la questione che la crisi si sta facendo sentire, in particolare su queste imprese.
 
D. – L’imprenditore non riesce ad accettare il fallimento…
 
R. – Sì. C’è un problema di natura culturale in generale nel nostro Paese, cioè che noi non abbiamo una cultura del fallimento esattamente come nei Paesi anglosassoni, dove il fallimento dell’impresa è considerato naturale nella possibile storia di un’impresa. Da noi, invece, c’è una sorta di “stigma sociale” che viene particolarmente acuito anche dal fatto che queste microimprese spesso sono originate da ex lavoratori dipendenti che si mettono in proprio e magari assumono altri ex colleghi e quindi ecco che la connotazione di profondo radicamento nel territorio tende ad aumentare questo livello di percezione. E poi anche la nostra legislazione è fortemente penalizzante per l’impresa che fallisce.
 
D. – L’imprenditore considera la propria attività quasi come una famiglia allargata. Tra le cause di questi gesti estremi c’è anche l’incapacità di accettare l’idea di dover licenziare i propri dipendenti?
 
R. – I casi ci dicono di come questi imprenditori si siano privati di quelli che sono i loro risparmi pur di non far mancare le risorse ai propri lavoratori e che poi, purtroppo, arrivati all’ultima spiaggia decidono questi gesti estremi.
 
D. – Come potrebbe intervenire lo Stato per far fronte a questa difficile situazione sociale?
 
R. – Ovviamente è difficile, anche perché ognuno di questi casi ha una storia a sé. E’ chiaro che qui bisogna spingere a fare da un lato un salto culturale a queste imprese ad aggregarsi e ad uscire dall’isolamento e dall’individualismo, perché oggi la competizione internazionale richiede dimensioni e strutture più solide di quelle delle microimprese. Poi c’è un’azione che riguarda il sostegno bancario, il sostegno al credito di queste imprese, che dovrebbero essere aiutate a superare queste fasi di scarsa liquidità di cui dispongono.
 
D. – Quali sono le previsioni economiche per il futuro del nordest?
 
R. – Qualcosa sembra muoversi con alcuni segnali positivi, però ciò non sembra coinvolgere l’occupazione che rimane, negli indicatori congiunturali, sempre con il segno meno davanti.







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