Crisi in Italia: cresce il preoccupante fenomeno dei suicidi tra gli imprenditori
Sono ormai 20 gli imprenditori e artigiani che nell’ultimo anno e mezzo si sono tolti
la vita nel nordest italiano. La causa principale è da attribuire alla crisi economica
che ha messo in ginocchio il tessuto produttivo della zona, fatto di piccole imprese.
Le attività più colpite sono quelle edili, del legno e il comparto tessile. Oltre
all’aspetto economico c’è anche la difficoltà ad accettare il fallimento. Su questo
preoccupante fenomeno, Enrico Dal Bianco ha sentito Daniele Marini,
Direttore della Fondazione Nordest:
R. – Credo
sia utile precisare che non riguarda un fenomeno eminentemente del Nord-est perché
si sono verificati anche altri casi in Toscana, in Lombardia e altrove. E’ chiaro
che qui avvengono con una frequenza maggiore perché è più diffusa la presenza di piccole,
piccolissime imprese. C’è la questione che la crisi si sta facendo sentire, in particolare
su queste imprese. D. – L’imprenditore non riesce ad accettare
il fallimento… R. – Sì. C’è un problema di natura culturale
in generale nel nostro Paese, cioè che noi non abbiamo una cultura del fallimento
esattamente come nei Paesi anglosassoni, dove il fallimento dell’impresa è considerato
naturale nella possibile storia di un’impresa. Da noi, invece, c’è una sorta di “stigma
sociale” che viene particolarmente acuito anche dal fatto che queste microimprese
spesso sono originate da ex lavoratori dipendenti che si mettono in proprio e magari
assumono altri ex colleghi e quindi ecco che la connotazione di profondo radicamento
nel territorio tende ad aumentare questo livello di percezione. E poi anche la nostra
legislazione è fortemente penalizzante per l’impresa che fallisce. D.
– L’imprenditore considera la propria attività quasi come una famiglia allargata.
Tra le cause di questi gesti estremi c’è anche l’incapacità di accettare l’idea di
dover licenziare i propri dipendenti? R. – I casi ci dicono
di come questi imprenditori si siano privati di quelli che sono i loro risparmi pur
di non far mancare le risorse ai propri lavoratori e che poi, purtroppo, arrivati
all’ultima spiaggia decidono questi gesti estremi. D. – Come
potrebbe intervenire lo Stato per far fronte a questa difficile situazione sociale? R.
– Ovviamente è difficile, anche perché ognuno di questi casi ha una storia a sé. E’
chiaro che qui bisogna spingere a fare da un lato un salto culturale a queste imprese
ad aggregarsi e ad uscire dall’isolamento e dall’individualismo, perché oggi la competizione
internazionale richiede dimensioni e strutture più solide di quelle delle microimprese.
Poi c’è un’azione che riguarda il sostegno bancario, il sostegno al credito di queste
imprese, che dovrebbero essere aiutate a superare queste fasi di scarsa liquidità
di cui dispongono. D. – Quali sono le previsioni economiche
per il futuro del nordest? R. – Qualcosa sembra muoversi con
alcuni segnali positivi, però ciò non sembra coinvolgere l’occupazione che rimane,
negli indicatori congiunturali, sempre con il segno meno davanti.