2010-03-05 15:01:37

Tensione Stati Uniti-Turchia dopo la risoluzione del Congresso Usa sul "genocidio" armeno


Tensione tra Stati Uniti e Turchia, nonostante la risoluzione non vincolante approvata ieri dalla Commissione Esteri della Camera di Washington, che per la prima volta definisce “genocidio” il massacro di un milione e mezzo di armeni, avvenuto nel 1915 ad opera dei turchi. Ankara, pur facendo appello al Congresso a non approvare la risoluzione, ha raccolto l’invito della Casa Bianca di portare avanti il dialogo con Ierevan, ma “senza accettare – ha precisato – pressioni da alcuna parte”. L’Armenia da parte sua ha plaudito al gesto della Commissione. Da New York, Elena Molinari:RealAudioMP3

“L’uccisione di un milione e mezzo di armeni durante la I Guerra Mondiale fu un genocidio”: lo ha stabilito la Commissione esteri della Camera statunitense, nonostante la ferma opposizione della Turchia e persino quella dell’amministrazione Obama. La Risoluzione è passata per un soffio, con 23 voti a favore e 22 contrari, e non è detto che passi al voto dell’intera Camera. Ma ha già suscitato le ire della Turchia, che ha richiamato immediatamente l’ambasciatore americano. Ankara aveva infatti ammonito che l’approvazione della Risoluzione avrebbe guastato le relazioni con gli Usa, tanto che il segretario di Stato, Hillary Clinton, aveva lanciato un appello al Congresso ad accantonare il documento nel timore che potesse nuocere anche alla riconciliazione tra Armenia e Turchia. La Risoluzione non è vincolante, ma chiede al presidente Obama di garantire che la politica estera statunitense rifletta d’ora in poi sul fatto che quello compiuto dai turchi ottomani fu un genocidio. Gli Stati Uniti hanno sempre condannato il massacro, ma non lo hanno mai definito formalmente un genocidio, proprio per non irritare la Turchia, un alleato indispensabile della Nato in Medio Oriente.

 
Iran-Italia
Dissapori tra Italia e Iran dopo gli arresti di due cittadini iraniani, nell’ambito di un’inchiesta su un presunto traffico di armi, condotta dalla Guardia di finanza di Milano, che ha portato in carcere anche cinque italiani. Teheran ha chiesto l’immediato rilascio dei due fermati: Hamid Masoumi-Nejad, 51 anni, giornalista della televisione iraniana accreditato presso la Sala stampa estera a Roma, e Ali Damirchilu, di 55 anni. L’ambasciatore italiano in Iran, Alberto Bradanini, è stato convocato al Ministero degli esteri di Teheran per dare chiarimenti sulla vicenda che viene considerata “una manovra politica” ordita da Stati Uniti e Israele. Roma ha respinto con fermezza l’insinuazione.

Usa- riforma sanità
Stretta finale sulla riforma della sanità americana. Il presidente degli Stati Uniti, Barck Obama, ha espresso l’auspicio che il Congresso dia il via libera definitivo prima del 18 marzo. Lo hanno annunciato fonti della Casa Bianca, ricordando che proprio in quella data, Obama partirà per un viaggio in Indonesia, Guam e Australia.

Pakistan-violenza
Nuova escalation di violenza in Pakistan. Almeno 12 persone sono rimaste uccise e altre 30 ferite in un attentato suicida a Tul, nel nordovest del Paese. Un kamikaze si è fatto esplodere al passaggio di alcuni veicoli scortati dalle forze di sicurezza. Intanto, sono ore drammatiche per la famiglia del bambino di cinque anni rapito ieri nel Punjab packistano. Il piccolo, figlio di cittadini pakistani residenti in Gran Bretagna, è stato prelevato da uomini armati che hanno chiesto un riscatto di 10 mila dollari.

Medio Oriente
Disordini si sono verificati tra la polizia israeliana e manifestanti palestinesi nella Spianata delle Moschee di Gerusalemme, al termine della preghiera del venerdì. Gli agenti hanno fatto irruzione nel complesso della moschea di al-Aqsa, dopo una fitta sassaiola, sarebbero 5 i feriti. Altri scontri si sono registrati nel settore arabo della città vecchia. Già una settimana fa, c’erano stati alcuni disordini; a provocare la tensione c’è la decisione del governo israeliano di includere due luoghi santi che si trovano in Cisgiordania nel patrimonio ebraico da tutelare. Intanto a Cordoba, oggi e domani, si discuterà del rilancio dei colloqui di pace in Medio Oriente nel corso di una riunione informale dei ministri degli Esteri dell'Unione Europea.

Cina
L’economia cinese continua a marciare a gonfie vele con un obiettivo di crescita del prodotto interno lordo dell’8% nel 2010. Di questo ed altro ha parlato il premier, Wen Jiabao, nel corso all’Assemblea nazionale del popolo, il parlamento cinese che, alla presenza di tremila delegati, ha aperto oggi a Pechino i battenti. Il capo del governo, tuttavia, adotta toni prudenti, respingendo ipotesi di rivalutazione dello yuan, la moneta cinese, lanciata dalle economie occidentali. Su questi temi, Giancarlo La Vella ha intervistato Fernando Mezzetti, esperto di Cina:RealAudioMP3

R. – Gran parte dello sviluppo cinese è basato sul commercio estero, soprattutto sulle esportazioni, che quest’anno sono fortemente diminuite. I cinesi allora hanno provveduto, cercando di sviluppare i consumi interni, sia al livello individuale che nelle spese pubbliche. Tenere in piedi, comunque, le esportazioni, tenere costante il valore dello yuan rispetto al dollaro – cioè basso, favorendo, quindi, gli acquisti dall’estero – è fondamentale per la Repubblica popolare.

D. – A questa situazione economica florida corrisponde un miglioramento della situazione socioeconomica della popolazione cinese?

 
R. – Con le riforme, ci fu un lungo periodo in cui per tutti c’è stato benessere. Da tempo, invece, ci sono vincitori e vinti: si è allargato il gap tra le campagne e la città, tra le regioni costiere e le regioni interne. Lo sviluppo economico senza freni porta a malcontenti, ci sono le delusioni nelle aspettative crescenti nelle campagne e soprattutto, con l’industrializzazione in atto, gran parte dei terreni viene usata per l’industria e quindi requisita ai contadini con rimborsi generalmente irrisori. Questo nelle campagne provoca molta tensione. La ristrutturazione economica che si è avuta ha fatto poi sì che tanti emigrati che dalle campagne si erano trasferiti nelle città per i lavori più umili, soprattutto nell’edilizia, sono tornati nelle campagne e sono ora disoccupati. Quindi, c’è molta insoddisfazione che sfocia talora in ribellioni locali, che comunque mettono in pericolo la stabilità globale, che è l’obiettivo principale della dirigenza cinese, oggi.

Mar Baltico-imbarcazioni
Ritorno alla normalità nel Mar Baltico dove ieri, a causa del ghiaccio, almeno 50 imbarcazioni erano rimaste bloccate. Tutti i natanti sono stati liberati, anche i traghetti con migliaia di passeggeri a bordo. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 64

 
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