Messaggio del vescovo di Locri per la Quaresima: non trasformare i Sacramenti in debiti
Per la Quaresima il vescovo di Locri-Gerace, mons. Giuseppe Fiorini Morosini,
ha inviato alla sua diocesi un messaggio in cui ricorda l’invito fatto da Benedetto
XVI ad assumere uno stile di vita più sobrio e meno dispendioso. In particolare si
riferisce alle feste in occasione di battesimi, prime comunioni, cresime e matrimoni.
Ormai - scrive il presule - non si bada più a spese e le famiglie, spesso indebitandosi,
si rincorrono l’una con l’altra per fare bella figura senza comprendere il vero significato
dei sacramenti. Mons. Fiorini Morosini esorta quindi a riscoprire durante questa Quaresima
l'autentica conversione cristiana. Ascoltiamolo al microfono di Fabio Colagrande:
R. – Mi sembra
questa, oggi, la necessità urgente. Non sono tanto le piccole mortificazioni, che
pur le dobbiamo fare, ma è veramente un ripensamento del contesto generale della vita,
perché la realtà sociale, politica, economica nella quale siamo inseriti ha bisogno
proprio di questo ripensamento cristiano del nostro modo di essere nella realtà.
D.
– In particolare, lei sottolinea un’usanza sociale diffusa nella sua diocesi per quanto
riguarda la festa in occasione dei Sacramenti del Battesimo, delle Prime Comunioni,
delle Cresime e dei Matrimoni: cosa succede in queste situazioni?
R.
– Penso che non sia un problema solo della mia diocesi, penso che sia così in tutto
il Sud: ormai, la festa in occasione dei Sacramenti è diventata un obiettivo fondamentale
da parte dei genitori, con la celebrazione esteriore della festa a discapito di una
comprensione autentica dell’incontro con il Signore attraverso i Sacramenti. E questo
sta determinando un costume sociale che spesso favorisce anche quella piaga terribile
che è l’usura. Perché genitori che non hanno possibilità economiche ricorrono a prestiti.
I prestiti poi non riescono ad onorarli e allora cadono nelle mani degli usurai.
D.
– Lei, come pastore, si trova spesso a dover affrontare casi di questo genere?
R.
– La Caritas diocesana e anche il centro anti-usura mi hanno segnalato diversi casi.
Tante famiglie che sono cadute nell’usura e hanno avuto alla base, come motivazione,
proprio debiti non restituiti contratti in occasione di queste celebrazioni.
D.
– Anche perché, come scrive lei, c’è il dubbio che davvero i Sacramenti siano diventati
solamente un fatto di tradizione …
R. – Assolutamente:
questo, purtroppo, lo dobbiamo constatare. Viene fatto senza cattiveria, da parte
della gente ma dobbiamo constatare che il Sacramento come incontro con Cristo si fa
fatica a credere che ci sia.
D. – E alla Chiesa,
dunque, che compito si chiede, proprio per impedire questa deriva?
R.
– L’evangelizzazione, anzitutto. Noi come diocesi ci siamo impegnando proprio per
formare cristiani adulti che prendano sul serio il Vangelo.
D.
– Come è il rapporto con i giovani, nella sua diocesi? C’è una pastorale giovanile
che funziona?
R. – Non troppo, c'è una pastorale
piuttosto rivolta a quelli che chiamiamo “giovani” e che sono sostanzialmente adolescenti.
Questo avviene non solo nella mia diocesi ma in tutta la Calabria: ci stiamo preparando
ad un convegno di pastorale giovanile nel 2011 perché affronti questo problema, di
come ascoltare i giovani, di come impostare una pastorale nuova per loro.
D.
– Quali sono gli altri aspetti sociali problematici?
R.
– Il problema fondamentale è il rapporto tra religiosità popolare esteriore e scelte
di fede forti, che coinvolgano nella vita. Questo nel Sud d’Italia è il problema più
importante che deve essere affrontato e risolto. C’è una religiosità che tocca tutte
le fasce di età: io vedo tanti giovani che, nelle feste popolari sono così entusiasti
nel portare l’immagine dei Santi, ma poi la situazione diventa problematica per quanto
riguarda la partecipazione alla vita ecclesiale, nelle scelte comportamentali siano
autenticamente cristiane. (Montaggio a cura di Maria Brigini)