Il silenzio dell'Occidente sulle violenze anticristiane: la riflessione di mons. Bruno
Forte sul libro-denuncia di René Guitton
Il silenzio dell’Occidente, e in particolare dell’Europa, sulle violenze anticristiane
nel mondo: lo denuncia nel suo libro lo scrittore e intellettuale francese Renè Guitton,
membro della rete di esperti delle Nazioni Unite per l’Alleanza delle Civiltà. Il
volume, tradotto in italiano col titolo “Cristianofobia - la nuova persecuzione”
(Edizioni Lindau), gli è valso in Francia il Premio per i diritti umani. Fabio
Colagrande ne ha parlato con l’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte,
che recentemente con René Guitton ha tenuto un dialogo pubblico all’Università teatina:
R. – Il libro
parte da dati di fatto. René Guitton ha raccolto dati incontrovertibili che si riferiscono
a situazioni di effettiva persecuzione dei cristiani in parecchi Paesi del mondo,
soprattutto nell’are islamica, e ha messo in evidenza come di fronte a questo dato
di fatto ci sia un reale silenzio della stragrande maggioranza degli organi di informazione,
degli opinionisti, dell’intellighenzia, nei Paesi dell’Occidente e specialmente in
Europa. Dunque, si tratta di due dati ma a suo avviso incontrovertibili: il dato della
persecuzione e il dato di questa omertà, di questo silenzio. Naturalmente, c’è da
chiedersi perché questo silenzio: ed ecco che Guitton mette in luce una sorta di pregiudizio
laicista che in nome, appunto, di una presunta laicità vorrebbe emarginare ogni forma
di sostegno, di difesa del cristianesimo anche in condizioni dove è semplicemente
difesa dei diritti umani e della dignità della persona umana, cercando in tal modo
di favorire una sorta di presunto dialogo interreligioso che in realtà è però semplicemente
perdita di identità. Dunque, il campanello d’allarme è molto serio e aiuta forse tutti,
anche gli stessi cristiani, a prendere coscienza della gravità della situazione e
dell’esigenza di promuovere una presa di coscienza di ciò che è veramente in gioco,
che è il diritto alla libertà religiosa per i cristiani e per tutti. D.
– In Occidente, la giusta denuncia delle persecuzioni che i cristiani subiscono in
Paesi a maggioranza islamica non rischia di trasformarsi poi in un sentimento di odio
verso i musulmani, in “islamofobia”, come si dice? R. – Naturalmente,
se questo è un rischio non significa però che le forme di “cristianofobia” non vadano
denunciate con chiarezza e con fermezza. Io credo che tutto sta a come lo si fa. Se
lo si denuncia in nome di una sorta di campagna, di crociata contro l’altro, ovviamente
sarebbe un errore; ma se lo si denuncia per promuovere la giustizia, la pace, il rispetto
dei diritti umani di tutti e lo si fa con uno stile che promuova il dialogo e l’incontro,
oltre che la corresponsabilità e la reciprocità, credo che questo possa solo giovare
al bene comune di tutti e alla pace tra le nazioni. D. – Anche
perché denunciare le persecuzioni che i cristiani subiscono nel mondo significa promuovere
la libertà religiosa di tutti … R. – E’ evidente! E naturalmente
significa, prima di ogni altra cosa, rispettare persone umane, salvare delle vite
… D. – Dunque, è necessario in Occidente spezzare questo silenzio,
denunciare a voce alta le persecuzioni che i cristiani subiscono in diversi Paesi
del mondo in questo momento storico … R. – Certamente, credo
che sia un diritto-dovere di tutti per il bene di tutti; quindi non è una bandiera
di parte: è veramente un servizio alla causa di tutti ed è un rivendicare l’alternativa
alla logica dello scontro, che è la logica, invece, del dialogo e della verità.