E’ ancora caos listini per le regionali nel Lazio e in Lombardia. Il Pdl ha dato mandato
al premier Berlusconi per trovare una soluzione politca alla vicenda. Stasera Berlusconi
salirà al Quirinale per affrontare il tema con il presidente della Repubblica Napolitano.
Nelle ore successive ci sarà un Consiglio dei ministri straordinario. Nel tardo pomeriggio
a Roma manifestazione del Pdl con la candidata Renata Polverini: “Stiamo lavorando
– ha detto - per ridare ai cittadini di Roma e provincia, e da ieri sera anche della
Lombardia, la possibilità di trovare sulla scheda il Pdl”. Intanto il presidente della
Regione Lombardia Formigoni ha denunciato “gravissime irregolarità da parte della
corte d’appello di Milano. Giampiero Guadagni
''Sono
preoccupato. La preoccupazione e' una parola pesante e importante pero' rimane. Seguo
gli sviluppi della situazione e mi pongo i problemi che potranno sorgere'': è quanto
ha detto il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, in relazione
all'intricata vicenda delle liste elettorali del Pdl che non sono state ammesse alle
elezioni regionali nel Lazio e nella Lombardia. Il Capo dello Stato ha parlato di
“pasticcio” di cui resta competente la magistratura. Ha ricordato che i principi di
democrazia e partecipazione costituzionalmente garantiti non possono che svolgersi
nel rispetto dei limiti e delle forme previste dalla legge. Nel presentare le liste
del Pdl ci sono stati ritardi nell’adempienza del regolamento e irregolarità. Intando
si sta facendo avanto l’ipotesi di una “soluzione politica”. Sulla vicenda Luca
Collodi ha intervistato il prof. Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia
Politica presso l’Istituto Universitario Sophia di Loppiano:
R.
– Errori nella presentazione delle liste, ce ne sono sempre stati. Certo, quando gli
errori diventano macroscopici, ci si devono porre delle domande. E questo perché nella
vita di partito – e chi l’ha fatta, lo sa – la presentazione delle liste al momento
elettorale è sempre seguita con un’attenzione addirittura maniacale. Che si facciano
degli errori come quelli di questi giorni, è certamente un segno di pressappochismo
di un ceto politico che sembra essersi abituato a poter aggiustare tutto, senza trasparenza.
Allora che non ci sia più abitudine alle legalità è molto preoccupante, perché questa
disabitudine alla legalità e alla trasparenza non colpisce soltanto la vita interna
dei partiti, ma certamente diventa sostanzialmente lesiva dei diritti civili e politici
di tutti quanti i cittadini. Io vorrei aggiungere che questi fenomeni si producono
specialmente quando i politici diventano ceto, quando cioè si organizzano con un modo
loro di essere categoria, separata dalla società, e per quanto si rivolgano continuamente
a noi cittadini - attraverso i telegiornali, le televisioni e i mezzi di comunicazione
– in realtà c’è una scissione ed un abisso. E questo perché il modo ormai in cui vengono
scelti non è più nelle mani della cittadinanza. C’è un limite della sovranità: i politici
si scelgono da soli.
D. – E qui, prof. Baggio si apre un altro tema,
quella della legge elettorale…
R. – In cosa consiste la drammatica
pochezza di questa legge? Nel fatto che consente ai partiti stessi, e dunque ad associazioni
private a norma di Costituzione, di compilare le liste e di decidere la composizione
dell’’organo legislativo. Questa è una mostruosità dal punto di vista giuridico e
democratico.
D. – Quindi, ci sono dei nominati più che degli eletti?
R.
– Non c’è più elezione, ma si sceglie soltanto la lista. Il cuore della democrazia
è scegliere l’eletto: è sempre stato questo, sulla base dei programmi, ma anche sulla
scelta delle persone. Ora questo non sembri un accanimento contro il centro-destra,
perché la legge nella sua dimensione nazionale è una specie di fotocopia della legge
della Regione Toscana, che fu fatta dal centro-sinistra. Per questo parlo di ceto
politico. Ci sono dei problemi, degli obiettivi che i cittadini devono riuscire a
raggiungere, obiettivi di legalità e di democrazia, prima di dividersi in destra,
sinistra, centro, sopra o sotto. Ci mancano elementi fondamentali della vita democratica.
Le elezioni possono essere ora un’occasione per cercare di sperimentare nuovi modi
di scegliere le persone e di costruire i programmi. E’ necessario, però, un nuovo
protagonismo della società civile, che spezzi questa gabbia di ferro che è stata costruita
negli ultimi decenni.
D. – Prof. Baggio, leggendo i giornali di questi
giorni, a margine della mancanza di legalità, delle polemiche e del caos elettorale
che si sta concretizzando alla vigilia di queste elezioni amministrative, si nota
anche un’assenza o comunque una marginalità dei cattolici impegnati in politica…
R.
– La mancanza dei cattolici in politica significa l’incapacità di tradurre la grande
vitalità del mondo cattolico, che c’è nel sociale, a livello istituzionale. Tante
volte i cattolici entrano in politica semplicemente accettando un’offerta di ingresso.
Nelle situazioni attuali, in cui si viene scelti e non si viene eletti, questa è una
condizione di debolezza: entrare in politica così, significa entrare essendo alla
mercé di chi ti ha preso. Io, invece, qui intendo un risveglio sociale che è nella
tradizione del cattolicesimo. Quando i cattolici non potevano far politica diretta,
perché c’era il “non expedit” di Pio IX, si sono dedicati al sociale ed hanno costruito
la società. Ai tempi dell’Unità d’Italia il sociale era molto ristretto e i cattolici
hanno costruito il sociale, hanno fatto le cattedre ambulanti di agricoltura, le cooperative
e il microcredito, ancor prima di Muhammad Yunus. Hanno fatto cose che hanno dato
vita alla società. Allora credo che questo, forse, possa essere il nostro nuovo obiettivo
in quanto cattolici: ricostruire il sociale e cominciare a trasformare questa politica,
purtroppo, inutile.