Primo sciopero nazionale degli immigrati in Italia
Cosa succederebbe se i quattro milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia decidessero
di incrociare le braccia per un giorno? Parte da questa provocazione la manifestazione
non violenta di oggi, primo marzo, a cui aderiscono immigrati, seconde generazioni
e italiani per dire insieme “no” al razzismo e “sì” ad un’integrazione positiva e
rispettosa. L'iniziativa dal respiro europeo è nata in Francia e coinvolge contemporaneamente
vari Paesi tra cui Spagna e Grecia. Momento clou questo pomeriggio alle 18.30 quando
il cielo sopra le città aderenti si colorerà di giallo con il lancio di tanti palloncini
in lattice biodegradabile. Paolo Ondarza ha intervistato Stefania Ragusa,
presidente del “Movimento 1 marzo” in Italia.
R.
- L’immigrazione non è un’emergenza, non è un male ma è un fenomeno strutturale
che arricchisce la nostra società e che è un trend caratteristico del nostro futuro,
a questo punto. L’immigrazione con quel che ne deriva: dunque, una società meticcia,
una società mescolata. Se saltano i diritti degli immigrati, sono i diritti di tutti
ad essere a repentaglio.
D. – Che cosa succederebbe se i quattro milioni
e mezzo di immigrati che vivono in Italia decidessero di incrociare le braccia per
un giorno?
R. – Sarebbe la paralisi per l’Italia. In
primo luogo perché verrebbero meno tutta una serie di figure professionali importantissime
che oggi si trovano all’interno delle famiglie, che si occupano della cura delle persone,
e mi riferisco alle badanti, alle colf, alle tate. In Italia non c’è un sistema di
Stato sociale che permetta alle famiglie di essere autonome, di essere sollevate rispetto
alle tematiche della cura dei bambini, degli anziani, dei malati. Queste cose le svolgono
gli immigrati. Se gli immigrati sparissero, vorrebbe dire che centinaia di migliaia
di donne oggi non potrebbero andare a lavorare; si fermerebbero settori come l’agricoltura,
l’allevamento, i cantieri edili, molte fabbriche … sarebbe una situazione inimmaginabile!
Pensiamo ad un mercato senza immigrati: oggi nei mercati, a vendere, ci sono sostanzialmente
immigrati …
D. – Forse la parola “insieme” è quella
che sintetizza meglio la vostra iniziativa, cioè: insieme noi e loro, ma insieme l’Italia
con altri Paesi, in questo senso …
R. – Sì, assolutamente
sì. E questa cosa mi piace molto, perché questo è – secondo me – l’aspetto di novità:
siamo insieme, perché viviamo in Italia. E poi, siamo insieme perché siamo in Europa
e le politiche dell’immigrazione vanno gestite a livello europeo, non si può pensare
di farlo individualmente, ognuno nel proprio orticello. Siamo insieme perché siamo
esseri umani, siamo fratelli e questa cosa andrebbe ricordata, mille volte.
D.
– Significativo anche il giallo: il giallo come colore che accompagna questa giornata,
un colore neutrale: non appartiene ad uno schieramento politico e quindi forse vuole
abbracciare un po’ tutti …
R. – Sì: lo confermo. E’
un colore neutrale, è un colore che storicamente è stato anche spesso associato al
tema dei diritti, è un colore che è stato usato recentemente per manifestazioni antirazziste
ed è un colore che viene in genere associato al cambiamento. Quindi va bene da molti
punti di vista.
D. – Trattando, appunto, questa giornata,
che vuole essere sicuramente di sensibilizzazione ma anche di festa, occorre spendere
anche una parola su recenti fatti di sfruttamento. Anche i fatti di Rosarno hanno
portato alla luce una realtà che non si vuole vedere ma che è sotto gli occhi di tutti
…
R. – Assolutamente sì! Perché queste situazioni di
sfruttamento – ci sono Rosarno, piccole Rosarno in tutta Italia: il vero miracolo
è che finora non siano esplose! - queste situazioni devono essere combattute e vanno
combattute sul piano specifico, oltre che su quello culturale, che è quello legislativo.
Allora, è chiaro che noi non possiamo fare le leggi: le leggi le fa il Parlamento.
Però, la società civile ha la possibilità di proporle ed è quello che stiamo cercando
di fare. Noi siamo molto ottimisti, da questo punto di vista!
D.
– Senza, chiaramente, chiudere gli occhi di fronte a chi poi è presente nel Paese
e delinque: nel senso che l’importante è fare emergere chi – ed è la stragrande maggioranza
– è presente e porta tanto bene al Paese …
R. – La delinquenza,
soprattutto quando parliamo di delinquenza spicciola, di gente che ruba, di gente
che scippa la vecchietta o si abbandona a violenza, molto spesso tutte queste cose
sono espressione proprio del degrado in cui si vive. Se una persona è messa nelle
condizioni di vivere civilmente, non delinque: a nessuno piace delinquere. Tutti preferiremmo
avere una vita normale, una vita tranquilla. E allora è contrastando le condizioni
di degrado che spesso favoriscono comportamenti delinquenziali che si può fare prevenzione.