Incontro cristiano-islamico al Cairo: opporsi al fanatismo religioso a partire dalle
scuole e dai media
Riflettere sulle cause scatenanti della violenza confessionale e proporre delle soluzioni,
tenendo conto del ruolo positivo che possono giocare le religioni in questo frangente.
E’ stato questo il tema di fondo che ha animato l’ultima riunione del Comitato congiunto
per il dialogo, svoltasi al Cairo verso la fine dello scorso febbraio tra il Comitato
permanente di al Azhar per il Dialogo tra le religioni monoteistiche e il Pontificio
Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Sulla dichiarazione finale dell’incontro,
resa nota dal Comitato, il servizio di Alessandro De Carolis:
Valori
comuni da promuovere, discriminazioni religiose da estirpare in ogni settore della
convivenza umana, tensioni alimentate da fanatismi religiosi combattute con le armi
della solidarietà e del rispetto. Con un articolato documento, i membri delle delegazioni
dell’Università egiziana di al Azhar – uno dei principali centri di insegnamento dell’islam
– e del Pontificio Coniglio per il Dialogo Interreligioso, quest’ultima guidata dal
suo cardinale presidente, Jean-Louis Tauran, hanno convenuto su alcuni punti ritenuti
imprescindibili per sconfiggere ogni forma di violenza di tipo confessionale. In un
clima di “rispetto reciproco e di amicizia”, la delegazione vaticana era stata ricevuta
dall’imam di al-Azhar, il prof. Muhammad Sayyed Tantawi, nei due giorni di incontro
svoltisi tra il 23 e il 24 febbraio al Cairo. Dell’imam sono state anzitutto apprezzate
le parole di condanna per la morte dei sei cristiani e di un poliziotto musulmano
– avvenute lo scorso 7 gennaio, nella località egiziana di Naga Hamadi, durante la
notte del Natale ortodosso – e per le parole di vicinanza espresse nei riguardi delle
famiglie delle vittime. Il tragico avvenimento, citato nella
dichiarazione finale dell’incontro, ha fatto da premessa alla volontà di riaffermare
“l’uguaglianza di tutti i cittadini in materia di diritti e doveri, indipendentemente
dalla loro appartenenza religiosa”. Tra i punti ribaditi nel documento, si indica
il bisogno di “prestare maggiore attenzione al fatto che la strumentalizzazione
della religione per fini politici o di altro tipo può essere una fonte di violenza”
e che, dunque, va evitata “la discriminazione sulla base dell'identità religiosa”.
Il testo mette in risalto i valori del perdono reciproco e della riconciliazione,
come “condizioni necessarie – si legge – per una convivenza serena e feconda”, così
come definisce il riconoscimento delle somiglianze e il rispetto delle differenze
“un prerequisito per una cultura del dialogo sulla base di valori comuni”. Viceversa,
sprona a combattere “qualsiasi azione tesa a creare tensioni, divisioni e conflitti
nella società”. E’ importante, si nota ancora, che maturi una
forte opposizione alla discriminazione religiosa in tutti i campi, grazie anche a
leggi, si afferma, che “dovrebbero garantire una fondamentale uguaglianza”. E dai
valori alla loro applicazione concreta, la dichiarazione finale invita a “promuovere
una cultura del rispetto reciproco e del dialogo attraverso l'educazione a casa, a
scuola, nelle chiese e nelle moschee”, e a promuovere “uno spirito di fraternità fra
tutte le persone e le comunità”. In particolare, bisogna “assicurarsi – si chiede
- che l'insegnamento dei leader religiosi come pure i libri di testo scolastici e
di insegnamento non contengano dichiarazioni o si riferiscano a eventi storici che,
direttamente o indirettamente, possano indurre un atteggiamento violento fra i seguaci
di diverse religioni”. In modo analogo, vanno stigmatizzati gli attacchi contro le
religioni nei mezzi di comunicazione di massa, “in particolare – si precisa – sui
canali in via satellite, a causa del pericoloso effetto che tali programmi possono
avere sulla coesione sociale e la pace tra le comunità religiose”. Il prossimo incontro
del Comitato congiunto, si conclude, è in programma per il 23 e 24 febbraio 2011 a
Roma.