Convegni a Roma e Macerata sull'attualità di padre Matteo Ricci: intervista con mons.
Giuliodori
L’attualità del messaggio di Padre Matteo Ricci e la sua metodologia missionaria.
Queste le linee portanti dei due convegni internazionali, presentati oggi presso la
nostra emittente dedicati al gesuita che si fece “cinese tra i cinesi”, nel IV centenario
della morte. Il primo convegno si terrà a Roma domani, presso la Pontificia Università
Gregoriana, con il titolo “In tutto mi accomodai a loro. Padre Matteo Ricci plasmato
dai Cinesi”, mentre la seconda iniziativa avrà luogo a Macerata, dal 4 al 6 marzo,
sul tema “Scienza Ragione Fede. Il genio di padre Matteo Ricci”. Alla Conferenza Stampa
tra gli altri è intervenuto mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia,
presidente della Commissione episcopale Cei per la cultura e le comunicazioni sociali.
Massimiliano Menichetti lo ha intervistato.
R. – Padre
Matteo Ricci ha spalancato la possibilità di dialogo e di incontro tra l’Occidente
e l’Oriente: sono due convegni di alto profilo teologico e culturale proprio per l’attualità
del pensiero di Ricci che merita grande attenzione.
D.
–A chi sono rivolti?
R. – Sono rivolti a tutti coloro
che a vario titolo hanno interesse a comprendere come nella storia c’è un’opera, c’è
un disegno di Dio che passa attraverso anche figure intraprendenti e Ricci è stata
una figura straordinaria nel saper entrare dentro una cultura totalmente lontana e
diversa e quindi si è fatto in tutto e per tutto cinese per poter portare a questo
grande popolo quei valori e quella ricchezza propria e specifica del cristianesimo.
D.
- Matteo Ricci porta una testimonianza ponendosi in ascolto. Un modello quanto mai
attuale oggi?
R. – E’ attualissimo perché oggi la
globalizzazione ci mette in contatto ravvicinato tra culture e tradizioni diverse
e quindi siamo nella necessità di scegliere o la via della contrapposizione - e credo
che questa non sia la strada né evangelica né di una saggezza umana - oppure la via
della conoscenza, dell’accoglienza, del dialogo con l’altro e Matteo Ricci su questo
è stato un maestro – vorrei dire – insuperabile e insuperato perché ha saputo entrare
con un’arguzia e con una grande disponibilità d’animo nella sensibilità e nella cultura
cinese e i cinesi lo hanno amato proprio per questo perché lo hanno sentito come uno
di loro: senza in questo nascondere il significato e l’obiettivo della sua presenza
in Cina che era quello di portare il Vangelo. Lui ha annunciato Gesù Cristo facendo
capire che anche il confucianesimo in fondo è un terreno fertile proprio per incontrare
quei valori che possono condurre ad accogliere la pienezza della Rivelazione che si
è realizzata in Gesù Cristo. Credo che nel suo messaggio non c’è solo qualche cosa
che riguarda il passato ma c’è un seme fecondo per il futuro. Quindi recuperarne la
memoria e scoprirne l’attualità significa avere risorse e chances anche per il futuro
nel dialogo tra Occidente e Oriente.
D . – I convegni
presentano anche la riflessione su scienza, fede e religione…
R.
- Sì, perché soprattutto in Occidente si è creata questa dicotomia tra la fede e la
ragione e la scienza come se fossero incompatibili, inconciliabili, quasi nemiche
l’una dell’altra e invece io credo che Matteo Ricci ci testimonia - sulla scia anche
della “Fides et ratio - che non solo non c’è contrapposizione ma la fede illumina
attraverso la ragione la comprensione della realtà e la ragione trova nella fede un
compiersi anche di tutte quelle conoscenze e di quella comprensione profonda delle
meraviglie del creato, dell’astronomia, della natura, della matematica, di tutte le
scienze anche positive. Padre Matteo Ricci è testimone all’interno della cultura cinese
di questa profonda armonia tra la fede, la ragione e la scienza.