Mons. Giordano: l'Occidente impari dall'Oriente cristiano il senso di appartenenza
alla Chiesa
“Come un Paese per il fatto di essere piccolo o grande non è più o meno importante,
così una Chiesa minoritaria non è meno importante”: con queste parole il premier moldavo
Vlad Filat ha iniziato ieri il colloquio con i rappresentanti delle Conferenze Episcopali
del Sud-est Europa, che si trovano riuniti fino a domenica a Chisinau in Moldova.
Il nunzio apostolico nella Repubblica Moldova, mons. Francisco-Javier Lozano, ha portato
il saluto del Papa, assicurando la vicinanza della Chiesa cattolica al popolo moldavo
e auspicando il sostegno della Santa Sede nel cammino del Paese verso la piena integrazione
in Europa. Il vescovo di Chisinau, mons. Anton Cosa, tra ha ribadito l’impegno della
Chiesa al servizio di questa popolazione. All’incontro partecipa anche mons. Aldo
Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa.
Fausta Speranza lo ha intervistato:
R. – Queste
sono delle Chiese dove noi vediamo sono possibili dei laboratori, importanti per tutta
l’Europa. Sono dei laboratori di evangelizzazione, di vita del Vangelo, dei laboratori
dove si cerca il senso della vita, dove si cerca di offrire degli spazi di senso;
sono dei laboratori dove si vive la cattolicità con una sensibilità particolare, perché
si sente l’esigenza di essere uniti a tutto il mondo cattolico, perché qui le Chiese,
la Chiesa cattolica è in minoranza numerica. Sono dei luoghi dove bisogna essere sulla
frontiera dell’ecumenismo e quindi bisogna dare una testimonianza di comunione tra
i cristiani. E anche qui, in alcuni Paesi, la Chiesa cattolica è in minoranza rispetto
ad altre Chiese, ad altre comunità cristiane, e sono dei luoghi, dei laboratori di
dialogo interreligioso, appunto, perché c’è il confronto con l’Islam, in particolare,
e con diversi di questi Paesi. Sono anche soprattutto dei laboratori per realizzare
delle esperienze sociali di frontiera, perché ci sono dei problemi sociali molto forti,
ci sono delle forme di povertà. C’è il problema della migrazione, ci sono problemi
di corruzione, ci sono problemi di abbandono, di crisi delle famiglie, per cui la
Chiesa qui viene veramente sfidata a creare degli spazi di famiglia, a creare degli
spazi di solidarietà o spazi dove si realizza quella gratuità che è l’anima di una
società nuova, di cui ha parlato il Santo Padre nella Caritas in veritate. E’ anche
uno spazio dove si produce cultura, che deve trasformare in pensiero, trasformare
in idee, queste esperienze sociali.
D. – Mons. Giordano,
cosa c’è da imparare?
R. – C’è da imparare una fedeltà
autentica e molto concreta al Vangelo e alla Chiesa, perché essendo in minoranza è
molto più difficile vivere la realtà della Chiesa. Invece qui si vede che c’è un’autentica
fedeltà alla Chiesa, che nasce da una storia molto difficile, che nasce da una situazione
sociale difficile, nasce da una situazione di minoranza difficile, e il Vangelo invece
è più forte di tutto, cioè l’appartenenza alla Chiesa è forte. E questo può essere
un grande insegnamento verso l’Occidente europeo, dove facilmente possiamo cadere
in una dimenticanza delle nostre radici, in una dimenticanza dei grandi valori di
cui siamo eredi, e possiamo cadere maggiormente nelle tentazioni del consumismo, di
una cultura secolarizzata. Invece qui potrebbe esserci una forma anche di risposta
o di resistenza verso questa secolarizzazione.