La mafia non è solo un problema del Sud: così mons. Bregantini sull'ultimo documento
Cei
La Chiesa è giunta a pronunciare nei confronti della ‘piaga profonda’ della malavita
organizzata, parole propriamente cristiane e tipicamente evangeliche, come ‘peccato’,
‘conversione’, ‘pentimento’. Lo ricorda uno dei paragrafi del recente documento della
Conferenza episcopale italiana dal titolo ‘Per un paese solidale. Chiesa italiana
e Mezzogiorno’. Il testo ricorda il profetico appello di Giovanni Paolo II, pronunciato
ad Agrigento nel 1993, e le testimonianze di ribellione alla malavita organizzata di
don Pino Puglisi, don Giuseppe Diana e del giudice Rosario Livatino. Ma l'impegno
della comunità ecclesiale contro la mafia è inquadrato in un contesto nuovo, come
spiega – al microfono di Fabio Colagrande – l’arcivescovo di Campobasso-Bojano,
Giancarlo Bregantini:
R. – Aver
sentito, nell’analisi sapienziale che la Chiesa ha fatto in questi decenni, che la
mafia è un cancro, che va estirpato e quindi che va combattuto è già stata una cosa
molto chiara. Non c’è nessuna giustificazione né autogiustificazione. Il documento,
in questo senso, si pone in linea perfetta con tutto il cammino magisteriale di questi
vent’anni. La cosa che, forse, oggi nel documento appare è che la mafia non è più
un problema solo del Sud. E forse questa è la chiave di lettura e alla parola intitolazione
per un Paese solidale, può essere aggiunto “reciprocamente solidale”: la parola reciprocità
che appare nettissima nel capitolo terzo. In questa dimensione, quindi, anche la questione
della mafia è un problema dell’Italia. Se il mondo culturale, spirituale e politico
non coglie che la mafia è un problema di tutti e lo relega alle regioni del Sud, la
mafia sarà ancora una volta vincente, perché non è più relegata o chiusa dentro schemi
localistici. Ormai è purtroppo e tristemente globalizzata. Con tale ottica va, quindi,
letta e se l’Italia intera aiuta il Sud a vincere la mafia, la vincerà anche al Nord;
altrimenti il Nord se lo ritroverà tristemente accresciuto sotto casa. Questa è la
lettura nuova rispetto a vent’anni fa.
D. – Possiamo
dire che ci sono anche delle responsabilità da parte degli uomini di Chiesa che non
devono mettere in secondo piano questo problema?
R.
– Sì, ed ovviamente questo coscientizza tutti, tutti i vescovi e tutta la realtà.
Fondamentalmente dietro c’è che i problemi di uno, sono i problemi di tutti e quindi
la capacità di leggere globalmente i problemi in maniera lucida, chiara e profetica.
Potremmo dire che tornano bellissimi tre verbi di mons. Tonino Bello, vescovo del
Sud, ma profeta per tutti: “la Chiesa ha davanti un compito che è quello di annunciare
con chiarezza, denunciare con profezia evangelica e rinunciare con coerenza nella
vita”. Davanti alla mafia bisogna fare proprio così: annunciare con chiarezza le situazioni;
denunciare laddove c’è la situazione specifica con nomi, cognomi e fatti precisi;
e, rinunciare e quindi attuare una logica coerente ed una testimonianza vitale come
stile di vita e come Chiesa nelle nostre comunità.