Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa seconda Domenica di Quaresima la liturgia ci presenta il Vangelo della Trasfigurazione.
Gesù, salito sul monte a pregare con Pietro, Giacomo e Giovanni, cambia d'aspetto
e la sua veste diventa candida e sfolgorante. Appaiono Mosè ed Elia, che parlano della
sua dipartita, mentre Pietro dice a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo
tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Una nube li avvolge, spaventando
i discepoli. Dalla nube esce una voce:
«Questi è il Figlio mio, l'eletto;
ascoltatelo».
Su questo brano evangelico ascoltiamo il padre carmelitano
Bruno Secondin, professore di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Tutti vorremmo
fermare l’attimo fuggente, scansare il dolore, sfuggire alla morte: perché ci spaventa
una vita fallita, un futuro che ci distrugge. Nonostante lo splendore e la voce rassicurante,
anche gli apostoli hanno paura, e il sonno li opprime: è la fatica del cuore, perché
Gesù ha appena avvisato che il cammino lo porterà verso la sofferenza e conoscerà
perfino la morte. I due grandi personaggi – Mosè il legislatore ed Elia il profeta
di fuoco – sono lì per parlare proprio di questo “esodo”, non per impedirlo ma per
confermarlo. Eppure Pietro non capisce, si aggrappa a quello
splendore per evitare i fantasmi oscuri che incombono: tre tende per restare felici,
a lungo, in buona compagnia. Ma proprio quella Croce e quella morte sono la nostra
sicurezza. Nella morte del Figlio, Dio parla a noi di amore fino in fondo, ci svela
la natura di questo Figlio amato: è il Redentore solidale con la nostra fragilità
e il nostro peccato. Non le tende, ma il buio della Croce sarà risorsa di speranza
e novità.