Il dolore dei vescovi cubani per la morte del detenuto politico Zapata Tamayo
Dolore, sconcerto: con questi sentimenti i vescovi cubani hanno “appreso dalla stampa
internazionale” la notizia della morte - dopo 85 giorni di sciopero della fame - di
Orlando Zapata Tamayo, operaio 42enne, condannato a 36 anni di carcere per le sue
idee politiche. Il Comitato permanente della Conferenza dei vescovi cattolici cubani,
esprime, in una nota, il proprio cordoglio per la fine definita “tragica” di questo
“prigioniero di coscienza” che – aggiunge - “con lo sciopero della fame cercava di
far ascoltare le sue richieste” contro le dure condizioni cui era sottoposto in carcere.
Invitano, tra l’altro, a non utilizzare questo metodo di protesta perché “la vita
di una persona è sempre il bene maggiore da proteggere”. I presuli ricordano di aver
chiesto a più riprese alle autorità cubane di poter far visita a Zapata, ma questo
non è stato permesso. Lanciano quindi un nuovo appello al governo dell’Avana da cui
dipende la vita e la salute dei prigionieri affinché siano prese le misure adeguate
perché “situazioni del genere non si ripetano”. D’altra parte l’episcopato cubano
osserva che occorre urgentemente “creare adeguate condizioni di dialogo per evitare
di arrivare a situazioni così tragiche che non portano beneficio a nessuno e provocano
invece dolore a molti”. I presuli cubani esprimono le loro condoglianze alla madre
del dissidente che ha definito la morte del figlio “un omicidio premeditato”. “Chiediamo
a Dio – scrivono i vescovi - perché ci aiuti ad ascoltare la chiamata di Gesù Cristo”
che ci invita a “lavorare per il bene comune”. Chiediamo alla Madonna della “Caridad
del Cobre”, è l’ultima esortazione dei presuli, perché “con la sua presenza aiuti
tutti i cubani a sentirsi ed essere fratelli”. (A cura di Luis Badilla)