Mons. Crociata: lo sviluppo del Paese dalla crescita di una coscienza civile
Ha suscitato un vasto dibattito in Italia il documento diffuso ieri dalla Conferenza
episcopale italiana (Cei) dal titolo “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno”.
I vescovi passano in rassegna i problemi che affliggono il Sud chiedendo politiche
d’intervento attraverso un’ottica solidale. Al microfono di Luca Collodi ce
ne parla il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata:
R. – Il documento
nasce più di un anno fa dall’idea dei vescovi di tornare a riflettere sul problema
del Meridione, che purtroppo persiste e ha avuto una lunga gestazione, proprio perché
fosse il frutto di una riflessione ponderata e di un coinvolgimento da parte di tutto
l’episcopato. L’uscita del documento cade in questa contingenza e evidentemente può
dire qualcosa anche in questa contingenza, ma il suo sguardo è di lungo periodo. Non
si può limitare la sua valutazione, la sua parola, alla circostanza che ci vede poi
impegnati come cittadini, in questo momento. E’ chiaro che in questo momento diventa
anche un’occasione in più per maturare una riflessione e una risposta alle esigenze
e ai problemi che anche la tornata elettorale può porre. Ma lo sguardo va ben oltre.
Sarebbe, dunque, riduttivo leggere il documento solo in un’ottica politica, perché
lo sguardo è innanzitutto ecclesiale e di conseguenza anche sociale, e qui voglio
aggiungere, nell’orizzonte dell’insegnamento sociale della Chiesa. E’ importante,
mi sembra, da questo punto di vista, sottolineare, il richiamo che i vescovi fanno
all’esigenza di tenere presenti due principi fondamentali della Dottrina sociale della
Chiesa, peraltro ampiamente e significativamente riproposti dall’ultima Enciclica
di Benedetto XVI “Caritas in veritate”, che sono la sussidiarietà e la solidarietà.
Su questo punto, io vorrei, proprio in riferimento all’attualità, sottolineare come
la riposta ai problemi di ritardo dello sviluppo del Mezzogiorno viene veramente da
tutti. D. – Che dire a questo proposito? R.
- A proposito di sussidiarietà e solidarietà bisogna dire che c’è un impegno che deve
continuare ad esprimere lo Stato, le pubbliche istituzioni a tutti i livelli, nel
guardare a questa parte del Paese, ma c’è anche l’esigenza che il Sud tutto intero,
le popolazioni con le loro classi dirigenti, si facciano carico dell’impegno di rispondere
alla chiamata storica di questa stagione di vita del Mezzogiorno, per mettere tutto
l’impegno necessario a progredire. Si parla nel documento della necessità di un autosviluppo:
se il Sud non si fa carico di un impegno proprio, difficilmente gli aiuti, gli interventi
che verranno da altrove, riusciranno a far sì che i ritardi siano superati. C’è un
forte appello, dunque, nel documento, alle classi meridionali, alle popolazioni meridionali,
perché si facciano soggetto, protagonisti del proprio cammino, del proprio sviluppo,
del proprio superamento di tutte le difficoltà. E in questo c’è l’invito più pressante
a guardare con fiducia e con speranza, perché ci sono le condizioni, ci sono le possibilità,
ma bisogna volerle raccogliere queste possibilità, queste condizioni, per farle proprie
e andare avanti. D. – Mons. Crociata, questa vostra riflessione
sul Sud d'Italia può riguardare la democrazia dell’intero Paese? R.
– Sì, senza dubbio, anzi devo aggiungere che lo sguardo all’intero Paese è una preoccupazione
di primo piano del documento. Voglio però precisare che intendiamo democrazia in senso
lato, cioè nel senso dello sviluppo, della crescita, del cammino del Paese, non in
sensi riduttivi. A questo proposito voglio dire che non è un caso che i vescovi abbiano
voluto mettere nel titolo innanzitutto ‘Per un Paese solidale’: cioè, sono tutti i
vescovi italiani che guardano all’intero Paese e nel guardare all’intero Paese devono
rilevare - con preoccupazione - il ritardo grave, persistente di una parte del Paese.
Quindi l’attenzione dei vescovi è proprio intenzionalmente rivolta a questa visione
d’insieme, al desiderio che tutto il Paese cresca. Dunque, nemmeno sarebbe legittimo
guardare e considerare il Sud come un problema a parte, un problema da isolare, una
malattia da tagliare fuori dal circuito. D. – L’analisi che
voi fate richiama con forza anche il tema dell’educazione e della formazione della
società civile... R. – In questo abbiamo una delle attenzioni
privilegiate del documento, peraltro in sintonia con una preoccupazione e un impegno
che i vescovi stanno maturando ed esprimendo anche in riferimento agli orientamenti
pastorali già adottati come contenuto per il prossimo decennio. E un tema centrale
del documento è la dimensione educativa: cioè, la crescita, lo sviluppo, il superamento
delle difficoltà non viene soltanto dalla disponibilità di maggiori risorse, vorrei
dire anche non soltanto dall’utilizzazione effettiva - più di quanto non si sia fatto
- delle risorse economiche e strutturali disponibili, ma viene dalla crescita di una
coscienza civile e da una possibilità culturale che le nuove generazioni in particolare
devono sviluppare. Si tratta di una dura denuncia di meccanismi
malsani che hanno schiacciato il sud, spiega Andrea Olivero, presidente delle Acli.
Allo stesso tempo però, aggiunge, il documento stimola, non chiude e non si mette
in un’ottica pessimistica. Ascoltiamo Olivero intervistato da Luca Collodi