La vocazione degli Apostoli tema della quinta giornata di esercizi spirituali quaresimali
predicati al Papa e alla Curia in Vaticano
Nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo apostolico in Vaticano, Benedetto
XVI e la Curia Romani vivono oggi la quinta giornata degli esercizi spirituali della
Quaresima. Una giornata “cristologica” – secondo le meditazioni proposte dal predicatore,
don Enrico Dal Covolo – incentrate sulle storie di vocazione dei primi discepoli,
ma anche sulla figura del teologo salesiano don Giuseppe Quadrio, recentemente proclamato
Venerabile dal Papa. Sul significato della chiamata dei discepoli di Gesù, Alessandro
De Carolis ripropone alcune passaggi del magistero di Benedetto XVI sul tema:
E’ probabile
che moltissimi anche fra i non credenti conoscano, tanto sono celebri, gli elementi
scenografici con i quali i Vangeli incorniciano lo scoccare della prima scintilla
della Chiesa. Una morbida depressione collinare che arriva a lambire le acque del
Lago di Tiberiade, un gruppo di pescatori stanchi per una notte di lavoro e nervosi
perché non ha fruttato nulla, e uno sconosciuto, un nazareno, che si presenta sulla
riva e che uno dei protagonisti della scena, Andrea, presenta con entusiasmo al fratello,
Pietro, con queste parole: “Abbiamo trovato il Messia!”. E poi la pesca miracolosa
che, spiega il Papa, riempie le reti ma soprattutto il cuore di un gruppo di
prescelti che ancora non sa, afferma, che “d’ora in poi” il suo destino “sarà intimamente
legato a quello di Gesù”:
“L'avventura degli
Apostoli comincia così, come un incontro di persone che si aprono reciprocamente.
Comincia per i discepoli una conoscenza diretta del Maestro. Essi infatti non dovranno
essere annunciatori di un'idea, ma testimoni di una persona. Prima di essere mandati
ad evangelizzare, dovranno ‘stare’ con Gesù, stabilendo con lui un rapporto personale”.
(22 marzo 2006) Stare con Cristo prima ancora che annunciarlo:
un concetto sul quale il Papa insiste molto. “L'apostolo – osserva – è un inviato,
ma, prima ancora, un ‘esperto’ di Gesù”. E ciò pur con tutte le imperfezioni caratteriali,
perché la chiamata dei primi apostoli non differisce nella sostanza da quella che
Cristo rivolge ancora oggi a ogni persona: “I dodici Apostoli
non erano uomini perfetti, scelti per la loro irreprensibilità morale e religiosa.
Erano sicuramente credenti, pieni di entusiasmo e di zelo, ma segnati dai loro limiti
umani, talora anche gravi. Dunque, Gesù non li chiamò perché erano già santi, ma affinché
lo diventassero. Come noi. Come tutti i cristiani”. (15 giugno 2008) Nel
2006, parlando della vocazione degli apostoli, Benedetto XVI aveva definito “priva
di fondamento” l’interpretazione “individualistica” dell’annuncio di Cristo sostenuta
dal “grande teologo liberale”, Adolf von Harnack. Una lettura, aveva obiettato, che
vede la venuta di Cristo come un atto legato ad ogni singolo uomo che lo accoglie,
mentre la missione di Gesù, ha ribadito il Papa, ha una “finalità comunitaria”:
“La
loro missione non è tuttavia isolata, ma si colloca dentro un mistero di comunione,
che coinvolge l'intero Popolo di Dio e si realizza a tappe, dall'antica alla nuova
Alleanza (…) Pertanto, sin dal primo momento della sua attività salvifica Gesù di
Nazaret tende a radunare il Popolo di Dio.” (15 marzo 2006) I
dodici Apostoli, ha soggiunto il Pontefice in quella stessa circostanza, “sono il
segno più evidente della volontà di Gesù riguardo all’esistenza e alla missione della
sua Chiesa”. Sono, chiarisce, “la garanzia che fra Cristo e la Chiesa non c’è alcuna
contrapposizione”: “E’ pertanto del tutto inconciliabile
con l’intenzione di Cristo uno slogan di moda alcuni anni fa: Gesù sì, Chiesa no!
Questo Gesù scelto in modo individualistico è un Gesù di fantasia. Non possiamo avere
Gesù senza la realtà che ha creato e nella quale si comunica. E questa sua presenza
nella comunità nella quale Egli stesso si dà sempre a noi, è motivo della nostra gioia.
Sì, Cristo è con noi. Il Regno di Dio viene”. (15 marzo 2006) E
un apostolo dei nostri tempi è stato certamente don Giuseppe Quadrio, un salesiano
confratello del predicatore degli esercizi, don Enrico Dal Covolo, e un insigne teologo,
considerato un modello di spirito sacerdotale, al quale Benedetto XVI ha riconosciuto
due mesi fa il titolo di Venerabile. Nato nel 1920 e morto nel 1963, un mese prima
di compiere 42 anni, era entrato tredicenne tra i figli di Don Bosco. Divenne un maestro
dello spirito, capace di far prendere “fuoco” alla teologia, come recita il titolo
di un libro che parla della sua spiritualità. E come tutti i veri discepoli sanno
essere, don Giuseppe era anche un maestro di carità. Scriveva: “Finché accanto a noi
vi è chi soffre e noi non ce ne accorgiamo: noi non siamo cristiani; finché vicino
a noi c’è chi piange, e noi non ce ne curiamo: noi non siamo cristiani (…) finché
in una nazione c’è chi vive in semivuoti appartamenti ed altri in una baracca sotto
gli archi del ponte: questa nazione non ha il diritto di chiamarsi cristiana”.