India: i vescovi in Assemblea su "I giovani, speranza per il Paese e il mondo"
I giovani “sono la speranza dell’India e del mondo intero. Ma oggi, molte minacce
possono distruggerne la vitalità e la voglia di fare: ne vedo tanti che, prima di
ogni altra cosa, tengono gli occhi puntati soltanto sui beni materiali. Questo è pericoloso,
perché è sui giovani che dobbiamo riporre le nostre speranze”. È il senso del messaggio
con cui il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e vice presidente della
Conferenza episcopale indiana, ha aperto ieri i lavori dell’Assemblea plenaria dei
vescovi locali a Guwahati, nello Stato indiano dell'Assam. L’Assemblea, che si tiene
ogni due anni, si concluderà il prossimo 3 marzo. Il tema scelto per quest’anno è
“I giovani per la pace e l’armonia”. Presiede il cardinale Gracias perché il presidente
della Conferenza, il cardinale Varkey Vithayathil, è ammalato. L’arcivescovo di Mumbai,
inoltre, ha voluto sottolineare in apertura che la Chiesa indiana “si è focalizzata
su molte importanti iniziative pastorali, ma fino ad oggi ha ignorato i giovani. E
questo non può essere”. Secondo il porporato, le nuove generazioni “sono piene di
talento e generose, sono pazienti ed idealiste. Oggi che la corruzione pervade tutti
i segmenti della nostra società, dobbiamo puntare su di loro per cambiare le cose.
Ma sempre più ragazzi pensano ad ottenere successo nella carriera e nella vita: questo
è un pericolo che dobbiamo sottolineare”. Il rischio è che “si assista a una corrosione
dei valori cristiani a favore di una visione edonista della vita”. Ad AsiaNews, l’arcivescovo
di Guwahati mons. Thomas Menamparampil spiega: “In India il 47 % della popolazione
ha meno di 20 anni, e nei prossimi cinque anni il dato è destinato a salite fino al
65 %. La gioventù del nostro Paese è destinata a divenire una forza mondiale, e questo
vale a livello secolare ed ecclesiastico. L’urgenza, oggi, è quella di addestrare
e sviluppare il potenziale di questi ragazzi. Se verranno educati con buona motivazione
e buono spirito, oltre che con strumenti materiali, saranno in grado di cambiare non
soltanto l’India, ma il mondo intero”. Ma il panorama non è del tutto roseo, e mons.
Menamparampil punta il dito contro una pericolosa deviazione: “Alcuni giovani, che
hanno raggiunto la prosperità economica, sono divenuti nello stesso tempo indifferenti.
Da missionario, con il mio bagaglio di esperienza, so che i giovani rispondono in
maniera positiva alla passione e alla sincerità: ecco che la Chiesa viene chiamata
ad essere missionaria”. L’allarme del presule viene echeggiato da un giovane di Mumbai,
che ha studiato presso una scuola di gesuiti: “La Chiesa indiana inizia a soffrire
di clericalismo. Invece di riconoscere la professionalità di alcune figure laiche,
i sacerdoti si sentono come minacciati da coloro che non fanno parte dello stesso
gruppo e vogliono offrire i propri servizi ai cattolici. I laici vengono emarginati
in seconda posizione. Mentre basta l’ordinazione per diventare direttore di qualcosa”.
Un ragazzo dell’Orissa, ricorda “l’enorme debito nei confronti dei sacerdoti. Mi hanno
confortato dopo le violenze religiose che hanno distrutto lo Stato e mi hanno allontanato
da ogni distruttivo proposito di vendetta. Ho un grande debito con la Chiesa, e voglio
ripagarlo - ha detto - con qualunque cosa mi verrà chiesta”. (R.P.)