America Latina: si riaccende il dibattito sulle unioni gay e sulle adozioni
Il dibattito sul cosiddetto “matrimonio” fra omosessuali ultimamente si sta presentando,
o ri-presentando, in diversi paesi dell’America Latina. Il vescovo emerito di Chimbote,
mons. Luis Bambarén, ex presidente della Conferenza episcopale peruviana (Ceb) ed
ex presidente della Caritas Internationalis per l'America Latina, ha espresso la sua
opposizione al matrimonio tra persone dello stesso sesso: “il matrimonio è qualcosa
di sacro, queste persone possono vivere insieme, ma non possono essere sposate, questa
è la mia posizione molto chiara” ha detto il vescovo in una intervista a Radio Programas
del Perù. Mons. Bambarén ha quindi respinto la proposta lanciata dal deputato Carlos
Bruce di legittimare l'unione tra persone dello stesso sesso, richiesta da inserire
nel piano di governo chiamato “Perù Posible”. “Mi rammarico che Bruce abbia proposto
questa iniziativa che mette in pericolo i nostri giovani, che certamente sono alla
ricerca dei valori per costruire la propria vita su valori duraturi”, ha detto il
vescovo, dimostrando la sua contrarietà anche alla proposta che gli omosessuali che
vivono in coppia possano adottare dei bambini. La questione del cosiddetto “matrimonio”
fra omosessuali è significativa e importante per la società, ma per il presule richiede
ulteriori discussioni: “dobbiamo parlarne di più, valutare di più, dobbiamo essere
molto precisi in questo senso, rispettare il loro diritto, ma non possiamo spalancare
le porte in modo che altri possano portare gente alla corruzione”. In Argentina l'arcivescovo
di Buenos Aires, il cardinale Jorge Bergoglio, ha respinto la decisione dell'organismo
di Giustizia di autorizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso come “contrario”
alla legge del Paese. Rilevando che “dai tempi degli antichi il matrimonio è inteso
come l'unione tra un uomo e una donna”, il cardinale avverte che “la sua affermazione
non implica alcuna discriminazione”. Ha inoltre ricordato che il governo della città
di Buenos Aires “ha l'obbligo di ricorrere in appello”. Lo scorso novembre, contro
una sentenza analoga, l'arcivescovo aveva criticato il sindaco di Buenos Aires, Mauricio
Macri, considerando che non ricorrendo in appello, egli aveva "gravemente mancato"
ai suoi doveri di pubblico ufficiale. In Messico il problema si presenta in forma
complessa, perché in qualche Stato all’interno del Paese, la legge è già stata accettata,
mentre in altri Stati questa legge non è valida. Non è solo la Chiesa a difendere
i diritti dei bambini, ma anche altre istituzioni criticano il caos che può scaturire
da una degenerazione della norma all’interno dello stesso Paese. In un comunicato
dell’arcidiocesi di Mexico del 31 gennaio scorso si legge: “Non si tratta di argomenti
religiosi, ma del diritto; non si tratta di accordi con la Chiesa cattolica, ma con
la legalità; non è l'imposizione di un'ideologia, ma di un ragionamento di buon senso
e nell'ordine dei principi etici e naturali dell'umanità e della vita sociale.” (R.P.)