Omelia del cardinale Bagnasco nel quinto anniversario della morte di don Giussani
L’uomo di oggi ha bisogno di luce perché il nostro tempo vorrebbe confinare Cristo
ai bordi della vita e della società. “La nostra è un’ora irta di sfide e di opportunità,
una sfida che provoca la fede ad essere più coerente e coraggiosa e anche più pensata”.
E’ quanto ha detto ieri il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente
della Conferenza episcopale italiana, in occasione della celebrazione per il quinto
anniversario della morte di don Luigi Giussani. “Ciò che ha affascinato don Giussani
– ha affermato il porporato – è l’enigma dell’uomo”, ossia giudicare “se la vita valga
la pena di essere vissuta”. “Questa domanda ieri come oggi – ha proseguito il cardinale
Angelo Bagnasco – resta ineludibile perché inscritta nelle fibre stesse dell’uomo”.
Nella sua vita “l’uomo deve trovare una risposta plausibile”. La cultura negativa
nella quale siamo immersi – ha detto il porporato le cui parole sono state riprese
dal Sir – enfatizza “i predicatori del disincanto che appiattisce sull’immediato”.
Ma l’uomo, prima o poi, reagisce e “si fa mendicante di infinito e di assoluto”. Don
Giussani – ha concluso l’arcivescovo di Genova – sapeva che “il cristianesimo può
essere messo in crisi, sotto accusa”. Non può soccombere perché “il cristianesimo
è Cristo”, non un sistema di idee ma “il Vivente e la Chiesa”. (A.L.)