Nuove violenze anticristiane in Iraq: uccisi un padre e due figli. Tensioni anche
in India
Drammatiche violenze contro la comunità cristiana in Iraq. Ieri tre membri di una
famiglia, padre e due figli, sono stati assassinati a Mossul, portando a otto il numero
dei cristiani uccisi negli ultimi dieci giorni nella città a nord di Baghdad. Agli
omicidi si aggiunge il clima di paura che minaccia anche la speranza nel futuro. I
vescovi iracheni chiedono maggiore protezione e un immediato intervento da parte della
comunità internazionale, come sottolinea mons. Shlemon Warduni, vicario patriarcale
caldeo di Baghdad, intervistato da Amedeo Lomonaco:
R. – Noi
chiediamo a tutti quanti, ai Paesi stranieri, al governo centrale e al governo della
regione di Mossul di guardare veramente ai cristiani, come a dei buoni cittadini.
Noi facciamo del nostro meglio per difendere l’Iraq. Siamo pronti a compiere i nostri
doveri e per questo chiediamo i nostri diritti. Chiediamo di essere protetti, nient’altro.
D.
– Queste violenze contro i cristiani avvengono a due settimane dalle elezioni generali.
Quali parole, quali azioni bisogna contrapporre a chi vuole un Iraq diviso, un Paese
privo di una minoranza vitale come quella cristiana?
R. – Noi vogliamo che
tutti partecipino alle elezioni, perché questo è un diritto ed è un dovere per tutti
noi se vogliamo veramente costruire il nostro Paese. Poi si devono eleggere le persone
adatte: non si deve badare alla religione, ai partiti o alle etnie ma si deve anteporre
il bene dell’Iraq. Perciò, chiediamo di non politicizzare la questione dei cristiani,
perché noi siamo con tutti quelli che vogliono il bene dell’Iraq, che vogliono costruire
l’Iraq. Siamo pronti a fare tutto per questo, anche a chiedere a tutti quelli che
lanciano questi attacchi di guardare al cielo, di aver timore di Dio, perché il Signore
non vuole che nessuno uccida l’altro. La vita viene da Dio e torna a Lui, quindi noi
siamo per un Paese che viva in pace e in sicurezza.
D. – E in questo Paese
i cristiani hanno partecipato anche all’edificazione, alla costruzione della cultura
irachena. Cosa sarebbe l’Iraq senza cristiani?
R. – Certamente, mancherebbe
una parte molto consistente e buona sia per la cultura sia per la civilizzazione e
sia per il bene comune, perché amare gli altri non è tanto facile. Promuovere l’unità
con tutti non è facile. Noi seminiamo proprio questo spirito di amore e di unità.
Un’esortazione
alla pace in India e la richiesta al Ministero dell’istruzione di vigilare sulle case
editrici e sui materiali didattici che vengono messi in circolazione nelle scuole.
Questo l’appello dei vescovi indiani, ripreso dall’agenzia Fides, dopo la pubblicazione
di un’immagine blasfema di Cristo su un libro scolastico, a seguito della quale nel
distretto di Batala (Punjab) sono scoppiati scontri tra fondamentalisti indù e cristiani.
Come riporta l’agenzia Asianews, nel testo Gesù è stato ritratto mentre beve birra,
fuma sigarette e viene definito “idolo”. Nelle violenze, sono state incendiate due
chiese, per le quali l’amministrazione locale ha già programmato lavori di riparazione.
Delle tensioni, si parlerà da domani anche all’Assemblea della Conferenza episcopale
indiana a Guwahati. Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente in India padre
Joseph Babu, portavoce dei vescovi indiani:
R. – Lately I was talking to… Ho
parlato nelle ultime ore con alcuni cristiani in Punjab, che mi hanno informato della
situazione tornata alla normalità. La polizia ha rilasciato tutti quelli che erano
stati arrestati e il governo del Punjab ha dichiarato che alle chiese distrutte saranno
date sovvenzioni e che le due persone che sono dietro all’incidente saranno messe
sotto processo e rischiano una condanna ad almeno cinque anni. Quindi, si è ristabilita
una normalità in Punjab. Comunque, bisogna sapere che il Punjab è una zona sensibile:
ci sono state azioni di violenza basate su motivazioni religiose e questa è stata
l’ultima. La Chiesa cattolica ha lanciato un appello per la pace, ha chiesto alla
gente di incontrarsi e di affrontare il problema, piuttosto che andare per strada.
E comunque, ci sono anche altre denominazioni che sono scese per strada contro la
denigrazione subita dalla persona di Cristo. Questa è la situazione attuale, che comunque
ora è più calma. Allo stesso tempo, vogliamo che il governo agisca seriamente contro
quelle persone che stanno cercando di distruggere la pace e l’armonia nello Stato.
D.
– In particolare, qual è l’appello dei vescovi indiani che stanno per cominciare l’Assemblea
della Conferenza episcopale?
R. – We have been thinking… Noi abbiamo pensato
al problema. L’Assemblea si tiene a Guwahati, dove si recherà la maggior parte dei
vescovi del Punjab e questo incidente sarà tema di discussione. Quello che è accaduto
in Punjab è un atto dannoso, deliberato, da parte di alcune persone del luogo, per
provocare la comunità cristiana e creare disordine.
D. – Affinché queste violenze
in India - che ci sono già state in passato - non si ripetano più, cosa serve?
R.
– We are quite strong in Punjab… Siamo molto forti in Punjab: ci sono diverse scuole,
lavoriamo nell’ambito della formazione, nell’ambito del servizio sanitario e quindi
godiamo ancora di una buona reputazione nello Stato del Punjab. Ultimamente è stata
un’area pacifica e stiamo facendo di tutto come Chiesa cattolica, assieme ad altre
Chiese, per mantenere la pace, la calma: non crediamo nella violenza e non incoraggiamo
la nostra gente ad agire violentemente. Ciò distrugge solamente la nostra comunità.
Quindi, cerchiamo di seguire un cammino legale e pacifico per trovare una soluzione
a questo tipo di problemi.