Giornata della penitenza agli esercizi spirituali della Quaresima in Vaticano: la
lotta della preghiera per vincere i dubbi della fede
Agli esercizi spirituali della Quaresima, che il Papa e la Curia Romana stanno vivendo
in questa settimana in Vaticano, oggi è la giornata penitenziale. Il teologo salesiano,
don Enrico Dal Covolo, affronta nella doppia meditazione il tema del dubbio e della
tentazione e propone, simbolicamente, la figura del curato di campagna protagonista
del celebre romanzo di George Bernanos. Alla lotta contro la tentazione e alle risposte
che a essa sa opporre la fede, Benedetto XVI ha dedicato ampie pagine del suo Magistero.
Alessandro De Carolis ne ricorda alcune in questo servizio:00:04:09:98
“Non
fosse per la vigilante pietà di Dio, mi sembra che al primo prender coscienza di se
stesso l'uomo ricadrebbe in polvere”. E’ il 1936 quando il mondo conosce i tormenti
interiori del parroco d’Ambricourt, il curato di campagna partorito dalla profonda
sensibilità di Bernanos. Nelle parole di questo personaggio di fiction – oggi proposto
all’attenzione del Papa e dei suoi collaboratori – si percepisce l’eco della lotta
interiore, del senso del limite, del bisogno di una forza più “forte” che ogni cristiano,
specie se consacrato, avverte davanti alle prove che costellano l’esistenza. Sentimenti,
questi, in piena sintonia col tempo della Quaresima, descritto da Benedetto XVI, all’ultimo
Angelus, esattamente come un tempo di ‘agonismo’ spirituale”, da vivere imitando lo
stile di Gesù nel deserto:
“Cristo è venuto nel
mondo per liberarci dal peccato e dal fascino ambiguo di progettare la nostra vita
a prescindere da Dio. Egli l’ha fatto non con proclami altisonanti, ma lottando in
prima persona contro il Tentatore, fino alla Croce. Questo esempio vale per tutti:
il mondo si migliora incominciando da se stessi, cambiando, con la grazia di Dio,
ciò che non va nella propria vita”. (21 febbraio 2010)
E’
soprattutto in Quaresima, dunque, che la fibra cristiana comprende in che modo ritemprarsi.
Le armi da impugnare, ha insistito ogni volta il Papa, sono quelle della fede: preghiera,
penitenza, ascolto della Parola che salva. Sapendo, direbbe il curato di Bernanos,
che anche solo “il desiderio della preghiera è già una preghiera":
“La
Quaresima sia, inoltre, un tempo di digiuno, di penitenza e di vigilanza su noi stessi,
persuasi che la lotta al peccato non termina mai, poiché la tentazione è realtà d’ogni
giorno e la fragilità e l’illusione sono esperienze di tutti. La Quaresima sia, infine,
attraverso l’elemosina, occasione di sincera condivisione dei doni ricevuti con i
fratelli e di attenzione ai bisogni dei più poveri e abbandonati”. (1 marzo 2006) In
questa lotta quotidiana contro la fragilità, nell’aprire il cuore a chi soffre chiudendolo
così agli egoismi, l’uomo intravede la strada per la redenzione alla stregua di Cristo
che – spiega Benedetto XVI – passa dalle tentazioni del deserto di Giuda alla trasfigurazione
del monte Tabor, come racconterà il Vangelo di domenica prossima:
“La
lotta di Gesù col tentatore prelude al grande duello finale della Passione, mentre
la luce del suo Corpo trasfigurato anticipa la gloria della Risurrezione. Da una parte
vediamo Gesù pienamente uomo, che condivide con noi persino la tentazione; dall’altra
lo contempliamo Figlio di Dio, che divinizza la nostra umanità. In tal modo, potremmo
dire che queste due domeniche fungono da pilastri su cui poggia tutto l’edificio della
Quaresima fino alla Pasqua, ed anzi l’intera struttura della vita cristiana, che consiste
essenzialmente nel dinamismo pasquale: dalla morte alla vita”. (17 febbraio 2008)
E
nell’orizzonte della lotta contro tutto ciò che allontana da Dio va inserita la consapevolezza
del perdono. Giuda Iscariota, osservò il Papa in un’udienza generale del 2006, si
autodistrusse perché disperò non credendo alla possibilità della misericordia. Scrive
nel suo diario il curato di campagna: “Il peccato contro la speranza: il più mortale
di tutti, e forse quello accolto meglio, il più carezzato”. Invece, afferma il Pontefice,
non può sussistere dubbio sull’amore infinito di Dio per ogni persona: “E’
per noi un invito a tener sempre presente quanto dice San Benedetto: ‘Non disperare
mai della misericordia divina’. (…) Gesù rispetta la nostra libertà; Gesù aspetta
la nostra disponibilità al pentimento e alla conversione: è ricco di misericordia
e di perdono”. (18 ottobre 2006) Una
coscienza che si farà strada anche nel cuore provato del parroco di Bernanos. Accade
alla fine del romanzo, quando il curato di campagna ormai morente chiede l’assoluzione
all'amico sacerdote che ha perso la fede e al turbamento di questi gli replica con
le parole di Santa Teresina: “Che cosa importa? Tutto è grazia".