Documento Cei per un Paese solidale: spezzare il legame tra mafia e politica che paralizza
il Sud
“Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno” è il documento diffuso ieri
dalla Conferenza Episcopale Italiana. I vescovi passano in rassegna i problemi che
affliggono il Sud a partire dalla mafia, la povertà e l’immigrazione. L’appello della
Cei è di rilanciare politiche di intervento soprattutto per il Mezzogiorno attraverso
un’ottica solidale, spezzando il legame tra mafia e politica. Ce ne parla Benedetta
Capelli:
“Il bene
comune è molto più della somma del bene delle singole parti” è da questa affermazione
che i vescovi italiani rilanciano la questione meridionale che continua a perdurare
nonostante siano passati 20 anni dal documento “Sviluppo nella solidarietà. Chiesa
italiana e Mezzogiorno”. “La questione in sé è in realtà un modo – evidenzia il documento
della Cei - per dire una parola incisiva sull’Italia di oggi” attraversata da una
crisi economica che i vescovi definiscono “travagliata”. Tutti “fattori”, questi,
che per la Cei “si coniugano con una trasformazione politico-istituzionale, che ha
nel federalismo un punto nevralgico”. Ma attenzione, il federalismo – se non è solidale,
realistico e unitario - potrebbe costituire una sconfitta per tutti perché accentuerebbe
le distanze tra le diverse parti d'Italia. Urgente è l’invito a “superare le inadeguatezze
presenti nelle classi dirigenti” e rilanciare “la sempre valida visione regionalistica
di don Luigi Sturzo e di Aldo Moro”. Critiche arrivano dai presuli verso ogni riduzione
economicistica specie se intesa unicamente come “politica delle opere pubbliche”.
Di qui la necessità di “ripensare e rilanciare le politiche di intervento” a favore
del Sud, per generare “iniziative di sviluppo”.
Il
fenomeno delle “ecomafie” e la “questione ecologica”, la “fragilità del territorio”
e la “massiccia immigrazione” che ne ha fatto il “primo approdo della speranza per
migliaia di immigrati”: queste le “vecchie e nuove emergenze” del Mezzogiorno, che
per i vescovi può diventare un “laboratorio ecclesiale” in materia di “accoglienza,
soccorso e ospitalità”, ma anche di dialogo interreligioso con immigrati e profughi.
La mafia è un punto nodale di questo documento, viene definita una delle “piaghe più
profonde e durature” del Sud. Un vero e proprio “cancro” che ha ramificazioni in tutto
il Paese. Veleno per la vita sociale, la mente e il cuore dei giovani, “struttura
di peccato”. “La criminalità organizzata – il monito dei vescovi – non può e non
deve dettare i tempi e i ritmi dell’economia e della politica meridionali”. "Non è
possibile – aggiungono - mobilitare il Sud senza che esso si liberi da quelle catene
che non gli permettono di sprigionare le proprie energie". Si denuncia così anche
l’esclusione dell’autorità dello Stato e degli enti pubblici, che favoriscono l'incremento
della corruzione, della collusione e della concussione e il condizionamento del mercato
del lavoro. Don Pino Puglisi, don Giuseppe Diana e il giudice Rosario Livatino sono
gli esempi citati dai vescovi – “luminose testimonianze” per dimostrare che una strada
nuova è possibile. “Bisogna osare il coraggio della speranza!” è l’invito finale del
documento, caratterizzato “nonostante tutto” da “uno sguardo fiducioso”, che sappia
“ricercare il bene comune senza cedere a paure ed egoismi”.