2010-02-23 15:10:08

Intervista a padre Michael Sinnot, che torna missionario nelle Filippine dopo l'esperienza del sequestro: è questo il lavoro della mia vita


Padre Michael Sinnott, il religioso irlandese della Congregazione di San Colombano, per 32 giorni nelle mani dei rapitori nelle Filippine, è ritornato a Pagadian, nell’isola di Mindanao, per continuare il suo lavoro di missionario. Ad accoglierlo, i volontari della Fondazione Hangop Kabataan, opera di sostegno per i bambini disabili istituita e diretta dallo stesso padre Sinnott. Il missionario di San Colombano, 79.enne e malato di cuore, era stato rapito l’11 ottobre scorso da un commando di sei uomini e rilasciato il 12 novembre. Negli ultimi annim, 13 missionari stranieri sono stati rapiti o uccisi nel Paese. Al microfono di Emer McCarthy, padre Sinnott ha parlato della sua decisione di ritornare nelle Filippine:RealAudioMP3

R. – Well, this has been my work all my life …
Questo è stato il lavoro della mia vita e vorrei continuarlo ancora per quei pochi anni che mi saranno dati, facendo quel poco che posso faNon credo che ci sia pericolo, onon credo che possa succedere una seconda volta. Ma tutto è nelle mani di Dio e noi siamo suoi strumenti per portare la grazia di Dio alla gente. Sì, come ogni prete penso di dover riconoscere che Dio mi ha usato per toccare la vita di molte persone. A volte, il Signore cerca gli strumenti più strani per raggiungere i .oi obiettivi …
 
D. - Cosa ricorda di quella esperienza?
 
R. – I was amazed when I came out to hear that a nuber of people …
Sono rimasto sbalordito quando ho saputo che tanta gente ha pregato per me. E penso proprio che queste preghiere siano tate efficaci perché - nonostante la mia salute malferma - non ho avuto alcuna conseguenza per quello che ho passato durante i 32 giorni del rapimento. I primi dieci giorni li abbiamo trascorsi nelle paludi, ed è stato un periodo molto difficile. Sono stato sempre all’aperto, avevo soltanto un telo che mi proteggeva dalla pioggia. Le condizioni di vita erano veramente molto dure, ma è vero che ci si abitua a tutto e dopo un po’ mi sono abituato anch’io. All’inizio mi era difficile pregare, anche se avevo tutto il giorno a disposizione; ci provavo, in me c’era un profondo fervore, sentivo che il Signore mi era vicino. Dopo un giorno o due, è subentrata la serena consapevolezza che potevo tranquillamente abbandonare tutto nelle sue mani, perché ero certo che Dio si occupava di me, qualsiasi cosa potesse accadere. Posso dire che Dio è stato sempre al mio fianco, per tutto il tempo, anche se non sempre me ne rendevo conto …







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