Intervista a padre Michael Sinnot, che torna missionario nelle Filippine dopo l'esperienza
del sequestro: è questo il lavoro della mia vita
Padre Michael Sinnott, il religioso irlandese della Congregazione di San Colombano,
per 32 giorni nelle mani dei rapitori nelle Filippine, è ritornato a Pagadian, nell’isola
di Mindanao, per continuare il suo lavoro di missionario. Ad accoglierlo, i volontari
della Fondazione Hangop Kabataan, opera di sostegno per i bambini disabili istituita
e diretta dallo stesso padre Sinnott. Il missionario di San Colombano, 79.enne e malato
di cuore, era stato rapito l’11 ottobre scorso da un commando di sei uomini e rilasciato
il 12 novembre. Negli ultimi annim, 13 missionari stranieri sono stati rapiti o uccisi
nel Paese. Al microfono di Emer McCarthy, padre Sinnott ha parlato
della sua decisione di ritornare nelle Filippine:
R. – Well,
this has been my work all my life … Questo è stato il lavoro della mia vita
e vorrei continuarlo ancora per quei pochi anni che mi saranno dati, facendo quel
poco che posso faNon credo che ci sia pericolo, onon credo che possa succedere una
seconda volta. Ma tutto è nelle mani di Dio e noi siamo suoi strumenti per portare
la grazia di Dio alla gente. Sì, come ogni prete penso di dover riconoscere che Dio
mi ha usato per toccare la vita di molte persone. A volte, il Signore cerca gli strumenti
più strani per raggiungere i .oi obiettivi … D. - Cosa ricorda
di quella esperienza? R. – I was amazed when I came out to hear
that a nuber of people … Sono rimasto sbalordito quando ho saputo che tanta
gente ha pregato per me. E penso proprio che queste preghiere siano tate efficaci
perché - nonostante la mia salute malferma - non ho avuto alcuna conseguenza per quello
che ho passato durante i 32 giorni del rapimento. I primi dieci giorni li abbiamo
trascorsi nelle paludi, ed è stato un periodo molto difficile. Sono stato sempre all’aperto,
avevo soltanto un telo che mi proteggeva dalla pioggia. Le condizioni di vita erano
veramente molto dure, ma è vero che ci si abitua a tutto e dopo un po’ mi sono abituato
anch’io. All’inizio mi era difficile pregare, anche se avevo tutto il giorno a disposizione;
ci provavo, in me c’era un profondo fervore, sentivo che il Signore mi era vicino.
Dopo un giorno o due, è subentrata la serena consapevolezza che potevo tranquillamente
abbandonare tutto nelle sue mani, perché ero certo che Dio si occupava di me, qualsiasi
cosa potesse accadere. Posso dire che Dio è stato sempre al mio fianco, per tutto
il tempo, anche se non sempre me ne rendevo conto …